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Home Si può fare

Bambini nati prematuri: “Mio figlio fragile mi insegna ogni giorno la vita”

Margherita è madre di tre figli, tra cui Edoardo, che ora ha nove anni: "'Ho imparato prima di tutto l'umiltà e un futuro possibile da condividere"

di Agnese Malatesta
29 Novembre 2022
in Si può fare
Tempo di Lettura: 3 mins read
78 3
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Madre e figlio per mano

foto: E.Sibio

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di Agnese Malatesta – La parola “lentamente” è la possibile chiave di lettura della storia. Lentamente si comprende, lentamente si cresce, lentamente si accetta e comincia una nuova vita, più ricca. La storia è quella di Margherita, mamma di Edoardo, un bambino che ora ha nove anni, nato prematuro: appena 580 grammi di peso alla nascita, dopo 23 settimane di gestazione. A nove anni dall’arrivo di Edoardo – in occasione della Giornata mondiale della Prematurità che si è celebrata qualche giorno fa, il 17 novembre – Margherita si sofferma sul percorso tracciato da quella nascita e sui disagi per la  disabilità che ne sono seguiti. Con un messaggio potente:

la vita familiare è sì cambiata, ma anche in meglio, paura e dolore hanno generato nuove vitalità.

Edoardo guarda l'orizzonte
Edoardo – foto: E.Sibio

“La nascita di Edoardo – dice Margherita, che è mamma anche di Bianca e Giorgio – mi ha insegnato l’umiltà. Ho iniziato a vedere le persone per ciò che sono, ognuno ha la sua velocità e i suoi tempi, riesco ad apprezzarle per quanto sono in grado di dare.

Posso cogliere in ognuna un contributo, una ricchezza anche per me. Vedere l’altro com’è, mi ha permesso di vedere con altri occhi anche la mia vita”.

Un’apertura all’accettazione, per niente scontata, resa possibile solo dall’arrivo di Edoardo. Per mamma Margherita, problemi ed ansie non sono mancate:

“Lentamente col tempo, ci siamo accorti che Edoardo aveva esigenze diverse a partire dalla sordità. Ma col tempo, mio figlio mi ha insegnato a misurare ogni cosa col suo metro perché solo così posso vedere i passi avanti.

Ho capito, in questi anni, che non bisogna mai dimenticare da dove si parte, che le cose possono piano piano cambiare.

Questo serve anche per non entrare in frustrazione e non essere lesivi verso chi ci è accanto”. Lentamente.

Margherita ed Edoardo – foto: E.Sibio

I momenti di crisi sono stati tanti in questo complesso percorso e Margherita non si è risparmiata nel capire e elaborare. Ha messo nero su  bianco l’esperienza traumatica di un figlio ‘diverso’ in un libro, “Il nostro piccolo sole” (Ebook, IBS, 2015), in cui racconta la nascita di Edoardo, le sue condizioni disperate e l’immediata grande sfida per la vita, farlo sopravvivere. Poi cinque mesi di terapia intensiva, l’attesa snervante e infine la prima conquista: Edoardo a casa. Insieme al papà e ai suoi fratelli più grandi.

Ma niente è stato facile. La famiglia si è confrontata con dolore e adattamento continui, fatica, crolli e risalite, ma anche nuove emozioni e ricchezza interiore, un percorso positivo pur nella sua crudezza. “Guardare solo lui e i suoi progressi, senza fare confronti – continua Margherita – è stato importante per capire quanto straordinario sia il suo percorso e quanto vivace sia la sua intelligenza.

Ogni giorno è una conquista e ogni giorno è un passetto più in là, lontano dalla porta della terapia intensiva.

Oggi Edoardo non è al passo coi compagni nella matematica ma domani potrà essere un eccellente nuotatore”. Lentamente.

Giorgio, Edoardo e Bianca
Giorgio, Edoardo e Bianca – foto: E.Sibio

Per fare questo, è sufficiente l’amore? L’esperienza di Margherita ci può permettere di dire che forse serve anche altro,

quel quid che ci fa guardare avanti con fiducia e speranza anche quando in quel momento tutto sembra dire il contrario.

E’ la voglia di immaginare e desiderare un futuro gioioso da condividere. Nonostante tutti i limiti.

Ed allora: “Oggi guardo Edoardo non tanto per ciò che non è ma nei suoi infiniti talenti che ha. Ora che lui è più consapevole del mondo che lo circonda, assaporo la gioia di parlargli senza usare la Lingua dei segni, che per un certo periodo è stata l’unica possibilità di comunicare con lui. Possiamo parlare e scherzare come ho sempre fatto con i suoi fratelli e che con lui non ero mai riuscita a fare. Possiamo camminare mano nella mano e guardare insieme la stessa cosa, senza doverci fermare per guardarci negli occhi e spiegarci meglio. Anche il mio fluire verso di lui è più semplice e meno didascalico”.

Giorgio, Edoardo e Bianca seduti su una panchina
Giorgio, Edoardo e Bianca – foto: E.Sibio

“Poi ad un certo punto, inizi a darti obiettivi diversi dallo stare lontano dai ricoveri in ospedale e pensi all’autonomia e all’accettazione sociale. Oggi lavoriamo su questo e il suo entusiasmo è trascinante. La sua fiducia nel mondo, è disarmante.

La naturalezza con la quale si muove nei giorni è d’esempio per chi gli sta accanto come me e respinge tante paure”.

Leggi anche: Bambini nati prematuri: nel libro Il nostro piccolo sole una mamma racconta

  • Cos’è per te la Bellezza? Margherita, “la forza della fragilità”
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Agnese Malatesta

Agnese Malatesta

Giornalista professionista. Per trent’anni cronista all'Ansa, mi piace raccontare fatti e persone ‘comuni’. Scrivo su B-hop perché quelle storie, forse semplici ma non scontate, e comunque vitali e positive, di solito non fanno la storia del momento ma arricchiscono le vite di tutti. Mi piace pensare che questo sia un modo per contribuire al vivere civile. Sempre attratta dai temi sociali – laureata, più o meno consapevolmente, in Sociologia – guardo con passione alle novità in questo ambito. Ho una predilezione per i fiori, le rose in particolare, e per le scrittrici donne.

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