di Patrizia Caiffa – I resti di una testuggine gigante che risale a circa 12.500 anni fa sono stati scoperti nei giorni scorsi in Sicilia, in un’area funeraria attribuibile all’età del Rame ubicata a circa 15 metri di profondità nella grotta chiamata Zubbio di Cozzo San Pietro, a Bagheria, in provincia di Palermo. La nuova specie è stata chiamata ‘Solitudo sicula’. Potrebbe essere stata portata all’estinzione dai primi abitanti della Sicilia.
Il lavoro è stato coordinato dal Massimo Delfino, del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Torino, in collaborazione con un team internazionale che include l’Università di Palermo, musei ed istituti di ricerca in Argentina, Germania, Polonia e Spagna.
Testuggini di grande taglia hanno abitato l’Europa continentale e insulare per milioni di anni. Alcune avevano una taglia simile o superiore a quella delle testuggini che ancora abitano l’Atollo di Aldabra, nell’Oceano Indiano, e l’arcipelago delle Isole Galápagos, nell’Oceano Pacifico.
La Sicilia ha ospitato testuggini giganti con il guscio lungo circa un metro durante il Pleistocene medio, fino a circa 200 mila anni fa. Resti di questo tipo sono esposti al Museo Civico di Storia Naturale di Comiso e al Museo Geologico Gemmellaro di Palermo.

Ora, grazie agli scavi condotti dal gruppo di lavoro di Luca Sineo, dell’Università di Palermo sono stati portati alla luce alcuni resti di una testuggine di grande taglia il cui guscio raggiungeva probabilmente i 50-60 centimetri.
Analisi al radiocarbonio dei resti della testuggine hanno rivelato che era in vita circa 12.500 anni fa, molto prima che la grotta fosse interessata dalle attività funerarie. Da ciò che si deduce che potrebbe essere stata portata ad estinzione per cause umane.
La presenza di un femore molto ben conservato ha consentito di confrontare le caratteristiche morfologiche della testuggine di Bagheria con quella di tutte le testuggini viventi e fossili del Bacino Mediterraneo e di stabilire che si tratta di una nuova specie che ha richiesto anche l’istituzione di un nuovo genere.
Il materiale è stato attribuito a ‘Solitudo sicula’, un nome che allude alla rarità e alla “solitudine” delle ultime testuggini di grandi dimensioni del Mediterraneo.

“Il ritrovamento di questi resti rappresenta una sorpresa veramente inaspettata che apre nuove prospettive per la ricerca scientifica e quindi per la conoscenza del patrimonio naturale e culturale siciliano”, spiega Gianni Insacco, Direttore scientifico del Museo di Comiso.
“Solitudo sicula è per noi ancora un enigma in gran parte da sciogliere perché sino ad ora abbiamo avuto accesso ad un numero molto limitato di informazioni”,
ammette Massimo Delfino, del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Torino: “Sebbene si tratti di materiale relativamente recente, l’estrazione del DNA antico non ha dato risultati utili a comprendere le sue relazioni di parentela con le specie attualmente viventi”. Delfino auspica “che possano essere ritrovati altri resti in ulteriori campagne di scavo”.