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Home L'altrove

Questa è la storia di una danza indiana divina e di una danzatrice (2)

di Patrizia Caiffa
26 Novembre 2014
in L'altrove, Primo Piano
Tempo di Lettura: 4 mins read
53 2
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(clicca qui per leggere la prima parte della storia) di Patrizia Caiffa – A Chennai Haru Kugo arriva intorno ai 22 anni. Il giorno prima di partire la sua compagna di viaggio le annuncia di essere incinta e rinuncia completamente all’avventura indiana.

“Sono andata da sola, avevo pochissimi riferimenti. Il primo impatto visivo con l’India è stato pazzesco: l’odore, i colori, le donne che camminano come regine. Avevo gli occhi sgranati, più grandi dei finestrini della macchina”. E’ andata a dormire in uno sperduto hotel di fricchettoni nel quartiere musulmano, e lì ha pianto per la prima volta “di paura e di felicità”.

Fatalità vuole che non l’avessero informata di come l’Accademia Kalakshetra accogliesse solo ragazze fino ai 21 anni. Haru comincia così un lungo e faticoso percorso parallelo con insegnanti indiane, durato tre anni: “Il metodo era durissimo, ad un certo punto ho avuto un crollo psicologico. L’insegnante mi spiegava che lì non esiste la lode, soprattutto quando nelle danzatrici intravedono un potenziale”.

haru

Nello stesso periodo la giovane Haru, per entrare completamente nella cultura locale, che fa? Decide di sposare un indiano, un musicista. Un anno di fidanzamento e un matrimonio infelice durato solo tre anni. Che le ha però dato la possibilità di sposarsi con il classico rito indiano celebrato da un brahmino: prima il sari viola, poi quello rosso bordeaux, i giri intorno al fuoco, le ghirlande di fiori. Non le nozze romantiche di Bollywood come si potrebbe immaginare, no.

Tutto di fretta, sulla terrazza di un condominio, con i genitori di entrambi e l’insegnante. “Non mi sono goduta il giorno delle nozze perché ero già molto disincantata – racconta -. Avevo capito che mi ero innamorata della sua famiglia e dell’India, non di lui”. Haru abbandona per un pò la danza ma apprende uno stile di vita che le è stato poi utilissimo per migliorare l’espressività nelle sue performance: “Sono diventata una vera donna tamil. I suoi familiari mi amavano, andavo con loro a fare le puja ai templi, ho imparato a intrecciare ghirlande di fiori, la stessa gestualità delle braccia quando si danza”. Haru riprende la formazione quando incontra Usha, una insegnante bravissima e generosa, che non le chiederà mai una rupia per le lezioni e le insegna il metodo “ereditario”. Purtroppo Usha muore poco prima del suo debutto ufficiale al pubblico in un tempio. L’evento salta, Haru riesce però ad esibirsi a New Delhi nel 2001 al Natyakalalavam Festival, dove riceve il Dandayudhapani Award.

Nel frattempo il matrimonio degenera, finché un giorno Haru decide di partire per l’Italia. Non sapeva ancora che non sarebbe più tornata in quella casa. A Milano incontra il suo attuale marito, un inglese. Dodici anni di noie burocratiche per divorziare dalle nozze indiane e due bellissime figlie, ora di 11 e 9 anni. “Alterno periodi con la vocazione da casalinga – tra l’altro ama tantissimo cucinare piatti indiani – ad altri completamente immersa nella danza”. Da cinque anni vivono a Roma. Ora che le figlie sono cresciute Haru ha ripreso a danzare e ad insegnare, a Bologna e a breve anche Roma.

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Purtroppo la danza indiana in Italia – nonostante siano molte le danzatrici italiane – non gode di tanto successo, né ha un pubblico preparato di estimatori fedeli, proprio perché è complessa. “C’è stato perfino chi mi ha detto: ma tu fai la danza del ventre?” Come tutte le attività artistiche nel nostro Paese, anche la danza viene svalutata dall’assenza di compensi, oppure è collocata in contesti non idonei. “Io sono fortunata – dice con umiltà – perché ho la possibilità di scegliere se lavorare o meno e vivere questa passione senza sporcarla. Cerco di mantenerla pura. Ma non tutti possono permetterselo”. Vale a dire: ognuno dovrebbe avere il diritto di seguire i propri sogni.

Prossimi appuntamenti: il 29 novembre a Roma spettacolo di danza classica indiana Bharata Natyam e Odissi con Haru Kugo, Silvia Vona, Roberta Parravano al Centro culturale Elsa Morante (piazzale Elsa Morante, zona Eur-Laurentino). Info e prenotazioni: etnochoreia@gmail.com; 1° STAGE DI BHĀRATA NĀṬYAM a Bologna il 6 e 7 dicembre (Centro Sharazàd, via Mascarella 12)

Il blog di Haru Kugo; Un video con Haru Kugo; Il blog che riunisce tutti gli indirizzi di danzatrici e studiosi di indologia

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Patrizia Caiffa

Patrizia Caiffa

Direttrice responsabile di B-hop magazine. Giornalista professionista, lavoro dal '98 all'agenzia Sir. Laureata in Lingue e letterature straniere moderne, scrivo anche libri e viaggio (tanto) nel Sud del mondo. Curiosa di nuove avventure, dentro e fuori di me, ho voluto B-hop per portare bellezza, fiducia e consapevolezza nel mondo dell'informazione.

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Direttrice responsabile: Patrizia Caiffa
ISSN 2724-2528

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