Che legame c’è tra un linfoma di Hodgkin ed un progetto di orto a scopo pedagogico nelle scuole?
Giulio è un ragazzone di quasi ventotto anni residente nel X Municipio di Roma. Ex pallanuotista e studente universitario, a dicembre 2012 è stato colpito da un tumore al linfonodo sottomandibolare. Episodio traumatico di cui conserva ancora le cicatrici e che l’ha costretto a riconsiderare molti aspetti del proprio presente e futuro.
“All’inizio ho avuto serie difficoltà a riconoscere anche a me stesso la gravità della situazione. Solo con il tempo sono riuscito ad aprirmi e cercare aiuto nella mia famiglia e negli amici più stretti” racconta Giulio a b-hop: “la fase più drammatica è quel limbo di tempo in cui non hai i risultati clinici ma cominci ad immaginare cosa possa essere”.
Quando, dopo diverse analisi specialistiche, viene confermata la diagnosi del tumore con il conseguente inizio del ciclo chemioterapico previsto, comincia per Giulio un periodo psicologicamente decisivo: “Durante i primi mesi dalla scoperta della malattia, i medici mi avevano detto di evitare qualsiasi potenziale elemento di contagio, vista la mia debolezza fisica e immunitaria. Mi sentivo come in una bolla. Costretto all’immobilismo dentro casa mentre intanto fuori il tempo scorreva normale”.
Nonostante ciò non si è lasciato abbattere e ha deciso di dedicarsi a qualcosa per cui, fino a quel momento, non nutriva alcun tipo di interesse: “anche grazie a mia madre, nata e cresciuta in un ambiente rurale, ho cominciato la coltivazione in vasi sul balcone di casa. Mi sono reso conto di quanto mi facesse bene passare del tempo all’aria aperta dedicandomi a qualcosa che vedevo crescere fino a poterne raccogliere i frutti”.
Se, inizialmente, ha rappresentato solamente un passatempo utile a distrarsi e tenersi impegnato, col passare del tempo c’è stata un’evoluzione sempre crescente del suo impegno verso questo hobby, che lo ha portato a cercare un appezzamento di terra da poter coltivare: “non potevo credere che stessi creando un orto. Proprio io che fino a qualche mese prima non avevo idea di come fossero le piante di zucchine e melanzane e, onestamente, nemmeno mi interessava troppo scoprirlo”.
E se è vero che da cosa nasce cosa, il progetto “The Farmer”, come scherzosamente cominciarono a chiamarlo Giulio e i suoi amici, si è piano piano ingrandito fino a diventare un luogo di ritrovo: “il campo è stato fondamentale per me. Oltre alla possibilità di incontrare di nuovo molti amici, ho avuto modo di riflettere su me stesso. Penso che mi abbia anche aiutato ad affrontare la malattia con positività”.
Così, dopo aver terminato la triennale in Scienze Politiche, Giulio decide di intraprendere un percorso di studi completamente diverso iscrivendosi a Scienze della Formazione Primaria. Dopo poco tempo si rende conto di poter unire queste sue due passioni, l’ambito dell’educazione e il legame con la natura, in un progetto di orto didattico da proporre all’interno di una scuola del quartiere.
Una delle peculiarità che caratterizza gli orti didattici riguarda la volontà di smarcarsi dalla classica lezione frontale, a vantaggio di una metodologia di interazione fra insegnanti e alunni sicuramente più dinamica. Gli spazi verdi degli istituti scolastici, trasformati in orti dagli stessi ragazzi che sin dall’inizio partecipano alla progettazione dell’area, divengono vere e proprie aule a cielo aperto.
Anche grazie al sostegno dei docenti della scuola media “W.A.Mozart”, che hanno scelto di convertire parte del proprio tempo in lezioni alternative, è stata inserita nel P.O.F. (Piano Offerta Formativa della scuola) la riqualificazione di un’area verde dell’istituto: “uno degli obiettivi cardine è incentivare un sentimento di appartenenza dei ragazzi nei confronti della scuola, dove passano buona parte delle proprie giornate. Dare vita ad un orto attraverso il quale poter passare del tempo all’aria aperta, apprendendo in forma per lo più esperienziale (ma non per questo meno importante), sta dimostrando una buona riuscita in termini di risultati di apprendimento e interazione”.
Una riprova di quanto descritto da Giulio è il fatto che alcuni dei ragazzi hanno continuato a prendersi cura dell’orto anche durante il periodo estivo, coadiuvati dal personale scolastico, e molti altri hanno cominciato a sperimentare piccole coltivazioni anche a casa propria, magari di quegli ortaggi che fino a qualche mese prima si rifiutavano di assaggiare.
“La vera sfida però è quella di rendere generalizzato il riconoscimento dell’utilità delle attività all’aria aperta. Qui i ragazzi possono imparare il rispetto della natura e l’importanza di un’alimentazione sana. E tutto questo avviene in maniera naturale e divertente. Ad ogni ragazzo piace imparare qualcosa attraverso il gioco insieme agli amici, sporcandosi e vedendo piano piano crescere il frutto del proprio (sudato) lavoro” conclude Giulio.