di Margherita Vetrano – “Ho voluto fare questo lavoro su Gaber, per ringraziarlo” racconta il regista Riccardo Milani a B-hop magazine, parlando del documentario “Io, noi e Gaber” che uscirà nelle sale il 6,7 e 8 novembre.
“Gaber è stato per me una voce ed un pensiero importante che mi hanno aiutato molto nella lucidità e nel coraggio delle scelte della vita”.
Ascolta “Il regista Riccardo Milani, “il mio grazie al coraggio di Gaber”” su Spreaker.
“Bisogna cercare di avere sempre chiaro il fatto che ciò che conta è la persona – afferma Milani -. Bisogna essere onesti intellettualmente e avere il coraggio di indignarsi e mostrare rabbia, se necessario e ironia, a condire il tutto. Questi elementi insieme fanno di Gaber un uomo veramente speciale.”
A vent’anni dalla scomparsa di Giorgio Gaber, Riccardo Milani, regista e sceneggiatore romano, ha presentato al Festival del cinema di Roma il documentario a lui dedicato.

In 135 minuti il documentario celebra l’opera dell’artista come omaggio alla formazione del regista.
“Gaber è nato leggero ma poi è cambiato e ha iniziato a dirci cose importanti, a cavallo degli anni ’70-’80, quando il paese viveva da una parte i sogni e dall’altra l’orrore”.
Conduttore televisivo con il suo “Canzoniere minimo” a soli 23 anni, con un seguito ampissimo, Gaber è stato la perfetta fusione tra l’intellettuale giovane, di altissimo livello, e l’intrattenitore brillante nei primi anni sessanta.
Gaber ha fatto un percorso molto interessante; all’apice del successo televisivo ha abbandonato quell’ambiente che non lo rispecchiava più perché stava evolvendo in una direzione diversa dalla sua.
La libertà di pensiero e la ricerca della verità, in lui come nel regista, hanno da sempre caratterizzato il suo percorso.
Il coraggio di fare delle scelte gli ha consentito sempre di rimanere fedele a sé stesso.
Gaber ha acquisito, lungo il suo percorso, consenso ed odio politici, sia a destra sia a sinistra.
Il suo sguardo ampio, al di sopra delle parti lo ha reso universale ed attualissimo.
Come Pier Paolo Pasolini, anche Gaber è stato un preveggente.
Fra loro c’è stata una disperata continuità nei fatti, totale. Questo fa di Gaber un grande intellettuale, raffinato e promiscuo, capace di parlare a tutti.
Nel documentario si rivivono le performance di spettacoli teatrali e di concerti in cui canzoni leggere e di denuncia si susseguono senza una soluzione di continuità, richiamandone la grande trasversalità ed intelligenza.
Quando Gaber ha scoperto il teatro, ha trovato la sua vera vocazione.
E’ stato grazie a Mina e lì si è spostato senza più muoversi.

Il teatro ha risolto in lui l’adattamento ad un linguaggio che la televisione non rispettava. Lì ha trovato sé stesso.
Con il teatro ha trovato il filo diretto con il suo pubblico e l’immediatezza nel messaggio, sintetizzato in quell’urlo che solitamente ne chiudeva gli spettacoli.
In Gaber lo spettacolo era una totale vibrazione del suo essere che arrivava diretto, in un bagno di sudore e di emozioni.
Un dialogo continuo e spontaneo che emerge potente dalle immagini del documentario “Io, noi e Gaber” e perdura ancora oggi.
Tra le testimonianze raccolte nell’opera di Milani parlano molti amici e colleghi e la figlia Dalia, che racconta: “Mi colpisce la qualità del racconto realizzato, a partire dall’approccio ma soprattutto quante persone si sono lasciate coinvolgere“.
Interessante il contributo di Paolo Dal Bon, presidente della Fondazione Giorgio Gaber: “Giorgio aveva la consapevolezza e la capacità di dire cose anche difficili, dandogli credibilità e ascolto.
Le sue parole hanno la stessa forza di allora perché guardava talmente avanti da prevedere l’oggi.
La sua funzione etica e sociale, additando “Polli d’allevamento” e ammonendo “Quando è moda è moda”, sono ancora molto attuali e necessari“.
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