di Rinaldo Felli – Quando si sente parlare di Climate Change l’immaginazione collettiva tende a rimuovere l’argomento, ovvero a trasferirlo temporalmente ad altre generazioni meno fortunate della nostra. Una reazione per la quale siamo tutti molto più avvezzi ad indignarci per il risultato sfavorevole della nostra squadra di calcio piuttosto che per lo scioglimento della calotta polare. Trattasi purtroppo di errore. Lo dimostra in modo scientificamente rigoroso il recente rapporto del Gruppo Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici (IPCC) approvato da 195 governi membri e composto da oltre 200 scienziati di tutto il mondo.
Secondo il rapporto già oggi, ora, in questo tempo si rilevano cambiamenti nel clima della Terra in ogni regione ed in tutto il sistema climatico. Ma soprattutto molti di questi cambiamenti sono senza precedenti in migliaia, se non in centinaia di migliaia di anni
ed alcuni, tra quelli che sono già in corso d’opera , come il continuo innalzamento del livello del mare, sono irreversibili in centinaia o migliaia di anni.
Se vogliamo evitare che si realizzino le catastrofi tanto spesso fantasticate dai disaster movie di Hollywood, se non possiamo accettare l’idea di vedere la Statua della libertà sommersa dalle acque dell’oceano dobbiamo cooperare tutti, dal singolo individuo alla più importante delle multinazionale, alla più rilevante delle istituzioni, per una forte e costante riduzione di emissione di anidride carbonica (CO2) e di altri gas serra.
Senza una riduzione immediata, rapida e su larga scala delle emissioni, limitare il riscaldamento entro 1,5 ° C sarà impossibile.
Nel rapporto inoltre è anche evidenziato che più CO2 emettiamo in atmosfera più si limita la capacità di assorbimento da parte della terra e degli oceani. Vale a dire che ne viene assorbita meno in proporzione al riscaldamento. Senza un rapida inversione la probabilità che che 1,5°C di riscaldamento venga superato negli anni immediatamente successivi al 2030 è data al 50% mentre è dato per virtualmente certo che la temperatura salirà di 2° C nel corso del XXI secolo.
Solo con una diminuzione delle emissioni globali di gas serra dal 2020 in poi ed il progressivo azzeramento delle emissioni nette di CO2 entro la metà del secolo si potrebbe scongiurare il pericolo.
Ma in fin dei conti perché preoccuparsi per un “modesto” rialzo della temperatura, perché gridare alle streghe per stagioni più miti, mari più caldi e conseguentemente particolarmente apprezzabili per un bel bagno estivo? Innanzitutto perché ciò che le persone vivono in prima persona è spesso molto diverso dalla media globale.
Ad esempio il riscaldamento sulla superficie terrestre è decisamente più elevato rispetto alla media globale, nell’Artico addirittura il doppio. Inoltre ci saranno considerevoli cambiamenti nell’umidità, nei venti, nella neve, nel ghiaccio, nelle aree costiere e negli oceani.
Alle alte latitudini avremo piogge sempre più intense ed inondazioni ad esse associate mentre ci si attende una diminuzione delle stesse nelle zone sub tropicali, variazioni importanti ci saranno anche per le precipitazioni monsoniche. Le aree costiere dovranno temere un costante aumento del livello del mare per l’intero secolo, eventi estremi che prima si verificavano ogni 100 anni potrebbero replicarsi ogni anno.
Un ulteriore riscaldamento accelererà lo scioglimento del Permafrost, la perdita della copertura nevosa stagionale, lo scioglimento dei ghiacciai e della calotta polare. Il riscaldamento degli oceani determinerà la loro acidificazione e la riduzione dei livelli di ossigeno in mare con conseguenze negative per gli ecosistemi marini e per le persone che da loro dipendono. Nelle città alcuni aspetti dei cambiamenti climatici come le intense ondate di calore, le inondazioni e l’innalzamento del mare nelle zone costiere, potrebbero essere amplificati.
Un Rapporto che quindi definisce un presente ed un futuro fortemente allarmante ma che nello stesso tempo ci fornisce non una semplice speranza ma piuttosto una rilevante certezza:
le attività umane hanno innescato il processo di cambiamento climatico ma le stesse hanno ancora il potenziale per determinare il corso del clima futuro.
E l’ultima chiamata, per continuare ad ammirare i ghiacciai sui monti alpini, per passeggiare e non nuotare in Piazza San Marco, porterà il nome di COP26, la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici che si terrà domenica 31 ottobre a Glasgow.
Leggi anche:
Cop24 a Katowice: i cambiamenti climatici possiamo fermarli solo noi
Greta Thunberg, la teen del clima che ci insegna a combattere