di Massimo Lavena – Seconda parte dell’alfabeto olimpico di B-hop, tra il serio e il faceto, ma sempre dalla parte degli atleti.
Se hai perso la prima puntata leggila qui: l’alfabeto dalla A alla L.
M come Medagliere – Il motto leggendario dei Giochi dovrebbe essere “L’importante non è vincere ma partecipare” ma allo stesso tempo l’accumulo del monte medaglie rende, apparentemente, una immagine distorta di ciò che è un campione olimpico. Nella storia antica era uno e solo uno, e veniva osannato, curato, sfamato, elevato quasi ad un semidio nel quadriennio che separava i Giochi Olimpici o Delfici e Nemei e Istmici ogni due. Erano fortemente legati alla vita delle popolazioni, regolavano il tempo e gli anni, assicuravano periodi sacri di pace inviolabile ed
i campioni divenivano testimoni viventi delle grazie divine: attraverso la loro forza nelle gare il guadagnare l’alloro della vittoria e l’unzione sacra li rendeva manifestazione del bene.
Oggi le medaglie, che a Tokyo sono fuse usando materiali riciclati da telefoni cellulari e computer dismessi, rappresentano non solo la gloria sempiterna del vincitore, ma anche la forza organizzativa dello Sport in un Paese. Con il passare degli anni, con il progressivo gigantismo dei Giochi moderni, con la presenza di sempre più Paesi, e soprattutto, con lo scontro ideologico delle potenze mondiali, il numero delle vittorie ha acquisito anche un significato politico. Ma per i Giochi il valore delle due medaglie di San Marino a Tokyo 2020, le prime della storia del Comitato olimpico sanmarinese, è uguale a tutte quelle che riusciranno a prendere Usa + Cina + Giappone. Si tratta solo di un elemento statistico che può aiutare un comitato olimpico a valutare cosa è andato bene e cosa no nella propria gestione del quadriennio dell’olimpiade. Quindi divertiamoci a vedere se a Tokyo avremo il record di medaglie nella storia dello sport italiano, ma ricordandoci che a Atene 1896 le medaglie furono zero. Ah… non c’eravamo.
N come nanna – Nanna, quella che manca all’olimpista perverso, che è convinto di poter recuperare mettendo la sveglia la notte per godersi in diretta anche le qualificazioni della canoa sprint o del lancio del martello femminile. Tutto lui deve vedere. E non vorrai mica perderti la 50 km di marcia? L’olimpista perverso tiene botta i primi due, tre giorni, poi inizia a subire effetti di realtà deformata. Il sonno lo coglie all’improvviso e si risveglia intorpidito sulla poltrona, dove le spire seducenti di Shiva, Signore del sonno, lo hanno bloccato senza pietà. Ma non si arrenderà mai, e mentre si fa forza a colpi di litri di caffè, già sta pensando alle prossime gare. Magari viste in differita.
O come Oksana – 8 partecipazioni ai Giochi Olimpici: questo il record di Oksana Chusovitina, leggenda della ginnastica uzbeka, dopo esser stata sotto i vessilli della Comunità degli Stati indipendenti (Ex URSS), poi dell’Uzbekistan, quindi della Germania e di nuovo dell’Uzbekistan. A 46 anni lascia, salutata dagli atleti della ginnastica artistica di tutto il mondo, nel vuoto del palazzo dello sport di Ariake, alla fine delle eliminatorie al volteggio, suo cavallo di battaglia. Un oro nel concorso a squadre a Barcellona 1992 ed un argento nel volteggio a Pechino 2008. In mezzo ori, argenti e bronzi a profusione tra campionati Mondiali e Europei. Potevano essere tutte sue figlie le atlete che l’hanno omaggiata il 25 luglio scorso.
P come palle – Son l’oggetto sportivo più presente ai Giochi: sotto forma di palloni da calcio, da basket e da basket 3×3, di palline da ping pong, di palle da tennis, di palloni da pallanuoto, da pallavolo e da pallamano, di palle da softball e da baseball, di palline da golf e da hockey su prato, di palle da ginnastica artistica e da beach volley. E anche l’atletica ne ha di palle: il peso ed il martello. Quindi è importante ricordarsi sempre che durante i Giochi, soprattutto al tifoso olimpico maniaco non bisogna romperle.
Q come Qualificazioni – Il momento in cui lo spirito olimpico sprigiona tutta la sua poesia magica e sacra, dove la futura medaglia d’oro vale come un misterioso atleta di Tonga.
Le qualificazioni sono quel rito sacro, che genera figure eroiche ed indimenticabili, che passano alla storia quanto se non, a volte, di più dei grandi campioni.
Si assistono a gare a volte surreali, con atleti che non corrispondono pienamente all’atletismo più spinto. Spesso giungono da Paesi poveri, spesso devono affidarsi alla buona volontà di qualche mecenate per le scarpe e le tute, spesso piangono perché arrivano ultimi tra gli ultimi, ma a volte raccontano storie di riscatto, di vittoria sulla morte, sulla guerra, sulla fame. Ecco perché le qualificazioni sono un bene prezioso per i Giochi Olimpici: perché ricordano a tutti il vero valore salvifico dello sport.
R come record – C’è quello nazionale, quello europeo, quello giovanile, quello mondiale e quello olimpico: spesso quello olimpico è meno record di quello mondiale, perché, si dice, la tensione ed il carico psicologico dei Giochi è molto maggiore. Ma un l’atleta che realizza il miglior tempo o il miglior punteggio di sempre non è detto che sia poi il vincitore: magari lo ha realizzato durante una semifinale, magari ha osato troppo e poi non vince la medaglia più preziosa. ma il suo nome, oh, quello sì, quello rimane negli annali, a volte anche per anni e anni e anni, passando di Olimpiade in Olimpiade. Come fu quello di Jesse Owens nel salto in lungo realizzato a Berlino 1936: resistette 25 anni. Owens lo realizzò grazie ai consigli di Luz Long, atleta tedesco che divenne suo grande amico.
S come sogno – Sogni olimpici: di vittoria, sogni di medaglia, sogni di record personale, sogni di arrivare in finale, sogni di arrivare in semifinale, sogni di esserci alle qualificazioni, sogni di esserci comunque sugli spalti a tifare. Anche questa volta non è andata. Per fortuna c’è la televisione. Ci riproveremo a Parigi.
T come terroristi – Saranno 50 anni nel 2022, anno Olimpico invernale. 50 anni dall’odio più esecrabile, dalla violenza del terrorismo di Settembre Nero. In memoria di David Berger, Ze’ev Friedman, Yossef Gutfreund, Eliezer Halfin, Yossef Romano, Amitzur Shapira, Kejat Shorr, Mark Slavin, André Spitzer, Yakov Springer, Moshe Weinberg
U come urina – La pipì, così umile e così importante per combattere i mascalzoni che fanno uso di doping: ne abbiamo viste tante e ne abbiamo visti tanti di atlete e atleti che volevano imbrogliare. Molti son stati scoperti proprio con le analisi della loro urina. Alcuni la allungavano, altri usavano flaconcini di liquido pulito da usare alla bisogna. C’è chi da maschio ha usato urina femminile e chi ha assunto droghe ultrascientifiche che non son state scoperte: ma la battaglia continua, e la l’urina è sempre lì, pronta a sgominare le bande dei truffatori.
V come Vanessa – WWWWROOOOMMM WWWWRROOOOOMMM ha vinto la Ferrari una meravigliosa medaglia d’argento, contro il fato contro gli infortuni, contro il Covid-19, contro i giudici di Rio 2016, contro tutto e contro tutti. Onore e lode a Lei, la Ferrari che vince, il caporal maggiore Vanessa Ferrari. Solo una ginnasta statunitense tutta acrobazie e atletismo ha potuto privarla della medaglia d’oro che la sua eleganza e la sua grazia avrebbero meritato. Ma resterà nella storia olimpica che magari non è terminata: cosa sono 30 anni quando Parigi 2024 è dietro l’angolo? Grazie Vanessa!
Z come Zimbabwe – Ultimo in ordine alfabetico tra i 205 comitati Olimpici nazionali partecipanti ai Giochi di Tokyo 2020, ai quali si deve aggiungere la Squadra Olimpica dei rifugiati sotto l’egida del Comitato Internazionale Olimpico. Lo Zimbabwe in questa edizione dei Giochi non ha ancora vinto alcuna medaglia. Nella sua storia olimpica, iniziata a Mosca 1980 ha finora vinto 8 medaglie, di cui 3 d’oro, 4 d’argento e una di bronzo di cui 7 in totale furono vinte dalla campionessa di nuoto Kirtsy Coventry tra Atene 2004 e Pechino 2008. Aspettiamo fiduciosi un successo zimbabwano a Tokyo 2020.