di Agnese Malatesta – “Noi donne iraniane abbiamo imparato a capire quanto sia determinante il ruolo della cultura, il dono dell’istruzione, soprattutto quella universitaria”. L’istruzione come un dono da non disperdere, la cultura come un investimento ed humus per l’emancipazione. A parlare è una donna iraniana che vive da diversi anni in Italia dove lavora come interprete e mediatrice culturale. Si chiama Parisa Nazari, è un’attivista dei diritti umani, dell’associazione culturale Aps. Donne di carta.
Alla Casa Internazionale delle donne di Roma, che dal 3 marzo ha ospitato, fino ad oggi 6 marzo, “Feminism 6”, la Fiera dell’editoria delle donne – madrine dell’edizione 2023 le donne iraniane – Parisa Nazari parla della determinazione con cui, da anni, le sue connazionali lottano pacificamente per ricercare la libertà.
Una ricerca che si paga anche con la vita ma che, per la prima volta, può contare sulla vicinanza degli uomini.

Parisa Nazari racconta perché il suo impegno per la causa delle donne iraniane passa anche per la letteratura e la poesia, perché, come lei stessa si definisce, è “un’attivista culturale”.
“Proprio attraverso il mio lavoro, con le traduzioni, collaborando con diverse case editrici – dice – mi sono sempre diretta verso la denuncia delle violazioni sistematiche dei diritti umani e dei diritti delle donne”.
Un approccio che condivide con le connazionali. “Perché noi donne iraniane abbiamo imparato a capire quanto sia determinante il ruolo della cultura, il dono dell’istruzione, soprattutto universitaria.
Forse non tutti sanno che le donne iraniane laureate superano per numero gli uomini”.
Proprio perché – sottolinea – “loro sanno che le leggi iraniane sono estremamente misogine e vorrebbero rendere la donna una creatura modesta, quasi invisibile. L’obbligo del velo, di cui si parla tanto nel mondo,
altro non è che un modo dello Stato per applicare più potere sul corpo della donna. Rendendola invisibile, modesta.
E a questo le donne iraniane non ci stanno. Da decenni. Da decenni stanno trovando modi per la autodeterminazione e hanno sempre di più investito sulla cultura. Nella cultura, nell’arte, nell’editoria”.
La cultura ha permesso la nascita della rivoluzione in atto. “Sono fiera delle donne iraniane in Iran – dice ancora Parisa – perché sono riuscite a cambiare tantissimo la mentalità degli uomini. Quella che chiamiamo rivoluzione ha visto protagoniste le donne, nel togliersi il velo, ma ha visto per la prima volta gli uomini accanto alle donne. Gli uomini hanno capito che la donna ha un ruolo determinante per vivere in un paese democratico. Questi sono i figli di donne consapevoli che hanno investito in cultura”.
L’Iran vive ora come un paradosso: c’è un “mondo parallelo in cui donne e uomini vivono come fossero in un paese libero”, anche se non è così, e che si muove pur sapendo che si può essere arrestati ed anche uccisi.
“Giovani uomini e donne sono insieme nella lotta pacifica non violenta”, un risultato culturale non irrilevante.
Secondo Parisa, “il movimento non si fermerà, anche a costo di perdere la vita, perché si basa sulla libertà e sulla consapevolezza dei propri diritti. C’è una società civile giovane e progressista che guarda all’occidente ma che è ancora governata da oscurantisti che usano la religione per mantenere il controllo. Spero che tutto questo non sia dimenticato. Qualora succedesse sarebbe una tragedia per giovani e giovanissimi. Bisogna rimanere uniti”.
A “Feminism 6” sono presenti 60 case editrici; si sono alternate in questi giorni in incontri e dibattiti un centinaio di autrici. Quattro i filoni tematici: Corpi, soggettività e diritti; Migrazioni, frontiere, habitat; Pace e convivenza; L’arte del rammendo. Oggi, giornata di chiusura della manifestazione, sarà interamente dedicata alla scuola.