di Marianna Mandato – Bisogna mantenere la calma, sì, ci vuole calma e sangue freddo. Tanto più che pare che la calma sia la virtù dei forti.
Ecco, la calma. Che cosa ci comunica questa parola?
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Siamo pronti a scommettere che ciascuno di noi sia perfettamente in grado di riconoscere una persona o una situazione calma. Ma quanti di noi sanno veramente cosa si cela dietro la parola “calma”?

Senza andare subito a sbirciare il suo significato on line, proviamo a riempire questo palloncino “calma” dei contenuti che ci verrebbero in mente per gonfiarlo nel modo giusto. Cerchiamo ciò che restituisce sostanza a questa parola nell’uso che ne facciamo tutti i giorni.
Sicuramente, stabilità, assenza di turbamento, lentezza, controllo, armonia, comodità, pace, quiete, serenità, equilibrio, obiettività, tranquillità, respiro regolare, placido, pacato, dolce.
Tutte parole molto interessanti e certamente positive. Le persone o le situazioni calme in genere ci piacciono. Ci mettono a nostro agio.
Ma, in verità, ancora non si capisce granché rispetto alla parola. Sappiamo come la usiamo e perché ma ancora non sappiamo com’è nata la parola calma. È necessario dunque approfondire un pochino.
Da dove viene la parola calma? Quali parole le hanno dato i natali? Quanto è antica questa parola?
Ci verrebbe da dire “per favore mantenete la calma” perché anche stavolta occorre tornare ai greci e ai latini. Ci sono due versioni e due famiglie cui far risalire l’origine della parola.
Nel primo caso, i genitori sarebbero la parola greca malakòs che voleva dire dolce, placido, molle, da cui il latino malacìa, ossia bonaccia, calma piatta.
Nel secondo caso, quello ormai comunemente accettato, le parole d’origine sarebbero tutt’altre. E reggetevi forte, niente meno che il greco kàuma o kàluma, che vuol dire ardore, calura, da cui la corrispondente parola latina càluma, dal verbo càleo che vuol dire ardere.
Ardore e calma? Ma come possiamo associare il calore estremo, l’ardore, l’arsura e in modo figurato l’estrema passione, perché no, con quello che sembrerebbe il suo esatto opposto, cioè la calma?
Per capire, occorre porre mente alle torride giornate d’estate del passato, a quando la parola prende vita.
Tutto si faceva silenzio. Non si sentivano più le voci e gli strumenti dei contadini. Magari solo qualche ronzio di insetti audaci e resistenti. Non c’erano movimenti. Solo silenzio. Calma, appunto.
E così la càuma era sinonimo di quel momento ardente in cui tutto diventava fermo. Placido. Tranquillo. Si diceva “calmo” per riferirsi ai momenti bollenti e fermi.

Stessa cosa accadeva per far riferimento alle barche in mezzo al mare in certe situazioni. Normalmente, ancora oggi, l’assenza dei venti, è associata al caldo estremo. Torrido. La famosa bonaccia è quella che chiameremmo calma piatta.
Insomma, al calore e all’ardore estremo corrisponde calma estrema. E i meteorologi lo sanno bene, visto che associano la calma ad una pressione atmosferica molto, molto alta. Alla calura massima, massima calma. Senza un fiato di vento.
Detto questo, ci facciamo la solita domanda. Dalla parola calma, può derivare un verbo?
Certamente. Anzi, le forme verbali sono addirittura tre: calmare, calmarsi, essere calmi. Insomma, non solo il verbo ci indica che dobbiamo agire per esprimere la parola calma, o affinché la parola calma acquisisca senso nella realtà, ma che dobbiamo e possiamo agire in tre differenti modi.
Calmare indica che stiamo facendo un qualcosa che riesca ad acquietare una situazione o uno stato. Se l’azione è rivolta verso noi stessi, allora diventa calmarsi. In caso contrario, stiamo agendo su qualcosa di esterno a noi, che da agitato possa o debba diventare calmo.
L’ausiliare essere invece – che come dice la parola stessa dà un ausilio, un aiuto al verbo calmare – indica il nostro esistere come persone calme, o evidenzia come una situazione in generale sia calma, cioè priva di turbamento. Anche quella situazione “ha agito” per non essere agitata.
Tirando le somme, possiamo tranquillamente affermare che
una persona calma non è una persona immobile, priva di passioni e pertanto impassibile, ma esattamente il contrario: è quella persona che riesce a controllare il suo forte ardore o passione all’interno di sé agendo anche all’esterno di sé in modo tale da mantenersi stabile, tranquilla, placida.
E se la calma è la virtù dei forti, dunque si innalza addirittura al ruolo di virtù, è proprio perché essere forti è sinonimo della capacità di saper gestire in modo corretto pulsioni e passioni anche estreme. Quelle che brucerebbero male in noi se non adeguatamente comprese e pilotate.
Espressioni come “mantenere la calma” oppure “stai calma”, “calma e sangue freddo”, indicano proprio questo. Calmo è chi, come una piccola fiamma, brucia lentamente senza divampare in incendio catastrofico.

Calma è la condizione del mare che non si agita quando il caldo intorno è feroce. Calmo si mantiene colui che sa smorzare l’ardore del sangue. Sa raffreddarlo per mantenere uno stato di controllo.
Per concludere, anche la parola calma è fisica. Già. Come più volte abbiamo detto, le parole indicano altresì uno stato corporeo che si sente, che avvertiamo coi sensi. Una persona calma respira lentamente, regolarmente, i suoi movimenti sono precisi e sicuri, i muscoli non sono tesi e a livello mentale mantiene obiettività.
Insomma, nell’infuocare convulso degli eventi esterni a noi, non resta che augurare a tutti calma e sangue freddo.

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