(di Michela Balbi, corrispondente b-hop a Johannesburg) – “Little Eden”, in una periferia di Johannesburg, in Sudafrica, è un piccolo paradiso nel cuore delle diversità. Daniel e Domitilla, lui sudafricano, lei italiana, hanno saputo sfidare le leggi sulla discriminazione, vincendo. Oggi la loro Organizzazione non governativa (Ong) raccoglie bambini con gravi disabilità, per lo più abbandonati dai genitori. Una storia d’amore, d’impegno sociale e di vittoria.
Nel 1918, in una piccola frazione di un comune nella provincia di Bergamo, nasceva Domitilla Rota.
Come molti abitanti della zona, anche Domitilla avrebbe lavorato nei campi, aiutando i genitori con il bestiame e provvedendo alla raccolta di legno e castagne nei boschi bergamaschi. Durante l’adolescenza Domitilla iniziò a lavorare per una società aeronautica, dividendosi tra il lavoro nei campi e l’impiego nell’azienda vicino all’aeroporto, non distante dal suo paese di origine.
Nel 1943, l’anno in cui Domitilla compì i suoi 25 anni, la Seconda Guerra mondiale portò un soldato sudafricano in Italia: Daniel Hyams, soldato dell’esercito sudafricano catturato dai tedeschi e consegnato agli italiani, fu tra i pochi che riuscirono a fuggire dal campo di prigionia della Grumellina.
Daniel cercò rifugio tra le mura della casa di Domitilla, dove la madre Elvira aveva accolto numerosi prigionieri e profughi di guerra nascondendoli e proteggendoli dai soldati.
Era il settembre del 1943, quando Daniel fece il suo ingresso nella vita di Domitilla per non uscirne mai più.
La guerra finì, Daniel tornò in Africa per laurearsi ma subito dopo, tenendo fede alla sua promessa, tornò in Italia e chiese la mano di Domitilla.
I due poco dopo partirono per il Sudafrica, dove Domitilla aveva sempre sognato di fare la missionaria. Ma con suo grande stupore appena arrivò a Johannesburg si trovò immersa in una metropoli molto più moderna di quello che aveva immaginato. Non vedeva i poveri da aiutare, non capiva come far coincidere quell’immagine con i suoi sogni di missionaria.
Poi Domitilla conobbe una donna, condivise con lei le difficoltà nel prendersi cura di un bimbo con una grave forma di disabilità cognitiva. “Domitilla non sapeva nulla della disabilità cognitiva ma sapeva che voleva aiutare quella madre”, ci racconta la figlia Lucy.
Fu così che, incurante delle leggi sull’apartheid, insieme al marito Daniel, iniziò ad esplorare le periferie della città prima e le campagne poi, trovando tantissimi bambini abbandonati perché disabili. Piccoli bimbi, di ogni razza, che giacevano nelle stalle o buttati ai margini delle strade.
Daniel e Domitilla li accolsero nella loro piccola casa e li accudirono, e quando la loro casa divenne troppo piccola decisero di ampliarsi. “Il suo scopo era raggiungere il paradiso” precisa Lucy e aggiunge: “nel 1969 Domitilla sentì molto forte il desiderio di trovare una terra, dove quei bimbi potessero crescere e invecchiare, un posto dove potessero vivere: immaginò una fattoria, con gli animali, immaginò uno spazio nella natura, con alberi e acqua…”.
Daniel, Domitilla e Lucy (ora CEO della ONG LITTLE EDEN)
Fu così che nacque il sogno di quella che è oggi una delle più grandi Ong del Sudafrica.