di Marianna Mandato – Quante parole usiamo tutti i giorni? Che cosa diciamo? Come parliamo? Cosa facciamo parlando?
Usiamo quotidianamente una valanga di parole come se fossimo sempre consapevoli del che cosa implica usarne alcune e non altre. Sì, proprio come se sapessimo a cosa andiamo incontro usando certe parole in ciascuna situazione.
Le parole ci servono, proprio come dei servi, le usiamo, ma perché ne usiamo alcune e non altre, e si sottolinea perché, come e in quali contesti le usiamo, e si sottolinea come, quale impatto hanno o avranno sulla realtà che viviamo, su di noi e sugli altri mentre viviamo, non risulta certo che si sappia veramente.
Nelle parole c’è la realtà che vogliamo comunicare. Incredibile a dirsi ma è proprio così. Una magia. Non si tratta solo di suoni messi ed emessi a caso come quando si tirano i dadi. Le lettere che formano una parola hanno un suono e messe insieme certe lettere coi loro suoni, voilà, formiamo una parola. La magia è che accostando certi suoni a forma di lettera o certe lettere col loro suono e/o la loro forma, diamo vita a una parola.
Insomma, una parola ha un rivestimento per così dire esterno, un bel vestitino, che non è casuale, e un contenuto (il significato) che non è casuale del pari e che ci vive dentro come fosse il suo corpo nudo. Poi però, se non sappiamo come usare le parole con il loro bell’abitino, significa che non sappiamo come vestire quel corpo nudo. Un po’ come se non avessimo la più pallida idea di quale abito va indossato per giocare a tennis, di quale per andare a un aperitivo, di quale per ballare, di quale per una serata di gala. Significa insomma che non abbiamo capito quale realtà quei corpi ci raccontano.
Non possiamo usare una parola al posto di un’altra, va da sé. Così come non indosseremmo mai un costume da bagno per andare a una festa in smoking. Se usiamo una parola e non un’altra è perché con quella diamo vita alla realtà che ha dentro. Vogliamo che quella realtà cui abbiamo dato vita sia ben visibile da tutti. E così facendo, oltre a comunicarla, stiamo anche gestendo la realtà.
Facciamo un esempio.
Prendiamo due palloncini. Sono appesi a un filo. Se uno lo riempiamo di aria e uno di elio, quelli si comporteranno diversamente: slegando il filo, uno resterà a terra e l’altro volerà. Ecco, il significato è come l’aria o come l’elio. Una sostanza che determina il comportamento del palloncino. Una sostanza che determina il comportamento della parola in una situazione. Se una parola la riempiamo di aria, allora si comporta in un modo. Significa una cosa. Se la riempiamo di elio, allora quella parola significa un’altra cosa. E al giusto significato in una certa situazione, seguirà un certo tipo di comportamento nostro, e degli altri che ci ascoltano.
Se usiamo la parola che andrebbe riempita di elio come se fosse quella piena d’aria, allora il risultato sarà che il nostro interlocutore non capirà nel modo giusto. Almeno non quello che noi volevamo dirgli. Insomma, il palloncino non è solo un pallone gonfiato. A caso. La parola non è solo un ammasso casuale di suoni e lettere. Da usare a caso.
Se usiamo male le parole, allora stiamo barando, e trasformiamo la realtà, la comunichiamo male e faremo in modo che venga capita male e persino agita male.
Qualcuno lo fa anche di proposito, a usare le parole in modo ambiguo, perché sa che il dire ha sempre conseguenze a livello pratico. Così facendo, quel qualcuno sarà stato bravissimo a creare scompiglio, un gran bel caos proprio a livello pratico, magari travestito da cosa corretta, col giusto significato e dunque con la giusta realtà dentro.
Dobbiamo sapere in anticipo, cioè prima di usarla, se una parola va riempita di un significato oppure di un altro, con la consapevolezza di quello che ogni parola significa per tutti e con la consapevolezza di come quella parola piloterà l’azione una volta usata. Sia nostra nei nostri confronti, sia nostra nei confronti degli altri sia degli altri nei nostri confronti.
Eh sì, la parola è un pilota. I piloti determinano la direzione del mezzo che guidano, sanno dove portare il loro mezzo, sanno il tragitto, sanno dove devono arrivare e come. Che fine farebbero una macchina o un aereo senza un pilota?
Resta che per tutti quella parola deve valere lo stesso significato. I più bravi direbbero che deve essere condivisibile lo stesso significato. Le parole, se non sono condivisibili per tutti con lo stesso significato, allora non servono più al loro scopo. Sarebbe come mettere in giro per la città tanti segnali stradali che significano per ciascuno una cosa diversa. Immaginiamo da soli il risultato. I segnali, come le parole, non avrebbero più senso.
Ecco, senso, come significato ma anche come i cinque sensi. C’è sempre qualche senso coinvolto nelle parole, non si creda che le parole siano così distanti da noi. Le parole sono anche fisiche. Un ben noto personaggio di nome Gesù disse due semplici paroline quando fece resuscitare Lazzaro: “alzati e cammina”. Non furono il silenzio o parole casuali ad accompagnare il miracolo. Insomma, le parole aggiunte all’intenzione fanno proprio miracoli.
Si badi bene che parlare male è un virus. Si contagia. Finisce facilmente che in troppi si parlerà male. E in troppi si capirà male la realtà e si agirà in modo inappropriato.
Quel che ci salva è che anche parlare bene è un virus. Allora occorre diventare virali in positivo.
Ora, visto che siamo tanto social, sarebbe cosa buona o buona prassi, come si suole dire in modo più appropriato, iniziare proprio da lì ad usare bene le parole che scriviamo e diffondiamo quotidianamente. E si sa mai che così facendo diventiamo socialmenti utili.
Detto altrimenti, e altrimenti vuol dire con altra mente o con una mente alternativa, menti utili nei social (e così nel sociale reale). Veicoli per diffondere la realtà vera in quella virtuale, comunicandola nel modo giusto.
Le parole, ripetiamo, fanno miracoli. O quanto meno li accompagnano.
Entreremo nel vivo delle parole nel prossimo articolo.
Riempiremo di significato una parola cara a tutti. Parleremo di un parolone: amore. Cui si legano imprescindibili, innamorarsi e amare.