di Massimo Lavena – La presentazione di un libro è sempre un terno al lotto: conosci l’autore, non conosci l’autore, ne sei amico, ti piace come scrive, lo detesti, ti ha invitato, ci saranno quelli seri, ci saranno i parenti che ti chiedono se sei un compagno di scuola, e ti chiedono dove apparirà il tuo pezzo. Ancora peggio se si tratta della presentazione di una raccolta di poesie, per cui si teme di non riuscire a penetrar lo spirito dell’autore..
Il caldo pomeriggio del 6 luglio scorso, nella storica sala Marconi della Radio Vaticana, in molti ci siam messi, curiosi e ben disposti, ad ascoltare: ed ecco che si è aperto un mondo di suoni e colori che ci hanno rimandato, apparentemente, indietro di un secolo.
La sapida penna del giornalista della Radio Vaticana Alessandro De Carolis, ha partorito una raccolta di sonetti in romanesco: “Antre storie d’ommini e bestie” è il titolo della raccolta, pubblicata per i tipi dell’editore “L’Erudita”.
L’arguta flemma del giornalista Eugenio Murrali ha moderato gli interventi: dall’introduzione del direttore editoriale del Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede, Andrea Tornielli, passando per una selezione di sonetti letti in sala dall’attrice Giulia Greco e commentati dalla poetessa e scrittrice Maria Grazia Calandrone, per giungere a Andrea Monda, direttore de “L’Osservatore Romano”, tutti si sono trovati concordi nel rilevare l’importanza dell’uso del romanesco, come ai tempi der sor Trilussa. Sono parole in romanesco, che scavano nel profondo dell’anima contemporanea dei romani e richiamano il grande poeta nel modo e nella maniera.
Di Trilussa – al secolo Carlo Alberto Camillo Mariano Salustri – nel 2020 ricorrevano i 70 anni dalla morte e nel 2021 si celebrava il 150mo anniversario della nascita: entrambi passati sotto un cupo silenzio, fiaccati anche loro dalla pandemia.
Pochi avvenimenti, nessuna commemorazione ufficiale. In pochi hanno voluto omaggiarlo: tra questi il nostro ospite in Sala Marconi, Alessandro De Carolis, che alla sua diuturna professione di giornalista, affianca una grande passione per la cultura latina e il periodare nel vernacolo romanesco.
“Spaparacchiato a l’ombra di un pajaro” è uno spettacolo teatrale per voce recitante, chitarra, flauto traverso e voce cantante, che Alessandro, con le figlie Cristina e Valeria e Lorenzo Sorgi, ha realizzato nel dicembre 2021 per il teatro De Documenti di Roma, nello storico Monte de’ Cocci di Testaccio, quartiere amato dal grande poeta.
Il merito di Alessandro è stato quello di farsi assorbire totalmente dallo spirito vernacolesco di Trilussa, e la sua produzione “nova” è una sorta di prosecuzione sulla via dell’osservazione dei ritmi, dei suoni, delle parole di quella Roma, città che non smetterà mai di irridere un fato avverso e ridere della fortuna improvvisa.
La sfida di Alessandro, che ama le battaglie controvento e picaresche, perché giuste e naufragate in una isola deserta del sogno – come la conduzione dell’appuntamento settimanale in latino della programmazione della Radio Vaticana “Hebdomada Papae“-, trova nei sonetti di Trilussa una strada lastricata di travertino per raccontare parole, opere e omissioni di un popolo di Roma aggredito ma non vinto dal Covid.
“Antre storie d’ommini e bestie” richiama il titolo della storica raccolta “Ommini e Bestie” che Trilussa scrisse nel 1914, descrivendo in maniera compassionevole e graffiante la vita di un capitale d’Italia che guardava al mondo sull’orlo della crisi mondiale.
Queste “Antre Storie” decaroliane si dipanano divise in quattro parti:: “Er calendario de la quarantena“; “Favole e cose“; “Cose de lissù“; “Cose de quaggiù“, capitoli di un viaggio tra paure, sarcasmo, sogni infranti e speranze, condite di quell’irridere al fato che ha reso possibile la sopravvivenza della romana storia agli antichi, moderni e contemporanei Attila.
Il dialetto, apre naturalmente all’ironia. Quello romano è dissacrante: perché il popolo de’ Romani da millenni ha visto di tutto. Ora pure la pandemia. E la pandemia , come in un incrocio magico, si apre all’arguzia romanesca, allo spirito di chi è conscio che dalla vita sorprese potrà sempre averne.
Parlando di poesia non si può non parlare della forma: il sonetto. Con le rime libere, baciate, alternate.
La poesia è desiderio di volare nonostante le cadute, nonostante la dura realtà della vita: come un calabrone che vola verso i fiori per prenderne il polline, si carica e cade e poi rivola, e poi cade e prova ancora una volta a volare e i suoi peletti sul dorso si riempiono di quel polline che quando è troppo ancora una volta lo butta giù.
La scrittura dialettale è la più vera, la candela che si vanta di esser vera anche se si trova dentro una bugia: è sarcasmo pieno di grazia, ha evidenziato Maria Grazia Calandrone, compassionevole nel senso etimologico del termine.
E nella poesia dialettale i toni, anche se amari, son pieni di consapevolezza. E secondo Andrea Monda è indubbio che Alessandro abbia come musa ispiratrice Trilussa, perché “c’è una tradizione”.
Per Monda “La poesia accompagna, riscalda e addolcisce le cose degli uomini”. Un aspetto che risalta è la storia personale di Trilussa ed il suo rapporto coi suoi papi che raggiunse il climax nell’udienza concessagli da Papa Pio XII il 4 luglio 1943, quando il Pontefice disse paternalmente al poeta: “Si rammenti che lei può fare tanto bene“.
E anche Alessandro ha un rapporto stretto coi suoi Papi, come “Sonatore ambulante, cantastorie mai di se stesso, compositore peripatetico”, ha ricordato Monda, citando il padre gesuita redattore della Civiltà Cattolica, che così definiva Trilussa.
La ricerca delle ispirazioni dalla strada, dalla vita quotidiana, aver scavato dalla miniera della realtà la quasi esclusività della sua ispirazione ha fatto sì che la vita, nonostante il male, rinasca in un sorriso.
C’è l’anima motteggiatrice del romano, in Alessandro De Carolis, e a tratti si senton risuonare le parole di Trilussa: “io sono uno che crede con difficoltà“.
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ALESSANDRO DE CAROLIS – Antre Storie d’ommini e bestie
L’erudita editore – di Giulio Perrone editore