di Massimo Lavena – La notizia ha fatto il giro dei siti web di informazione in tutta la Sardegna: Gianluca Aru si è laureato! Qualcuno si chiederà che razza di notizia è (perché non conosce Gianluca).
Per qualcuno è un cagnaccio rompizebedei professionista, per altri un testimone della malattia, per tanti è uno sprone continuo, per me è un amico che sorride sempre e con il quale ridere è facilissimo.
Non è comune laurearsi a 50 anni, e ancor meno quando vivi col fardello di un diabete aggressivo abbracciato alla “bastarda”, lei madame Sclerosi Multipla, che tante vittime silenziose miete in Sardegna.
E poi un giorno ha perso anche il lavoro. Ma Gianluca ringhia, combatte contro le istituzioni che non assicurano il dovuto costituzionale ai malati, rifiuta di esser vittima di una società che lascia per strada “gli scarti”, i deboli.
E allora cosa c’è di meglio, oltre a una nuotata nel mare e una passeggiata sulla sabbia, di una bella tesi su Seneca?
Allora, da dove partiamo Gianluca? Nella tua vita ti sei trovato a prender delle belle craniate. Il diabete, il licenziamento, la sclerosi multipla. Parliamone…
“C’est la vie! E sì, ci son cose che nella vita non puoi decidere, alcune un po’ le cerchi ma in fondo in fondo c’è sempre un motivo per cui debbano capitare. E il segreto (forse) è che non ti ci devi adagiare! In ordine di tempo: il diabete. Pesavo 116 chili quindi un po’ me lo ero cercato considerando che la familiarità della malattia non mi era proprio sconosciuta! Ma a 24 anni non ci pensi, il valore della salute – a meno di esempi gravi – non ce l’hai a quella età. Ma sai avevo già deciso e programmato e ho preso e son partito: Erasmus, sei mesi fuori dove ho visto la mia vita e ho capito che quello che stavo scegliendo di fare era complicato.
Decido di continuare a percorrere quella strada, più per coerenza che non per testardaggine o entrambe? Insomma, il diabete non mi ha fermato, anzi piuttosto mi ha aiutato a focalizzarmi su me stesso, non in maniera egoistica ma costruttiva. Ho il ricordo di qualche amico “togo” di quelli che ancora sento, internazionali (come le barzellette … un sardo (io) un lombardo, un tunisino e due sarde) conosciuti in quella esperienza come molti altri ed altre”.
“Il licenziamento: ero stanco di avere a che fare con chi gestisce le persone con l’assenza e con la mancanza di rispetto umano, uno che ti parla con disprezzo delle donne, compresa la sua (lo scaldabagno!!!!), avere a che fare solo con numeri e quasi per nulla con le persone non faceva più per me! L’ho visto come una liberazione”.
“E la sclerosi? Beh! La ciliegina sulla torta. Il lavoro non mi faceva ascoltare i segnali che stavo ricevendo dal mio corpo. E lei, ‘la bastarda’, come la chiamiamo noi “sclerotici”, si è presa il suo spazio, il suo tempo, e un po’ della mia autonomia. È difficile, dura, pesante ma ti fa capire quanto sei umano, quanto sei mortale e ti rimane solo che accettarla. Il diabete è più gestibile! Ma non sempre! Insomma è sempre un casino!”

“Ma tutto questo non mi ha fermato.
Avevo già deciso che col licenziamento avrei ripreso in mano la mia vita, i miei studi classici abbandonati!
Un periodo sabbatico. E l’ho fatto! Impegno, dedizione, esempi umani da seguire, programmazione, visione di un traguardo, tante cose che a parlarne singolarmente ci scrivo un libro! In un anno ho finito gli esami. Altri sei mesi è ho scritto la mia tesi! Per me significativa per l’argomento e l’autore!”
Cosa ti ha dato Seneca: dove ti accompagnerà?
“È come se Seneca fosse sempre stato con me! Questa tesi me l’hanno affidata senza sapere che me la sarei cucita addosso. Seneca aveva anche lui i suoi mali: era asmatico e, obbligato a suicidarsi dal buon Nerone, non riusciva a morire. Aveva un caro amico al quale dedicò un’opera e in quest’opera gli dice chiaramente cosa deve fare per essere felice.
Come non perdere tempo e come sfruttare il tempo.
Seneca parlava come se si fosse trovato nel 2000 dopo Cristo e facesse il coach! Dice a Lucilio, il suo amico, vindica te tibi. Gli dice “Aho …. Cazzo fai? Riprenditi la tua vita che è solo tua! E fallo in questo modo: e gli lancia dei ‘pippotti’ sorprendenti! Ma soprattutto già li intorno al 60 d.C. gli scrisse a Lucilio … L’unica cosa veramente nostra è il tempo. Durante la discussione mi è venuto un groppo alla gola, sentivo scorrere sotto la mia pelle il suo pensiero pervasivo! Ti invade sino al midollo. Parlare di tempo, dopo che affronti le malattie ha il sapore dell’eternità … e non vado oltre che mi emoziono.
Poi viene il mare.
“E il mare? Il mare è una medicina naturale, potente, come il sole! Il mare è li anche in inverno, non ha stagioni, ti fermi lo osservi, chiudi gli occhi lo ascolti, lo odori, e poi ti ci tuffi! Gli urlo contro le mie disperazioni, gli affido i miei dolori e lui … sopporta!
Farsi una nuotata, due pagaiate quando il tempo merita! E vedi il mondo da un altro punto di vista! Per me il mare è un generatore di serenità”.

La tua lotta per i diritti dei malati sardi, contro le scelte solo economiche della sanità pubblica a scapito del malato, delle famiglie, ti vedono spesso rilanciato dai media locali. Quanto vivi la sindrome di Don Chisciotte?
“Bella provocazione! Si in effetti a volte mi sento Don Chisciotte, ma … al contrario. Le nostre istituzioni sarde, e non solo, in termini di sanità trascurano alcuni aspetti e non li affrontano pensando che siano dei mulini a vento ma invece sono reali draghi giganti dalle braccia rotanti. E noi sardi le grosse malattie le affrontiamo come si affronterebbero i draghi: diabete, sclerosi, talassemia non è detto che si possano debellare ma molte si possono prevenire o curare meglio.
Ed ecco che mi arrabbio quando usano il paraocchi del borsellino per non affrontare la realtà. L’anno scorso quando stavo finendo gli esami ho avuto uno stop sul mio ritmo a causa dell’irrequietezza che le istituzioni mi hanno generato dimostrandomi per l’ennesima volta la loro totale indifferenza.
Ora, ho cambiato mezzi: uso i social con l’ambiguità che ormai tutti si aspettano, ma non perché sia convinto che questi portino a risultati; ho notato che tanti abbaiano per mostrare i denti che non usano per mordere. Io abbaio e poi mordo e cerco di usare le istituzioni con il loro sistema, rivolgendomi a chi di dovere più direttamente. Risultati? Nessuno però mi arrabbio di meno e son sicuro di aver messo delle tracce, meno visibili sui social, ma più concrete. Forse anche Don Chisciotte voleva ridicolizzare qualcosa o qualcuno col suo fare …

Cosa significa avere con te Mariella, donna che ti conosce da quando eravate ragazzi, che ti sopporta? Supporta?
“Avere una compagna di vita da tanti anni vuol dire tante cose! Vuole dire aver pensato e costruito un progetto assieme, che fra gli alti e bassi della vita personale, di coppia, umana, si rinnova ogni giorno. Sembra retorica ma è proprio come dici tu! Ci supportiamo e sopportiamo a vicenda. Il sopportare è una dimostrazione di fiducia in ogni caso, perché se non volessi più sopportare qualcuno o qualcosa potresti sempre cambiare strada.
L’amore ha strane forme, diverse in ogni momento della nostra vita. Si concretizza nell’accompagnare la vita e i suoi dolori,
e ne ho tanti, ne abbiamo tanti, giorno per giorno. Anche se tanti penseranno male di questa mia citazione in realtà la faccio perché l’amore, che in greco si chiama carità, ha il suo più bel ricordo in Paolo che nella prima lettera ai Corinzi (adoro leggerla e citarla nei matrimoni) conclude dicendo “ora esistono queste tre cose: fede, speranza e carità. Ma la più grande di queste è la carità” ma la conclusione è preceduta da un inno intero alla carità che merita di essere letto o ricordato una volta al giorno.
Un altro passo che accompagna la mia vita da qualche anno, da quando l’ho conosciuta ed imparata, è “Ridere spesso e di gusto” di Ralph Waldo Emerson, più laico del passo di San Paolo (che per inciso potrebbe aver avuto rapporti epistolari anche col mio Seneca) ma che può aiutare a capire alcune cose importanti:
Ridere spesso e di gusto; ottenere il rispetto di persone intelligenti e l’affetto dei bambini; prestare orecchio alle lodi di critici sinceri e sopportare i tradimenti di falsi amici; apprezzare la bellezza; scorgere negli altri gli aspetti positivi; lasciare il mondo un pochino migliore, si tratti di un bambino guarito, di un’aiuola o del riscatto da una condizione sociale; sapere che anche una sola esistenza è stata più lieta per il fatto che tu sei esistito. Ecco, questo è avere successo.
Grazie per avermi aiutato a portare questo messaggio ai più. Le malattie ci tolgono tanto a volte troppo. Concentriamoci su quanto ancora è totalmente sotto il nostro controllo!“