di Margherita Vetrano – Martina Panini, “la strega” del make up, è on line fino al 7 gennaio 2021 con il suo programma di “autotrucco” su Instagram. Martina, nata Marco, nel 1986, vive a Sansepolcro. Comunica meravigliosamente, nonostante sia diventata sorda a tre anni.
La sua vita è leggenda, da quando il magazine on line Freeda le ha dedicato un servizio. Incontrarla è un giramento di testa. Se colpisce per la bellezza prorompente, il fisico statuario e lo sguardo magnetico, in lei c’è molto altro. In questa lunga intervista concessa a B-hop magazine, conquista per trasparenza ed umiltà.
La sua vita, raccontata con semplicità, è costellata di eventi dolorosi che l’hanno portata fuori dal bozzolo ad essere la meravigliosa farfalla che oggi incontriamo.

Parliamo del tuo presente. Mi descrivi un periodo particolarmente positivo sotto l’aspetto lavorativo. Raccontaci.
Il 21 novembre ho partecipato a “Nove Muse Milano”, edizione della piattaforma di Veronica Benini. Ho imparato molte cose e raccolto idee per avviare una mia diretta, il sabato alle 21:00 alla quale si accede dal mio profilo Instagram. Nel mese di dicembre, una persona è stata estratta a sorte per partecipare gratuitamente ad una mia seduta. Molti altri incontri si sono susseguiti e dureranno fino al 7 gennaio 2021. Il mio lavoro consiste nello studiare i visi e l’interiorità delle persone.
Sono una psicologa del trucco.
Essendo una specie di strega riesco a leggere le menti. Tramite un video o dal vivo riesco a vedere cosa manca. A molte persone manca la voglia di vivere ed è lì che intervengo, con una serie di domande, tramite la consulenza d’immagine e “d’interiorità”. Riesco a valorizzare il viso con il make up e ad interagire con le persone, valorizzandole. Non dico mai che la perfezione esiste. A volte non esiste ma se vuoi essere perfetta lo devi fare per te stessa e non per gli altri. E’ importante avere più autostima e confrontarsi con chi ci è accanto.
Sei una truccatrice professionista. In quale ambito lavori?
Ho studiato trucco cinematografico all’Accademia nazionale del cinema a Bologna dove sono diventata truccatrice internazionale. Ho lavorato anche con il trucco per gli effetti speciali in video, cinema e teatro. Purtroppo la mia condizione di sordità mi ha creato alcuni problemi perché nell’ambiente alcune persone hanno pensato: ”Ma se lei è sorda, come fa a comunicare?”. In realtà non importa se hai un handicap, l’importante è che tu abbia un valore, un talento e che ti venga riconosciuto. Nel 2019 sono stata convocata direttamente dall’Accademia per lavorare a Pistoia per lo spettacolo teatrale “Mamma mia!”. Ho incontrato molti personaggi famosi fra cui Paolo Conticini, Luca Ward e Sergio Muniz, con i quali è nata una bella amicizia e che spero in futuro potrà portare a nuove collaborazioni. Sono persone che mi hanno colpita per la grande umanità e umiltà.

Nella conversazione la sordità colpisce poco, hai un ottimo linguaggio. Qual è stato il tuo percorso riabilitativo per riuscire ad ottenere questi ottimi risultati?
Sono figlia di padre sordo e madre udente. La sordità colpisce il gene maschile della mia famiglia e quindi, anche me. Porto le protesi acustiche da quando avevo quattro anni. Per i primi sette ho fatto un percorso logopedico che mi ha portata alla violenza e quando sono riuscita a dire basta, è iniziato per me un nuovo percorso che mi ha permesso di curare il “parlato”, l’accento e la comunicazione verbale, anche attraverso lo studio e il perfezionamento della grammatica.
Parlaci della tua prima esperienza logopedica. Cos’è accaduto? Perché la definisci bruttissima?
Dai quattro agli undici anni ho fatto logopedia con una persona che mi picchiava e basta. Entrava in casa quando mia mamma era al lavoro e non era a conoscenza di ciò che faceva durante le due ore. Io mi lamentavo ma spesso i genitori non credono ai propri figli quando dicono di esser stati maltrattati e così lei ha potuto continuare. Mia nonna aveva dei sospetti ma non poteva partecipare alle sedute perché chiudeva a chiave la porta della sala in cui faceva lezione. Io ero piena di ematomi, mi strappava i capelli, mi dava le botte perché voleva che parlassi bene. Alla fine della quinta elementare, sono riuscita a dire basta.
Tua nonna è stata una persona fondamentale nella tua vita, che ritorna spesso nei tuoi racconti.
Mia nonna è vissuta fino a 101 anni ed ho avuto la fortuna di poterla avere accanto a me molto a lungo. E’ stata madre due volte: prima dei suoi otto figli, poi, quando sono nata, di me.

Mi è sempre stata accanto nonostante le mie difficoltà uditive. Mi lasciava fare di tutto: bambole, parrucche con la lana, aveva una visione diversa, voleva la mia felicità. Ovvio che è stato per lei uno shock scoprire che avevo due difficoltà: la mia sordità e la mia transessualità. Ma non mi ha mai discriminata, anzi. All’inizio è stato difficile ma poi ha riflettuto ed ha visto che ero felice. Prima di morire mi ha lasciato la sua piccola eredità per gli interventi finali. Per il resto ho fatto tutto con le mie forze, i miei genitori mi hanno un po’ aiutata però moralmente non ci sono stati. Sono stata io da sola.
Cosa accade nel rapporto con i genitori quando un figlio decide di cambiare genere?
Mi spiace quando i genitori non riescono ad accettare i figli per la loro identità sessuale, perché in realtà “la felicità è la mia, non è la tua”.
Dovrebbero contribuire alla felicità del figlio perché se è felice, lo saranno anche loro.
E’ giusto che i genitori aiutino i figli a capire fino a che punto vogliono arrivare. Al giorno d’oggi, ragazzi e ragazze che vogliono cambiare genere iniziano in età molto precoce perché siamo in un’altra era.
Ai miei tempi, nel 2000, era una scelta scioccante.
Voglio che i genitori capiscano i propri figli informandosi al meglio, con diversi studi: rivolgendosi ad una psicologa, specializzata nel settore e seguendoli in tutte le fasi della transizione che sono molto lunghe e complesse, anche sotto l’aspetto burocratico. Ci devono essere, come le amicizie. Perché discriminare una persona che è diversa?
La diversità è bellissima e lo dico in prima persona. E’ la cosa più bella che c’è.
Non voglio vivere come tutte le altre persone che vivono in una realtà finta quando non esiste.
Com’è oggi la tua vita Martina? Nei tuoi affetti e nella tua routine?

La mia vita è cambiata da quando ho iniziato con l’intervento in Thailandia. Da lì ho iniziato a vivere al meglio, nonostante abbia dovuto affrontare altri interventi fisici. Nel corso degli anni la mia interiorità è migliorata; indosso ancora uno scudo ma ho imparato a farmi scivolare addosso le energie negative. Ovvio che le violenze e le offese vengano portate a termine con la giustizia; meritano un risarcimento in caso di danni fisici e morali. Per quanto riguarda gli affetti, sono sincera, molte persone mi hanno allontanata per la forza di affrontare e il coraggio di sfidare che ho dimostrato, hanno avuto paura di me. Tempo fa, non ero così.
Stavo in disparte, in silenzio e se arrivavano le botte, non mi difendevo perché avevo paura. Ora non ne ho più; se dovesse accadere ancora, gli atti sono pronti. Per quanto riguarda la routine, è cambiata, in particolare, dopo che sono stata contattata da Freeda. La mia autostima è aumentata perché l’apprezzamento di tutte quelle persone mi dà una carica positiva. Sono cambiata anche sotto questo aspetto; se oggi qualcuno mi offre il suo sostegno morale, accetto volentieri. Purtroppo l’apparenza inganna ma ho imparato a capire meglio le persone, eliminando quelle negative ed acquistando quelle belle. A livello di amore però, il mio cuore è come un diamante perché sono stata vittima di violenze anche in questo caso. Non riesco più a fidarmi né ad innamorarmi. Preferisco essere una stakanovista. In futuro, si vedrà.
Quando è cambiata la tua vita, precisamente?
All’età di ventidue anni, quando ho iniziato a capire che volevo mettere fine alla mia esistenza. In quel momento ho visto questa donna alta, che era la me di oggi, che mi ha detto di fermarmi. Ho così iniziato a fare piccoli passi, nonostante mi abbiano messo i bastoni tra le ruote e questa forza non è dipesa solo dall’appoggio di mia nonna ma anche da me stessa. Mi sono fatta valere.

Quando ho iniziato la terapia ormonale è subentrata la gioia, nonostante gli alti e i bassi. Poi ci sono state le depressioni perché non riuscivo a capire quando mi sarei “liberata” e cadevo, ma subito mi rialzavo. Quando è arrivato l’intervento, le cose sono andate meglio ma non mi sentivo ancora me stessa. Non mi piacevo. In seguito agli altri interventi ho iniziato a piacermi fino ad arrivare a quest’anno che è stato rivoluzionario. Ma le cose erano cambiate già con l’intervento di Freeda che mi ha proposto di apparire e “metterci la faccia”. Ho capito che ero un personaggio visibile in tutto il mondo; ho ricevuto commenti molto carini ed ho capito che servo a qualcuno o a qualcosa. Sono passati tre anni durante i quali ho iniziato a vivere: vivere nei social, vivere come un personaggio pubblico, cosa che non avrei mai pensato, mai, però è andata!
Com’è arrivata Freeda?
Tramite due mie carissime amiche. Mi avevano intervistata per il giornale locale e, senza dirmi niente, hanno contattato Freeda chiedendo di intervistarmi. Rimasi scioccata! Dopo aver accettato, ho chiesto che le mie amiche fossero con me e comparissero al mio fianco. Il video ha portato la bellezza di otto milioni di visualizzazioni perché ha spopolato anche nel format inglese.

Quale delle tue difficoltà ha pesato di più nella tua vita: la sordità o la transessualità?
La mia vita è stata come un filo appeso per via di queste due cose che però per me sono state uguali. Le mie sofferenze le ho vissute a pelle e non vedo “il più” e “il meno”. Quel più, è stato avere la forza di affrontare la mia sordità; quando sei piccolo vivi nel tuo mondo in cui vedi solo te, magari nemmeno, e qualcuno che può aiutarti.
Sono diventata sorda a tre anni e l’ho presa bene. I miei genitori hanno fatto di tutto per aiutarmi e mettere le protesi, quindi se non ci fosse stata l’esperienza negativa con la logopedista, l’avrei vissuta bene. Avrei vissuto con la voglia di interagire con i miei compagni, con mia nonna, più tempo possibile. Ma purtroppo, per via della mia esperienza negativa di terapia, per otto ore a settimana, ho vissuto un’esperienza di sofferenza infernale. Allo stesso modo, quando ho iniziato a non sentirmi bene con me stessa, ho vissuto male, come quando prendevo le botte da quella persona. Era così doloroso dentro che tutto questo è stato un evolversi in maniera assurda.
Mi rialzavo sempre perché questo mio essere “strega” mi ha portata a guardare meglio la mia empatia e l’affrontavo con il sorriso anche se poi mi chiudevo in camera a piangere, per non farmi vedere da nessuno. Quando ho iniziato il periodo di transizione è stata durissima. Avevo la barba, non avevo il seno, non avevo gli ormoni femminili; pensavo di non farcela, perché i miei genitori non mi accettavano ma poi mi sono detta: ”Se con gli ormoni posso cambiare il mio fisico, possono cambiare il mio viso, posso farcela. Pazienterò ma ce la farò!” Sono stati anni burocratici e di spese ma le associazioni mi hanno sostenuta, con l’appoggio di una psicologa sebbene essendo una testa dura, andassi avanti da sola.
E’ stata dura, per gli atti transfobici, la violenza verbale e fisica, i tentativi di violenza sessuale, quindi ho dovuto patire ma la mia anima mi ha aiutata a portare avanti me stessa. A volte non c’è una spiegazione logica “del più” e “del meno”, forse perché la mia sofferenza l’ho vissuta in maniera uguale. Non cado più nell’abisso. E’ accaduto quell’unica volta che avevo deciso di suicidarmi ma ora no.
Adesso, se devo soffrire, soffro, però so gestire la mia sofferenza, la guardo con positività perché tutto finisce.
“Dopo il temporale c’è sempre il sole”, diceva mia nonna, quindi, se ho il temporale dentro, poi, tornerà sempre il sereno. Mi ritengo fortunata perché sono talmente empatica che il mio caos mentale mi fa riflettere tantissimo. Ho tanti dubbi ma questi dubbi, prima o poi, sono risposte concrete.
Trova una frase “da strega” per essere ricordata!
Ho una regola che dico a tutti: ”La paura è un sentimento che va affrontato, bisogna guardare con occhi diversi rispetto a quello che viviamo. Apriamo la mente, guardiamo dentro noi stessi, senza giudicare gli altri. E’ l’unica cosa che conta nella vita.”

C’è qualcos’altro che vorresti aggiungere?
Vorrei che il messaggio che arriverà ai lettori non sia il fatto di essermi mostrata per vanità personale ma per ricordare alle persone di riflettere su loro stesse prima di bullizzare gli altri, in più vorrei che le persone avessero empatia per mettersi nei panni di chi soffre senza dover chiedere “perché”.
Non esiste il “perché” se “non hai vissuto come me”
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