(di Giulia Segna) – Francesca è una giovane ragazza romana di 17 anni, da quel che ricorda i suoi sonni sono sempre stati molto agitati ma solo qualche tempo fa ne ha scoperto il motivo: le è stata diagnosticata la narcolessia, malattia neurologica autoimmune caratterizzata da una eccessiva sonnolenza diurna.

“Nel cervello di chi ne soffre”, spiega Patrizio Ceretelli vicepresidente dell’AIN (Associazione Italiana Narcolettici e Ipersonni), “manca la sostanza dell’ipocretina (o orexina), in grado di stimolare la veglia”.
Il ciclo del sonno è, di norma, costituito da quattro fasi progressive che si ripetono ciclicamente. I primi tre stadi sono detti NON REM e corrispondono al rilassamento graduale fino al sonno profondo, mentre il quarto è noto come REM, quello in cui malgrado si stia dormendo e la muscolatura sia quasi paralizzata, l’attività cerebrale diventa frenetica, il ritmo cardiaco si fa irregolare, il respiro si velocizza. È la fase in cui si sogna.
“Il sonno di un narcolettico non ha un andamento regolare”, afferma Ceretelli, “ma raggiunge con estrema velocità la fase REM. Questo comporta il non riuscire a riposare davvero”. Tuttavia, ironizza, si può dire che “i narcolettici siano dei sognatori!”
All’età di 9 anni, poco prima di cominciare la quinta elementare, Francesca si è trasferita in Svizzera per motivi lavorativi dei suoi genitori.
Il primo giorno di scuola si è addormentata, forse per l’agitazione o l’impatto con la novità, questa era la spiegazione che si era data.
“Nel tempo poi è successo sempre più spesso, non solo in classe ma anche in tanti altri luoghi come l’autobus e la metropolitana, oppure subito dopo essere rientrata a casa”.
La frequenza con cui si verificavano questi addormentamenti improvvisi ha portato lei e i suoi genitori a interrogarsi sul perché, avviando una serie di analisi e accertamenti.
In effetti, una causa precisa c’era: la narcolessia. “I sintomi per rendersene conto”, puntualizza Ceretelli, “sono principalmente gli attacchi di sonno forti e incontrollati e/o gli attacchi cataplettici”, cedimento muscolare a seguito di una forte emozione: una risata, un momento di imbarazzo, una sensazione di ansia.
Francesca spiega a B-hop che il livello che le è stato diagnosticato è piuttosto basso, quindi non è colta da colpi di sonno che la fanno crollare a terra ma si assopisce solo quando è rilassata, per esempio mentre scrive, legge, guarda la TV o fa i compiti. Dopo qualche minuto si risveglia da sola.
“Qualche volta è limitante, ci rimani male a pensare che sei dipendente da uno sciroppo per dormire bene ma almeno sai che ti aiuta a non addormentarti durante la giornata”.
Lo sciroppo è un medicinale che agisce come una sorta di potente sonnifero che Francesca assume ogni sera prima di infilarsi sotto le coperte e a metà nottata. “Lo prendo quando sono già in pigiama, pronta per andare a letto, perché appena fa effetto mi fa praticamente svenire”. La durata è di quattro ore, perciò sa che deve essere precisa con l’assunzione, altrimenti, se sbaglia anche solo di mezz’ora, non si sveglia all’orario in cui dovrebbe.
“Sinceramente non la vivo come un limite ma come una caratteristica che mi rende particolare, ognuno di noi ha pregi e difetti, punti di forza e debolezza; il mio è la narcolessia, mi addormento più spesso di altri”.
Quando è in classe e sente che sta per cedere al sonno, Francesca avverte la compagna di banco chiedendole di svegliarla dopo una decina di minuti se non lo fa da sola.
“Il primo giorno di liceo ho avvertito i professori, almeno non si offendono se mi vedono addormentata mentre spiegano”.
Le scuole sono luoghi molto frequentati dall’AIN, ci tiene a ricordare il vicepresidente, per diffondere informazioni circa il problema e sensibilizzare sia gli studenti che gli insegnanti. Talvolta forniscono consulenze per formulare i cosiddetti PEP, piani educativi personalizzati.

Francesca prosegue: “Riesco a gestirla bene, sia perché ho un grado di narcolessia abbastanza basso sia perché non voglio che sia un ostacolo. Conosco ragazzi narcolettici che hanno dei genitori iperprotettivi, non li lasciano vivere la vita autonomamente per paura che possano essere presi in giro o possa succedergli qualcosa. I miei ovviamente sono preoccupati ma non mi lamento, faccio tutto quello che gli adolescenti fanno normalmente”.
In tante occasioni, riflette ad alta voce, la libertà se la prende da sola perché non vuole essere compatita ma guardata come una ragazza indipendente, attiva, responsabile e organizzata, che pure se giovane ha già capito come convivere serenamente con questa patologia.
***
Questo articolo e tutti gli articoli pubblicati da B-hop magazine sono originali e tutelati dal diritto d’autore. Per chiedere l’autorizzazione alla pubblicazione dei contenuti su altri siti o blog, riproduzione in qualsivoglia forma o sintesi, contattare info@b-hop.it e citare l’autore con link alla fonte.
- Se sei arrivato fino in fondo e ti è piaciuto questo articolo….
- Oppure puoi fare una donazione via PayPal all’associazione di promozione sociale B-hop semplicemente cliccando su questo link: https://www.paypal.me/bhopmagazine