di Marianna Mandato – Mi hai detto la verità? Dimmi la verità, per favore, voglio solo la verità. Io, a mio figlio insegno a dire la verità.
Già, la verità.
Ascolta “Il significato della parola verità” su Spreaker.
Il divoratore di serie americane lo sa bene che in qualsiasi processo che si rispetti, ogni testimone giura di dire la verità, niente altro che la verità. Ma che cos’è quel “niente altro” che deve restare fuori da questa parola? Che cosa comunica la parola verità nella realtà quotidiana? E cosa chiediamo quando preghiamo qualcuno di dirci solo la verità?
Come sempre, pare ovvio quello che stiamo chiedendo. Ma siamo proprio sicuri di sapere il perché? Siamo proprio sicuri di poter spiegare senza sbirciare nelle solite fonti on line che cosa c’è dentro la parola verità?

Cerchiamo di fare il punto e capirne un pochino di più.
Intanto, che parenti ha la parola verità, quali sono i suoi progenitori?
Il suo albero genealogico nasce un migliaio di anni fa, quando nell’antica lingua indoeuropea compare per la prima volta la parola sanscrita vrtta, che, reggiamoci forte, significa “fatto”, indica un qualcosa di accaduto, successo realmente.
Ma c’è anche la radice di una lingua antichissima dell’Iran di tanto, tanto tempo fa, va, che nei testi zoroastriani stava a significare “credere”. La verità, in questo caso, sarebbe un qualcosa cui si crede, si può o si deve credere.
I latini, più vicini a noi, dicevano veritas, che vuole dire “che aderisce al vero”. Intendendo per “vero”, ciò che è esatto, che non può essere diverso da com’è. Una specie di fatto monolitico indubitabile.
Chi dice la verità sa che comunica qualcosa che è un fatto. Ma un fatto deve essere condivisibile e visibile in quanto tale da tutti nello stesso modo. Un fatto per essere vero non può essere opinabile. La verità, per noi, non è opinabile. Un po’ come la scienza. Dire “quel che dici è la tua verità”, non ha senso rispetto alla parola verità. La verità deve essere uguale per tutti. Deve valere per tutti. In caso contrario, andranno usate altre parole.
Qualcuno potrebbe obiettare che a volte due o più persone, pur dicendo la verità, sono in chiaro contrasto fra loro. E la verità non appare unica ma molteplice. In questo caso, non è la parola verità o quel che comunica che si contraddice. La verità è unica, semmai è invece possibile che siano quelle persone a guardare lo stesso fatto da punti diversi.

Al monolite, per intenderci, si può girare attorno e coglierne aspetti differenti.
Insomma, se qualcuno afferma “io la vedo così e dico la verità” e qualcun altro ribatte “no, non è come dici tu, la verità è un’altra”, stanno soltanto disquisendo sulle loro interpretazioni dello stesso fatto. In pratica, le prospettive possono cambiare e creare opinioni diverse su quello stesso fatto, mentre la verità resta unica.
La nostra parola verità indica un fatto. Le differenze non dipendono da lei.
A conferma di quanto detto, facciamo il solito giochino. Chiediamoci: può dalla parola verità derivare un verbo?
No. Veritare non esiste. Quel monolitico fatto che comunichiamo, prescinde da noi e dalla nostra trasformazione. Lo constatiamo. E se diciamo la verità stiamo solo comunicando qualcosa che sta in un certo modo. Non abbiamo dovuto muoverci o darci da fare per dar vita alla verità. Non dipende da noi la sua realizzazione. La verità prescinde dalla nostra azione. È parte di una realtà che non ha bisogno dal nostro intervento per essere com’è.
E se ancora oggi più o meno tutti sanno il significato della frase latina “in vino veritas”, è proprio perché basterebbe bere un po’ di vino in più, per far emergere la verità scarna da ogni interpretazione, priva del nostro intervento volontario e cosciente nel girarle attorno per mistificarla o aggiustarla come più ci aggrada o riteniamo preferibile.

Per tornare alla domanda iniziale, quel “niente altro” che deve restare fuori quando si giura di dire la verità, è tutto ciò di cui noi vestiamo la nuda verità, indicata dalla parola che la veicola.
Detto questo, di cosa riempiremmo il “palloncino verità”, per capire il suo comportamento nella nostra realtà quotidiana? Quali altre parole concorrono a dare consistenza alla sua sostanza?
Sicuramente vero, reale, legittimo, fedele, esatto, ragionevole, positivo, affermativo, indubitabile.
La verità ci è amica. Produce effetti sul nostro corpo e sul nostro stato psichico.
La parola verità è corporea, fisica come le altre. La verità ci rilassa, ci fa sentire al sicuro dall’errore. Pare che aiuti a ridurre la tensione e addirittura il mal di testa. Se sappiamo che una verità c’è, allora possiamo evitare l’errore, il falso, le bugie e pilotare il nostro comportamento.
Genera consapevolezza.
Se la verità è molteplice o mutevole, la sua stessa sostanza crolla. E dunque il suo significato. Ma sappiamo bene che un palloncino non può contenere aria ed elio contemporaneamente. Non può volare e intanto rimanere a terra. Sarebbe come dichiarare un imputato colpevole e innocente allo stesso tempo.
E, diciamoci la verità, la verità ci aiuta ad essere più reali. Le non verità alimentano l’immaginazione, i mondi virtuali e i cosiddetti “filmini mentali”.
Buona verità a tutti.

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