di Massimo Lavena – Era la metà degli anni ’70 del XX secolo, e la Rai, sul Primo canale nazionale, trasmise, in varie tappe, la stupenda trilogia di documentari sulla vita degli animali del regista Frederic Rossif. La prima serie si intitolava L’Apocalypse des Animaux. A seguire vennero Opéra Sauvage e alla fine la Féte sauvage.
Rimasi stupito dalla meraviglia delle immagini, ma venni travolto e coccolato dalla musica che mi stringeva come le spire di un anaconda, immergendomi completamente nella storia narrata da Rossif. Fu così che Evangelos Odysseas Papathanassiou, in arte Vangelis, entrò nella mia vita.
Ricordarlo, all’indomani della sua morte – il 17 maggio 2022 – vuol dire viaggiare all’interno di un mondo interminabile di suoni e sogni.
Tutto iniziò con questo brano.
La musica di Vangelis, come per altri grandi autori, non lasciava e non lascia indifferenti. Come altri compositori e musicisti, sono soliti dire, o ti piace o ti fa schifo.
Con la sua musica elettronica Vangelis riempiva tutti gli spazi dell’ascolto sia quando componeva in libertà le sue suites dai temi più disparati, come Heaven and Hell, o Spiral, per citarne alcune epocali, sia quando dedicava le sue note ad accompagnare l’immagine in movimento, che si trattasse di film, documentari o pubblicità.
Ecco che lo spirito delle note vangelisiane ha nobilitato nella stessa maniera le scene di Opera Sauvage di Frederic Rossif, come la storica pubblicità con la bimbetta con lo scaccia-acqua giallo che rientra a casa e trova un bel piatto fumante di pasta che l’attende.
Ci ha fatti correre a perdifiato con una muta di cani tra le gelate spianate di “Antarctica” o inginocchiare tremanti sulla spiaggia di Hispaniola mentre Cristoforo Colombo piantava la croce ed il vessillo dei cattolicissimi Re di Spagna.
Ha saputo disegnare i suoni dell’universo in quel capolavoro di “Spiral”, dove ogni brano lancia il successivo in una evoluzione musicale galattica, con suoni pulsanti e buchi neri tonitruanti.
Con una produzione smisurata, rari concerti epocali, Vangelis non ha mai abbandonato la sua origine: quegli Aphrodite’s Child, partiti dalla Grecia e fermati dalla sorte in Francia, dove ottennero fama e gloria con la canzone “Rain and Tears”, che divenne quasi un inno del maggio francese nel ’68, venendo trasmessa in continuazione quasi a significare la lotta dei giovani per appropriarsi del proprio destino.
La musica di Vangelis con il suo organo hammond usato nell’estremo delle possibilità musicali, creava un tappeto celestiale per la voce potente, e spesso esaltata da un falsetto prodigioso, dell’altro pilastro del gruppo, Demis Roussos, morto nel 2015.
Il terzo componente del gruppo, Loukas Sideras era il batterista, che per quasi 4 anni riuscì a fare da collante tra i due istrionici compagni.
Tre anni di successi nei quali le strade però si divisero, non definitivamente, se è vero che Vangelis compose delle musiche per alcune canzoni di Roussos nella sua lunga carriera, ed il cantante partecipò con la sua voce ad alcuni brani portanti del capolavoro assoluto di Vangelis, la colonna sonora del film d Ridley Scott “Blade Runner”.
Vangelis ha sperimentato tanto e con tanti cantanti ha lavorato per provare nuove vie musicali.
Con uno in particolare ha saputo esprimere al meglio l’intreccio voce – musica elettronica, ed è stato Jon Anderson, storico cantante dalla voce da contraltista degli Yes, epico gruppo rock-progressive britannico.
Il rapporto tra Vangelis e Jon portò alla produzione di una serie di dischi che a distanza di oltre 40 anni recano ancora il timbro della monumentalità sonora della fusione tra la musica e la voce dei due autori.
E con la celestiale “So Long Ago, So Clear” dall’album “Heaven and Hell” del 1975, resta solo da poggiare il vinile sul piatto, chiudere gli occhi, mettersi comodi, e far partire le note.
Grazie Vangelis, buon viaggio tra le note del cielo.