di Margherita Vetrano – Settembre, la scuola è ripresa tra dubbi e perplessità. Molti istituti scolastici sono ancora work in progress, le famiglie in apprensione e resta un grande punto interrogativo sul futuro.
In molte regioni italiane si è da poco conclusa la prima settimana scolastica e molte altre partiranno nei prossimi giorni.
Com’è andato questo esordio “mascherato”?
Lezioni in presenza fino al liceo e in remoto all’università anche se la regola non è fissa: ”Ogni ateneo decide liberamente” racconta a B-hop magazine Alessandro, iscritto al secondo anno di Economia all’Università di Torvergata, Roma.
“Fare lezione da casa non è la stessa cosa”, confida con un sorriso malinconico. “Sembra tutto uguale ed è più pesante. Il contatto coi colleghi di studi è tutta un’altra cosa ed alleggerisce l’impegno!”
Al contrario degli atenei, a scuola i ragazzi frequentano in presenza ma attenendosi a rigide regole.
Ogni istituto ha provveduto a comunicare alle famiglie le regole sanitarie da osservare in classe e prima di arrivare, per ridurre i rischi di contagio.
Misurazione della temperatura corporea, dotazione della mascherina e distanziamenti sociali sono i pilastri di questa nuova ripartenza che, seppur con fatica, vengono rispettati.

Se al liceo la voglia di socializzazione può minare l’osservanza delle regole, nelle scuole di livello inferiore la tenera età rischia di far perdere di vista gli obiettivi.
Non è facile impedire ai bambini di abbracciarsi o tenere per mano l’amico del cuore.
Le famiglie devono informare e preparare gli scolari ma la responsabilità nel far rispettare le regole ricade sugli insegnanti, già impegnati nei giorni precedenti alla riapertura, nell’allestimento degli ambienti.
Hanno trascorso ore a riordinare e svuotare le aule rinunciando ad armadi e cattedre, per avere classi in cui poter rispettare le distanze necessarie.
“Abbiamo chiesto di rimuovere un tramezzo che separava due classi, per ottenerne una unica”, racconta Manuela, maestra in seconda elementare all’”I.C. via Messina” di Roma: “l’idea di dividere i bambini ci è stata insostenibile. Dovevamo trovare una soluzione!”
“Sono stata dichiarata idonea con prescrizione”, spiega Stefania, insegnante fragile dello stesso istituto comprensivo, che ha lavorato in attesa della visita per non far perdere nemmeno un giorno ai bambini.
Un fardello più pesante per gli insegnanti che non per gli studenti.
E i disabili? Per loro il fardello può diventare un macigno!
Molti hanno iniziato senza insegnanti di sostegno.
Il Ministero della Pubblica Istruzione è indietro con le nomine e in classe non hanno assistenza.
E’ il caso di Edoardo, 7 anni.
Per il primo periodo in attesa dell’assistente alla comunicazione definitiva e dell’insegnante di sostegno, ha frequentato affidandosi alle protesi acustiche e alla solidarietà di compagni ed insegnanti che si fanno carico di un compito arduo e non dovuto senza incarichi, in silenzio, per amore.
Lui, come tanti altri bambini più bisognosi che finirebbero in fondo alla lista, grazie al supporto di insegnanti e famiglie ha l’opportunità di partecipare alla vita scolastica.

La scuola riprende tra dubbi e perplessità ma il grande cuore di chi non abbassa la guardia e difende i diritti dei bambini è più forte di ogni altra cosa.
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