(di Maria Ilaria De Bonis) – Sul sito di PizzAut il contatore del crowdfunding corre veloce. L’obiettivo è quasi raggiunto: 1414 donatori hanno versato finora oltre 50 mila euro per contribuire alla nascita della prima pizzeria in Italia gestita da ragazzi autistici. A Milano.
“Certo questa è una cifra simbolica – spiega a B-hop l’ideatore del progetto Nico Acampora – poi serviranno molti altri soldi per aprire un locale tutto nostro, ma il primo step è quasi andato”.
L’idea gli è venuta una notte, all’improvviso, mentre era a letto e da giorni ci pensava su: serviva qualcosa di ‘rivoluzionario’ che potesse aiutare anche suo figlio, che oggi ha 9 anni, con un disturbo dello spettro dell’autismo, ad imparare in futuro un lavoro vero.
“Siccome mia moglie è napoletana e fa la pizza ogni settimana, abbiamo visto con Leo che ci piaceva farla, allora ho svegliato mia moglie nel bel mezzo della notte e ho detto: dobbiamo aprire una pizzeria! Ho inventato il logo, l’ho portato alla camera di commercio e siamo partiti”.
Il resto è venuto da sé: le adesioni, i sostenitori, i fan di PizzAut, altri genitori che si impegnano a coinvolgere i loro figli, le trasmissioni televisive, la raccolta fondi.
“Mi domandavo sempre – dice ancora Nico – perché esistono una serie di progetti per il ‘dopo di noi’, ma non per l’oggi. ‘Dopo di noi’ è un concetto di tutto rispetto, ma significa che qualcuno un giorno, dovrà occuparsi di mio figlio quando io non ci sarò più. Io invece voglio occuparmene adesso, quando posso ancora farlo”.
E allora lui, che di professione è educatore e anche progettista nel sociale, ha pensato ad una cosa “sufficientemente semplice da gestire ma complessa e popolare, tanto da permettere ai ragazzi di stare bene con le altre persone”.
La pizza in un certo senso, era la soluzione ideale.
“Credo sinceramente d’aver scoperto l’acqua calda – dice – solo che nessuno si sentiva di aprire quel rubinetto perché è troppo faticoso. Esistono progetti simili gestiti da ragazzi con disabilità, ma nessuno per ragazzi con l’autismo”.
In Italia l’autismo spaventa ancora molto chi non lo conosce, e rimane un tabù sociale.
“Io ho capito invece – dice Acampora – che questi ragazzi possono benissimo lavorare ed essere produttivi ma bisogna costruire le condizioni adatte”.
La sfida di PizzAut è già partita da un pezzo: il training in una serie di pizzerie, tra Milano e dintorni è avviato.
I ristoratori si alternano ospitando a turno i ragazzi autistici che si cimentano per la prima volta sul campo.
“Dallo spillare la birra al servire ai tavoli al prendere le ordinazioni, i nostri figli stanno imparando competenze professionali e socializzanti nuove – dice Acampora – Questa cosa, che sembrava irraggiungibile, funziona. Hanno uno spirito di adattamento che stupisce tutti. Probabilmente quest’alchimia con i pizzettai professionisti e anche il concetto di essere una squadra, li aiuta moltissimo”.
“La cosa che preferisco fare in assoluto è stare con il mio amico Francesco – ci racconta Gabriele Nughes, 18 anni, uno dei ragazzi autistici del gruppo – poi mi piace il contatto con le persone e il fatto che alla fine del lavoro, le pizze ce le servono anche a noi come ricompensa!”.
La vita di Gabriele è molto cambiata da quando è dentro il progetto: gli piace uscire la sera, stare in compagnia, partecipare agli incontri, fare cose diverse dal solito.
Per facilitargli il lavoro, Acampora ha inventato pure una App, messa a punto dalla Samsung: “in questo modo non devono scrivere. Possono sentire la comanda e attraverso l’immagine della App svolgere perfettamente il lavoro di cameriere”.
Gabriele conferma: “è facile da usare: io l’ho imparata in 5 secondi!”.
Lui in realtà ama studiare la storia. Milena Mozzicato, la sua insegnante, racconta che “è un ragazzo wikipedia, ha una conoscenza impressionante e una passione spiccata” per questa materia e dopo il diploma vorrebbe andare all’università.
Ma il mestiere che sta imparando ora con Pizza Aut è un arricchimento che gli servirà comunque nella vita: “Io vorrei essere uno studente-lavoratore – confida Gabriele – studiare storia e fare le pizze per mantenermi”.
Sua mamma Concetta, racconta a b-hop che PizzAut ha acceso una luce nel buio totale del futuro di suo figlio e degli altri.
“Abbiamo sempre pensato al futuro lavorativo di Gabriele e ci spaventava parecchio. Ma quando abbiamo saputo che stava nascendo un progetto che avrebbe aperto degli spazi di futuro, ci si è spalancato il cuore. Il fatto che loro stessi possano pensare in autonomia alla loro vita e a se stessi, è un traguardo enorme”.
La sfida è sia per le persone con autismo che per il resto della società che non ha mai veramente compreso questa condizione: “noi ci auguriamo che i ragazzi possano fare tutto ed essere una risorsa anche economica per il Paese e per se stessi”, conclude Concetta.