di Massimo Lavena – L’ospedale è quella cosa che ci entri uomo e subito sei altro. Divieni un punto in una società di dolore e di domande irrisolte.
L’ospedale è quella cosa dove donne e uomini mai visti, ti danno del tu senza sapere ancora cos’hai e cosa vorresti da loro.
Ascolta “Manuale di sopravvivenza in ospedale” su Spreaker.
L’ospedale è quella cosa in cui, se fai una domanda non otterrai risposta, e magari ti consigliano di chiederlo al dottore, che non c’è, casualmente.

L’ospedale è quella cosa dove per sapere se hai cagato ti chiedono ad altissima voce “Ha scaricato ieri? No da tre giorni? Allora oggi facciamo il clistere”.
L’ospedale è quella cosa in cui i propri fluidi sono motivo di chiacchiera e solidarietà con il vicino di letto, che non ricorda l’ultima volta che ha messo la pomata fissativa nella dentiera.
L’ospedale è quella cosa dove una scorreggia è un profumo celestiale, e magari fa ridere, ma alla decima hai paura che qualcuno accenda la luce della stanza.
L’ospedale è quella cosa dove il primario barone, ignorante e sfasciaossa, si aggira per il reparto come Alberto Sordi nel famoso film “Il prof. dott. Guido Tersilli primario della clinica Villa Celeste convenzionata con le mutue“.
L’ospedale è quella cosa in cui, quando la mattina ti lavano e tu per la decima volta gli dici che non sopporti l’acqua bollente gli pisci addosso.
L’ospedale è quella cosa dove, se sei fortunato, nella stanza non c’è il televisore e – se c’è – tutti stanno così male da non volerlo vedere. Poi ti svegli angosciato ed è acceso immancabilmente su Rete4 e Canale5.

L’ospedale è quella cosa che, per sopravvivergli, devi schermare l’olfatto, il gusto, il tatto, l’udito e la vista per non odorare, assaporare, toccare, sentire e vedere ciò che ti circonda.
L’ospedale è quella cosa che
il primo giorno non sai dove sei, il secondo non sai chi sei, il terzo non sai cosa vuoi, il quarto non pensi più, il quinto te la fai addosso.
L’ospedale è quella cosa che hai paura per ciò che hai al momento e sei terrorizzato per ciò che potresti avere domani, se ti svegli.

L’ospedale è quella cosa in cui il cibo viene fatto assaggiare ai troll delle montagne, notoriamente gourmet sopraffini e delicati. La pasta in bianco a volte è colla, a volte è tirata giù dalla confezione e messa nella ciotola.

L’ospedale è quella cosa in cui le luci al neon sono messe strategicamente sugli occhi del paziente, e vengono regolarmente accese tutte alle 6 per i prelievi e la pressione.
L’ospedale è quella cosa che se hai delle patologie pregresse e non puoi prendere determinati farmaci dovrai ripetere la cosa tutti i giorni come un mantra, a scanso di pericoli.
L’ospedale è quella cosa in cui le proprie problematiche sono motivo di valutazione estemporanea da parte di tutti gli altri pazienti, quale che sia la loro patologia.

L’ospedale è quella cosa in cui avrai un vicino che ti racconterà per filo e per segno il suo intervento e questo sarà sicuramente peggiore e pericoloso del tuo, anche se tu nel frattempo sei con una embolia in atto.
L’ospedale è quella cosa dove la solidarietà tra vicini di letto nasce nei momenti del pericolo. ma diventa odio ancestrale quando il tuo vicino si chiude in bagno alle due di notte per fumare.
L’ospedale è quella cosa che
ti fa cercare il contatto umano con le persone più umili, che sono sempre quelle più vicine a te nel momento del bisogno, e che se le saluti con un “buongiorno” ti sorridono sorprese e grate.
L’ospedale è quella cosa dove fai colazione con latte scremato e caffé d’orzo bollenti, e tu bisticci ogni volta con qualcuno che, dopo dieci minuti, ti ritirerebbe il bicchiere di sbobba e si arrabbia perché non hai ancora bevuto.
L’ospedale è quella cosa dove se arrivi dal pronto soccorso hai già le stigmate dl rompiscatole perché bisogna trovare un letto, rifarlo, informarti, informarsi, capire e far capire che da quel momento tu sei un nulla.

L’ospedale è quella cosa dove un paio di occhi belli dietro la mascherina ti fanno pensare anche a un bel sorriso e a un cuore caldo e accogliente.
L’ospedale è quella cosa in cui l’orario del pranzo e della cena sono un delitto degno della Corte europea di giustizia, e il semolino bollente scondito una tortura degna di Vlad Tepes il Dracul di Transilvania.
L’ospedale è quella cosa dove i tuoi bisogni corporali impellenti sono collegati a un campanello che non viene mai sentito in tempo quando il pappagallo è pieno,
L’ospedale è quella cosa che, se ci stai dentro parecchi giorni e non hai cuffiette, libri, possibilità di ascoltare musica, di leggere o scrivere, mette a dura prova il tuo stato nervoso.
L’ospedale è quella cosa in cui la sofferenza di uno viene vissuta da tutti, con dolore e compatimento, e se la notte qualcuno sta male, l’indomani tutti sono preoccupati e molto stanchi e nervosi.
L’ospedale è quella cosa in cui
morte e vita convivono e si inseguono intrecciate a paura e speranza.
Sognare di star bene spesso è uguale alla sensazione di aver ancora la gamba per un fresco amputato.
L’ospedale è quella cosa che, quando trovi un reparto in cui ausiliarie e ausiliari, operatrici e operatori sanitari, personale infermieristico e medico, caposala e primario non urlano, ma ascoltano, sorridono e accarezzano il paziente triste, ti sembra di essere in Paradiso.
Ma non illuderti mai.
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