di Laura Eduati – La tintoria della signora Anna non chiude, né per il coronavirus e nemmeno per andare in pensione, nonostante 54 anni di attività lungo una delle vie storiche di Padova.
Donna progressista, libera, amante delle letture, ex violinista per passione, Anna Passarin non chiuderà perché a casa si annoierebbe e soprattutto perché il suo negozio, rimasto intatto dagli anni ’60, è arredato come fosse la sua vera dimora e nei decenni è diventato il suo luogo più intimo: alle pareti le fotografie di gioventù, delle amiche e delle vacanze in Francia; i quadri degli amici artisti, uno dei quali ha voluto ritrarla con stile espressionista, abbigliata di rosso; nell’angolo una sedia per coloro che durante il giorno si fermano tra una commissione e l’altra e vogliono scambiare due chiacchiere.
E poi, accanto al ferro da stiro con il quale ‘alliscia’ i vestiti delle ultime nobildonne padovane, una pila di libri nei quali sprofonda per ore, alzando di tanto in tanto gli occhi per osservare i passanti sotto i portici eleganti della via Euganea.

Primo Levi, Majakoski, Isaac Singer, I promessi sposi, le novelle di Giovanna Verga.
“Leggo tutto, da sempre“, racconta a B-hop magazine la signora Anna quando entriamo nella sua stireria, una delle ultime botteghe storiche del quartiere dove sorge anche la Specola, l’antico osservatorio astronomico dell’Università di Padova, zona di palazzi storici elegantissimi all’interno dei quali vive la maggior parte dei clienti della tintoria.
Anna mostra i vestiti di ottima fattura che lava e poi stira con cura, rinfrescata da un ventilatore che sembra uscito da un film noir degli anni ’40.
Spiega che il lavoro è cambiato nel tempo: “Una volta le signore controllavano prima del ritiro che gli abiti fossero stirati alla perfezione, che non avessero la minima piega fuori posto, e posso dire con soddisfazione che nessuno si è mai lamentato”.
I clienti sono gentili, dice, perché gli arroganti vengono estromessi con glaciale determinazione:
“A quelli che entrano con aria snob raccomandandosi di prestare maggiore attenzione al loro capo, perché magari firmato Gucci, spiego sempre che uso la stessa cura sia per gli abiti di marca che per gli abiti acquistati al mercato.
È successo poi che qualcuno mi chiedesse servizi aggiuntivi quasi ottocenteschi, come quello di portarmi a casa enormi tovaglie di lino per stirarle in fretta per un pranzo del giorno dopo, ma io rispondo sempre che quando arrivo a casa voglio riposare e non continuare a stirare”.
Tuttavia i maleducati e gli eccentrici sono una porzione minima.
“Devo dire che con l’età mi sto permettendo maggiore franchezza, da giovane ero sempre gentile e servizievole ma poi ho capito che il cliente non ha sempre ragione”.
Ha l’animo fiero, Anna Passarin.
“Non ho un carattere facile, e per non ricevere ordini da nessuno non mi sono nemmeno sposata”,
sorride. Ne fa una questione di orgoglio femminile:
“Un tempo i mariti si permettevano di vietare alle mogli il rossetto, oppure un paio di scarpe. Non ci sarei riuscita. Oggi è addirittura peggio: le donne vengono ammazzate”.
Per questo suo impegno ha voluto mettere in vetrina un poster che ricorda alle vittime di violenza un numero telefonico per chiedere aiuto, ed è questa la parte più visibile della tintoria, anche a molti metri di distanza.
Per questo motivo e per lungo tempo ho faticato a comprendere cosa davvero ci fosse dentro la bottega della signora Passarin, che vedo tutte le mattine uscire da un enorme portone in ferro battuto a cavallo di una minuscola bicicletta, anch’essa reperto storicissimo di una città che non esiste più.
Pensavo fosse la sua abitazione e vedendola lei così elegante, con i capelli argentei pettinati come dovesse andare alla Scala, mi immaginavo fosse una signora benestante.
Mi sbagliavo. Il portone enorme è quello di un’amica di Parigi che per amore si è trasferita a Padova, e che la signora Anna passa a trovare tutte le mattine alle sette e mezzo per chiacchierare e prendere un caffè. Un’ora di amicizia e poi via al lavoro.
È un carissimo amico anche l’uomo che ogni sera arriva per aiutarla ad abbassare le serrande pesanti. Porta un cappello bianco e politicamente, mi avverte Anna, ha cambiato molte volte opinione durante la sua vita, tanto che ora appartengono a idee contrapposte e non sono rare le discussioni.
Ma si vogliono bene, e le loro chiacchiere serali prima di andare a cenare sono un altro pezzo prezioso della sua vita. C’è anche della ironica nostalgia:
“Padova è cambiata, era una città piena di manifestazioni e di persone che scendevano in piazza, mi piaceva il sabato andare a protestare, oggi invece pare siano rimaste soltanto delle sardine”.
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