di Massimo Lavena – Pechino 2022 – Giochi della XXIV Olimpiade invernale. Sono le lacrime dei vincitori e degli sconfitti, le lacrime dell’emozione e dell’orgoglio, le lacrime del dolore e della rabbia, che sempre accompagnano gli atleti dei Giochi Olimpici.
La sfida cinese è stata vinta. E mentre con la cerimonia conclusiva si pone l’accento sull’ottima organizzazione (nonostante alcuni problemi di non eccelsa tecnicità delle piste e di qualche errore programmatico meteorologico) e sulla eccellente competitività degli atleti, oltre che sulla ospitalità dei volontari, iniziano le analisi dei risultati.
Saltano agli occhi gli exploit delle squadre norvegese e tedesca, che hanno rispettivamente dominato nello sci di fondo e nel biathlon e negli sport meccanici (bob, slittino e skeleton) e che conducono la classifica delle medaglie con 16 e 12 medaglie d’oro.

L’Italia degli sport invernali torna a casa con 2 ori e complessive 17 medaglie (comprese 7 d’argento e 8 di bronzo).
Se è vero che è il secondo risultato numerico di sempre dopo l’epica edizione norvegese di Lillehammer, con gli azzurri che portarono a casa un bottino complessivo di 20 medaglie: ma allora furono ben 7 i primi posti e le corrispettive medaglie d’oro.
A Pechino l’Italia ha collezionato un gran numero di quarti e quinti posti, ma anche alcune debacle difficili da commentare.
Se in termini di numero il successo pechinese dovrebbe comunque far sorridere, alcuni aspetti andranno affrontati rapidamente in vista dei Giochi casalinghi di Milano-Cortina 2026.

Sci alpino maschile fallimentare e senza ricambi; sci femminile vincente ma spaccato; sci di fondo verso il baratro maschile, aggrappato al solo eroico Federico Pellegrino; sci di fondo femminile già sprofondato da tempo e letteralmente spazzato via; incomprensioni e diktat nello short track, minacce di ritiro e affermazioni incendiarie, sport comunque capace di portare uno scrigno fatto di 4 medaglie (un oro, due argenti e un bronzo); età media elevata con poche speranze di continuità atletica sino al 2026; strutture inadatte e poca partecipazione nel bob, un tempo fiore all’occhiello dello sport e della tecnologia italiane; slittino falcidiato dal Covid, e con risultati ben al di sotto delle possibilità evidenziate nel periodo pre-olimpico; pattinaggio artistico femminile da incoraggiare e maschile da far crescere ancora per aspirare alla gloria olimpica; curling gioie inaspettate con l’oro del doppio misto e errori su cui costruire la speranza d’oro fra quattro anni nella competizione a squadre
Quindi se l’Italia deve gioire per aver ottenuto medaglie da ben 8 discipline, dimostrando una grande multidisciplinarietà, deve rapidamente ragionare sull’età media molto alta e sul ricambio inesistente in troppe discipline.
4 anni per inventare qualche cosa e in fretta. Gli altri Paesi hanno dei feudi inamovibili: 16 medaglie la Germania tra bob, slittino e skeleton, la Norvegia 22 medaglie tra tra fondo e biathlon.
All’Italia servirà uno sforzo economico e progettuale non indifferente. Per ora facciamo festa ma non è tanto l’oro che luccica.
Nel vero senso della parola. Perché, purtroppo ciò che lampeggia maggiormente sono le polemiche che hanno caratterizzato la partecipazione italiana ai Giochi pechinesi.
Lo stufato di lagnose parole tra Federazione e Arianna Fontana, danno ragione a qualcuno e torto a qualcun altro. Lei è l’eroina assoluta della storia dello sport invernale italiano, suo è il record di allori con le 11 medaglie totali in 4 edizioni di Giochi nello short track.
Il risultato personale e di squadra danno ragione a Arianna Fontana. Ma invece di ponti d’oro da noi si fabbricano ponti di stallatico rancido. Arianna Fontana sono 16 anni che gira nella pista corta, e prende colpi, scivolate, e soprattutto allori ovunque.

Le polemiche hanno sinceramente stancato. Interventi a gamba tesa che non tengono in considerazione l’aspetto umano e la fatica.
Tal quali quelli della penosa disquisizione sulle incomprensioni caratteriali tra le due principesse dello sci alpino italiano, Federica Brignone e Sofia Goggia.
E qui siamo all’esplosione innaturale dell’intromissione mammaria tipicamente italica, ma di una italietta penosa e provinciale. Quanto può essere patetica una mamma ex atleta dell’antica Valanga Azzurra, ed oggi giornalista, Ninna Quario, che attacca quella che ai suoi occhi dovrebbe essere la nemica della figlia, quella che le fa ombra, con affermazioni pubbliche che in tempi antichi sarebbero state lavate con il guanto gettato del duello all’ultimo sangue.
Grazie a Dio le due atlete han dato esempio di maggior saggezza e sagacia del querulo chiacchiericcio da angiporto quariano.

Ci attendono 4 anni in cui si dovranno dare altri esempi e stimoli ai giovani atleti italiani che aspirino a diventare portacolori azzurri ai XXV Giochi Olimpici invernali di Milano-Cortina 2026.
Servirà, da parte del CONI, un progetto di speranza e di conferma: speranza che tutti i componenti dello sport invernale italiano siano compatti nel lavorare per dar lustro all’Italia e non solo a una federazione o a un’altra, con un controllo severo per evitare sforzi buttati al macero per gelosie e pretese di potere.
Conferma delle potenzialità e dei successi di alcuni campioni che non debbono più essere rappresentanti di una “riserva indiana”, ma fari che indichino la strada a nuove generazioni di campioni. Sarà così in tutti i Paesi.
E a Cortina ci dovrà essere una bambina russa, Kamila Valieva, derubata della gioia dello sport, della sua bravura, della sua innocenza dalle logiche spietate della vittoria a tutti i costi. Dovrà essere bastonato ed espulso da ogni agone sportivo chi ha giocato sporco col doping sulla pelle di una quindicenne. Avrà 19 anni a Milano-Cortina. Le sue lacrime odierne dovranno tramutarsi in sorrisi.