di Mariele Scifo – Irene Arditi è una mamma adottiva, nel suo libro “Profumo di Cucciolo”, racconta e condivide con semplicità e profondo sentimento il lungo percorso di adozione che ha preceduto il magnifico arrivo del figlio Matteo, al quale è dedicato il libro.
“Ho voluto scrivere queste pagine in ricordo di questo momento magico. (…) Per colmare quella distanza che ci ha separati all’inizio per poi farci avvicinare per sempre”.
E’ una storia emozionante ed emozionale quella di Irene, dalla quale si percepisce e si sente il suo vissuto, gli stati d’animo, tutte le sue sensazioni.

Irene è stata operata per endometriosi per ben due volte e nel dicembre 2007, a seguito di un aborto spontaneo, ha deciso insieme al marito Francesco di avviare subito le pratiche per l’adozione. Si è rivolta sia al Tribunale di Firenze, sia ad un ente internazionale per le adozioni, in questo caso l’abbinamento sarebbe avvenuto nel 2010 con un bambino al di sotto dei tre anni.
Dalla lettura del libro traspare il senso di abbattimento e di sconforto, d’impotenza, la stanchezza derivante dalle lungaggini burocratiche e dall’attesa, così come il vivido desiderio di diventare madre. Poi finalmente, nel settembre del 2009, la chiamata da parte del tribunale, che provoca un misto di gioia e paura in Irene e Francesco.
“Ci sono due possibilità legate alla chiamata: un abbinamento oppure un possibile confronto con un’altra coppia nel caso in cui il Tribunale fosse indeciso per l’abbinamento”, spiega Irene, sottolineando: “Il confronto non lo reggerei MAI”.
Eppure la vita di Irene e Francesco, quel settembre 2009, prende una piega diversa; nel treno che prende tutti i giorni per andare a lavoro, Irene si siede dal lato opposto al senso di marcia, per cambiare prospettiva e scrive:
“Voglio mettercela tutta per vedere la vita da un altro punto di vista. Vorrei che fosse la vita, questa volta, a segnarmi la strada da prendere (…). Vorrei poter ritrovare la serenità che da anni non ho più…”
E così, il 17 settembre 2009, arriva Matteo. Un momento magico. Il percorso di gravidanza alternativa si è concluso: per Irene inizia, finalmente, la maternità. La descrizione del primo incontro con Matteo è tenera e delicata, l’emozione di tenerlo in braccio per la prima volta, la paura di fargli il bagnetto e di cambiarlo, le corse per “attrezzarsi” a dovere e accoglierlo in casa, le telefonate ai parenti. Il profumo di cucciolo che Irene respira a fondo stringendo il suo bambino. “Sto abbracciando il mio primogenito. Ho tutto”.
“In un attimo penso che tutto quello fatto fino a oggi aveva un senso. Sapevamo che saresti arrivato tu. Tutto a suo tempo, tutto secondo un grande progetto, per me, quello di Dio. Ho corso tanto e lo sapevo che correvo per te, Matteo”, scrive.

“Ho scritto il libro prima di tutto per lasciare un documento a Matteo affinché potesse conoscere la sua e la nostra storia“, spiega Irene a B-Hop, “però mi piacerebbe che si parlasse di adozione. Vedo che c’è una sorta di abbattimento iniziale da parte delle coppie che mi è capitato di incontrare e conoscere, perché le pratiche sono lunghe e quindi entra in gioco una sorta di rinuncia psicologica ad affrontare l’iter di adozione. Tuttavia, quello che voglio dire con la mia testimonianza, è che la possibilità di adottare anche in Italia c’è. Manca la letteratura, manca un’adeguata informazione circa l’adozione nazionale. Ma ci sono delle associazioni che se ne occupano e ci sono tanti bambini come Matteo che aspettano una mamma e un papà”.
Inoltre, Irene sottolinea il fatto che c’è poca sensibilizzazione sul tema, che bisogna chiedere alle istituzioni di snellire le pratiche e dare un maggiore e migliore supporto alle coppie che vogliono adottare.
“Il mio messaggio però è che si può fare”.

Irene spiega ancora che, dal suo punto di vista, non c’è molta differenza tra adozione e gravidanza naturale, “perché quando desideri un figlio, in qualsiasi modo arriva, è sempre tuo figlio”. Il rapporto che lei ha con Matteo è viscerale, lo ha sentito suo sin da quando lo ha visto la prima volta e sebbene diversi fisicamente, Irene ritrova se stessa o il marito, nella gestualità, nei modi di fare e di essere, negli atteggiamenti del figlio.
Adesso Irene è mamma per tre volte: dopo Matteo infatti, nel 2013 è arrivato, inaspettato, Alessio e poi, nel periodo del lockdown la piccola Aurora. Matteo è stato la chiave di volta, il primo tassello del mosaico, con il suo arrivo ha sistemato ogni cosa.
“L’adozione è un accogliere, un prendere qualcosa dall’esterno e portarlo a se“, dice Irene, “questo arco io l’ho immaginato in orizzontale, come se Matteo fosse passato sotto questo arco, attraverso di noi, e poi dovrà fare il suo percorso. Noi siamo un passaggio, l’abbiamo accolto, lo aiutiamo a crescere, gli diamo gli strumenti per accompagnarlo nel suo percorso e aiutarlo a trovare la sua strada“.
Voi siete gli archi dai quali i vostri figli sono lanciati come frecce viventi. (Khalil Gibran)