Dullal Gosh, bangladese di 22 anni che lavava i vetri ai semafori di Roma, aveva un debito di 14 mila euro con i trafficanti e dormiva in una sporca abitazione con altri 10/15 coinquilini, pagando 350 euro di affitto in nero ad uno dei tanti italiani che fanno affari (sporchi) con i migranti. Ora è un uomo libero, ha preso la licenza media in Italia e può lavorare ed integrarsi nella società, contribuendo a creare opportunità lavorative per gli italiani.
Il suo riscatto sociale – una buona prassi che potrebbe essere replicabile ovunque se si volesse fare accoglienza e integrazione sul serio in Italia, senza assistenzialismo, giochi sporchi e sprechi – è stato sistematizzato da chi l’aiutato ad uscire dalla povertà, togliendo risorse all’economia criminale che fa circolare denaro nero: è costato circa 11 mila euro alla Cooperativa Sophia, una cifra che si trasformerà in investimento sul futuro e un esempio virtuoso di come affrontare in una nuova chiave l’integrazione sociale dei migranti in Italia, creando valore economico per tutti, italiani e immigrati.
I fondatori di Sophia sono tutti giovani intorno ai 30 anni: Marco Ruopoli, l’economista e ideologo del gruppo; Caterina Amodio, ingegnere gestionale, formatrice e autrice; Matteo Ferretti, economista, grafico e web designer; e Mor Amar, rifugiato mauritano, laureato in lettere e grafico editoriale la cui storia drammatica e coraggiosa – da cui è stato tratto il libro “Stronzo nero” abbiamo già raccontato qui.
Dall’aprile 2013 la Cooperativa Sophia, che ha sede in una tranquilla palazzina nella zona sud di Roma, porta avanti con entusiasmo, creatività e passione moltissimi progetti, mettendo a frutto le competenze e i talenti di ciascuno. La sua peculiarità è quella di saper valorizzare la presenza degli immigrati sul nostro territorio per creare risorse nuove, opportunità lavorative ed economiche per tutti.
Da allora, tramite i lavori più diversi – percorsi formativi nelle scuole sul tema dell’integrazione (le scuole che vogliono aderire al Progetto “Confini” possono trovare qui tutte le info), accompagnamento allo studio per ragazzi adolescenti, campagne pubblicitarie, grafica e digitalizzazione di manoscritti, realizzazione di siti web: hanno dato lavoro saltuario a 20/30 immigrati, riuscendo a sostenersi economicamente (i soci sono tutti contrattualizzati).
La storia di Dullal Gosh, insieme a quella di Mor Amar, è emblematica di come sia possibile strappare dalla povertà e dall’emarginazione chiunque: Dullal è arrivato in Italia nel 2011 per fuggire alla miseria nel suo Paese, il Bangladesh, una delle zone più povere dell’Asia meridionale e le più soggette ai cambiamenti climatici, a cicloni e altre emergenze che provocano masse di profughi. Una organizzazione internazionale, per 14 mila euro, gli ha procurato documenti falsi, viaggio in aereo e posto letto a viale Marconi per 350 euro al mese, in un appartamento con un bagno e 10/15 coinquilini. Al semaforo, vendendo fazzoletti o accendini, guadagnava non più di 20 euro al giorno, ma solo nelle giornate di bel tempo. Nelle altre non si lavorava. Alla fine del mese, facendo la somma tra guadagni e spese, Dullal perdeva almeno 100 euro, accumulando debiti su debiti con il proprietario di casa. Era stato costretto a fare il lavavetri.
Un incontro fortunato con un sacerdote, che per caso si trova a passare al semaforo della via Cristoforo Colombo, mette in collegamento Dullal con la Cooperativa Sophia, che gli offre subito un piccolo lavoro regolare: distribuire volantini elettorali. In più viene affiancato da un giovane che gli insegna l’italiano – elemento chiave fondamentale per l’integrazione – e assistito da un avvocato per ottenere la protezione umanitaria per un anno. La Cooperativa, sfruttando l’appello di Papa Francesco ad accogliere i profughi nei conventi e nelle case, riesce a trovargli un alloggio gratuito a Tivoli, in una struttura gestita da una associazione cattolica. Inizia un percorso formativo e dopo nemmeno due anni prende la licenza media.
I quattro soci hanno monetizzato le ore di lavoro dedicate a Dullal (pari a circa 6 mila euro) più altri costi come il pagamento dell’affitto nella vecchia casa per quattro mesi, le spese per la formazione, le spese legali, i trasporti, i pasti, il vestiario, eccetera. Totale: 11.671 euro.
“Quello che oggi per noi è un costo – spiega a b-hop Marco Ruopoli – domani, in una logica d’impresa, si trasformerà in ricavi. Il nostro obiettivo è provare a trasformare un problema sociale in occasione di lavoro per giovani italiani e stranieri, favorendo percorsi virtuosi di mutuo soccorso”.
“Ogni storia riuscita – precisa – come quella di Mor Amar che è diventato socio della cooperativa e oggi va nelle scuole a parlare della sua esperienza agli studenti, ha come conseguenza un aumento dell’occupazione e del Pil e una diminuzione della circolazione di denaro nero. La storia di Dullal, invece, dimostra come il riscatto sociale consenta di diminuire le risorse economiche destinate a soggetti criminali. Dai numeri emerge che i costi per accogliere, se si parte dal valore che c’è già nelle persone, non sono alti”.
La Cooperativa Sophia, portando avanti progetti finanziati da numerose fondazioni, ha ricevuto di recente il “Premio all’impegno d’impresa per il bene comune” al Festival della dottrina sociale. La storia di Dullal, grazie all’ascolto comprensivo e alla scrittura gentile e attenta di Caterina Amodio, diventerà presto un nuovo libro.
La loro esperienza di successo dimostra che l’immigrazione è oggi una risorsa per il nostro Paese e che l’integrazione può creare lavoro. Basta volerlo.