di Daniele Poto – Nell’import export dell’agonismo globalizzato mondiale l’Italia si distingue per la massiccia valorizzazione dei propri tecnici negli sport di squadra. Un dato di cui andare orgogliosi anche se sottrae al nostro movimento un magistero prezioso.
Nel recente campionato europeo maschile di pallavolo sono ben sette i coach nostrani al servizio di nazionali estere. Una sorta di legione straniera che dimostra spirito di iniziativa oltre che la stima e la reputazione di cui gode il nostro movimento volleystico nel vecchio continente.
E si registrava un dato quasi omologo nel torneo femminile dove la squadra vincente la Turchia, non a caso, è allenata da Daniele Santarelli, un genietto nostrano.
Ma forse l’esempio più preclaro della migrazione è Sergio Scariolo nel basket. Con la nazionale iberica il coach della Virtus Bologna ha vinto proprio tutto anche se nel mondiale ha dovuto cedere il passo a compagini più giovani e motivate. Ma quale il motivo di tanto successo? Reputazione, risultati e anche la capacità di stare fuori dalla mischia. Nel caso di Scariolo una facile occasione per superare la diarchia Barcellona-Real Madrid e poter adire a scelte equilibrate e meritocratiche. Sarà anche questo in fondo il motivo per cui il Brasile vuole arruolare Carlo Ancelotti, uno dei tecnici più vincenti di sempre nel calcio.
Nell’accettare l’incarico non si può negare un palese interesse economico ma anche l’adattabilità agli usi e costumi di un altro continente, nuova lingua compresa.
In Inghilterra non hanno certo dimenticato Claudio Ranieri, attuale allenatore del Cagliari, per l’imprevedibile scudetto conquistato dal Leicester, la classica squadra Carneade, improvvisamente uscita dall’anonimato, per poi tornarci quando il tecnico romano si è riaffacciato in patria. Spesso è il prestigio da agonista a contribuire alla chiamata.

Probabilmente è il caso di Giani, il tecnico della nazionale di pallavolo olandese, grandissimo schiacciatore negli anni ’90.
Ma nel football hanno vissuto questa esperienza grandi nomi come Capello e Trapattoni e protagonisti più umili come De Biasi, chiamato in Albania.
Nel basket ultimamente la Lettonia ha conseguito il miglior risultato di sempre ai mondiali insediando in panchina Luca Banchi, un tecnico che in Italia era stato un po’ dimenticato e che con questo exploit è tornato perentoriamente alla ribalta.

Sotto canestro Trinchieri e Pianigiani, altri validissimi coach, ritenendo di non poter più essere profeti in patria, hanno spiccato il volo per l’estero tra alterne vicende agonistiche.
Poi ci cono storie che vale la pena di evocare. Come la parabola di Valentina Quaranta una profetessa dell’hockey prato, finita chissà come ad allenare la nazionale femminile della Tanzania, partendo dal nulla in un paese poverissimo e bisognoso di quasi tutto.
Ma se nella pallanuoto Malara è andato ad allenare in Cina per onore di verità bisogna citare storie meno nobili.
Come la scelta di Roberto Mancini di abbandonare di botto la nazionale italiana di calcio, non rispettando un vantaggioso contratto, per andare incontro a un’offerta di novanta milioni nel mondo degli sceicchi.
Gli italiani, esplicitamente, si augurano che fallisca la missione mondiale. Come l’ha fallita con gli azzurri.
E comunque esiste un contrappasso. Per non pagare dazio a tasse troppo alte Mancini dovrà vivere tra i sauditi almeno metà anno, pagando una discreta contropartita in termini di distacco dal proprio paese e forse di qualità della vita.
Ironia della sorte, continuiamo a sorbirci i suoi spot che invitano a visitare…le Marche.