di Tiziana Caroselli – Mare e pizzica. Quando si dice Salento il pensiero vola subito a spiagge dorate e trascinanti balli, ma questa subregione della Puglia meridionale, abbracciata da due mari, lo Ionio a Ovest e l’ Adriatico a Est, ha mille altri volti, spesso poco conosciuti, che vale la pena di esplorare.
Magari in periodi dell’anno diversi dagli affollati mesi estivi. Destagionalizzare è diventato l’obiettivo di tanti piccoli comuni dell’area che si stanno rimboccando le maniche per conquistare un turismo più consapevole, di nicchia, e promuovere il valore della terra e dei suoi prodotti, merce pregiata sulle tavole di tutto il mondo.
Da vedere c’è tanto oltre le scontate mete balneari. Esiste, infatti,
un Salento nascosto fatto di monumenti sotterranei, di chieste paleocristiane e di frantoi ipogei.
Interessanti le visite a quelli di Gallipoli, antichi ambienti di produzione dell’olio interamente scavati nel carparo al di sotto del livello stradale, dove guide esperte spiegano le tecniche e le fasi di lavorazione dell’olio di oliva facendo rivivere momenti significativi di storia e di cultura locale, in tempi in cui oltre che a fini alimentari l’olio veniva commercializzato soprattutto per l’illuminazione (olio lampante).
Consigliata, passeggiando nel centro storico della cittadina pugliese, una capatina nella bottega di Antonio Vincenti.

Nato in una famiglia di pescatori, coniuga da sempre la passione per il mare con quella per la musica, costruisce nasse e suona organetto e tamburello.
“Ormai questi oggetti in giunco si vendono per lo più come complementi di arredo perché oggi le nasse per pescare vengono fatte con una rete plastificata, per comodità e per risparmiare”
si rammarica parlando con i visitatori, orgoglioso tanto di spiegare le tecniche di lavorazione di questi attrezzi usati per catturare aragoste, polpi e gamberi (“l’anno scorso le ho insegnate a due francesi in vacanza qui e organizzo ‘campi’ per ragazzi”) quanto dei tantissimi “like” incassati su YouTube dalla sua “pizzica di Gallipoli”. “Ero davvero arrabbiato che Gallipoli non avesse una ‘sua’ canzone” spiega.
Allontanandosi di circa 6 chilometri da Gallipoli, merita una sosta Il Casino Doxi Stracca, una dimora storica risalente al XVIII secolo che sorge, tra viti e ulivi, sulla strada che da Alezio conduce a Tuglie.
Il vasto complesso architettonico include diversi corpi: il palazzo, la cappella e vari fabbricati originariamente rustici ora in fase di restauro. Originariamente faceva parte della proprietà anche il Trappito adiacente, di recente recuperato con fondi comunitari e regionali e diventato una masseria didattica aperta alle scuole e al turismo.
Nel suo laboratorio, tra le altre cose, si insegna a impastare orecchiette e minchiareddri, la pasta fresca fatta in casa.

Rimanendo nell’area si può raggiungere la necropoli messapica di Monte D’Elia. A breve dovrebbe partire una nuova “stagione” di scavi. Un progetto che sta molto a cuore al comune di Alezio e alla sua battagliera assessora alla cultura, Fabiola Margari, che proprio in questi giorni hanno organizzato un evento che collega il pasto del grande viaggio dei Messapi al pasto simbolo della convivialità di oggi, la frisa, sempre presente sulle tavole salentine.
La prima campagna di ricerche archeologiche, che ha coinvolto Cnr e università del Salento, ha portato alla luce una piazza cerimoniale, numerose tombe, tra le quali quella di un bambino, e il rinvenimento di olive come offerte destinate ad accompagnare il viaggio nell’aldilà.

E questi sono solo alcuni dei tesori nascosti che si possono incontrare se si decide di allontanarsi dagli itinerari più gettonati per cercare un altro Salento, terra di miti e di leggende, di feste religiose e profane, di riti antichi e di pazienti artigiani.
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