(di Patrizia Caiffa) – A Roma, nel quartiere multietnico di Tor Pignattara, c’è un nuovo ristorante dove la cucina napoletana e quella curda si incontrano felicemente. Dal gustoso mix nasce “Bazar”, una taverna curdo-napoletana lungo la via Casilina che è anche luogo di incontro, sala da thè, spazio per organizzare eventi e per promuovere prodotti artigianali di qualità, equi e solidali.
Nato solo due mesi e mezzo fa, proprio la notte di Capodanno, ribattezzato il “Newrozdanno” (da Newroz, la ricorrenza tradizionale che i curdi celebrano per il nuovo anno), il ristorante registra già un gran successo: 40 coperti e buon cibo a prezzi popolari e spesso il tutto esaurito.
L’iniziativa è portata avanti da quattro soci, non a caso due italiani e due curdi: Niso, il cuoco, è un antropologo di Vico Equense e ha lavorato prima al Csoa ex Snia, si è impegnato con i migranti e ha grossi legami con la rete filocurda romana; insieme all’altro cuoco Xerip, che si definisce “curdo-napoletano”, creano nuovi piatti miscelando sapientemente le due tradizioni culinarie. L’oste in sala è invece Claudio, birraio romano che propone nel menù le sue ottime produzioni, mentre Rodi si occupa dell’importazione dei prodotti curdi.
Significativa è la scelta del quartiere, “Torpigna” per i romani, luogo simbolico dove convivono comunità di bengalesi, latinoamericani, africani, romeni, cinesi, filippini.
E’ noto alle cronache nazionali per le proteste della popolazione contro un centro di accoglienza per migranti, avvenute alcuni anni fa. In realtà la zona è un interessante laboratorio di intercultura, con pezzi di Asia, America Latina, Asia e seconde generazioni che parlano il dialetto romano.
Proprio accanto a “Bazar” c’è una scarna bottega dove si praticano i riti del sub-continente indiano, con mantra che risuonano e manifesti di colorate divinità induiste, tanto da creare un singolare e affascinante effetto di spaesamento metropolitano.
Claudio accoglie gli avventori con simpatica informalità, spiegando il contenuto dell’originale menù, fatto di raviolullil e friariell, pasta e patan, falafel e gurguel, kofta, fritti napoletani, sasicc e friarell, qelsel e così via.
Prende le ordinazioni il cuoco, Niso, vestito di scuro e appassionato dall’esperienza creativa che sta vivendo in cucina insieme al suo collega curdo Xerip.
“Ci divertiamo a sperimentare sempre nuovi piatti, con materie prime di qualità che arrivano da piccoli produttori di nostra conoscenza”, racconta Niso a b-hop, rievocando le origini del suo attivismo nel Kurdistan turco, che lo ha portato fino ai territori occupati e a Kobane e poi direttamente in cucina.
Sui tavoli di legno grezzo arrivano in tempi record piatti singoli o collettivi, birre artigianali: i colori e i sapori della tradizione campana si sposano ottimamente con la cucina curda.
Ad accompagnare il progetto è la cooperativa éCo, che tra i suoi servizi propone consulenze per promuovere imprese sociali di italiani e migranti. Bazar ne è un esempio perfetto.
“Abbiamo realizzato insieme un business plan e cercato finanziamenti per la parte iniziale del progetto – spiega Cristiano Colombi, di éCo -, ora stiamo completando l’affiancamento. Finora sta andando bene, si auto-sostengono. Dopo soli due mesi è già un’attività di successo”.
Un segno tangibile di quanto l’economia sociale, le reti costruite da persone reali, la cultura dell’incontro e dello scambio tra popoli e tradizioni, possano forgiare in positivo il nuovo volto della capitale e dell’Italia.
Economia sociale: éCo, la cooperativa che aiuta a realizzare i sogni di italiani e migranti