(di Margherita Vetrano) – C’è stata molta ansia nelle ultime settimane riguardo alla possibilità di riaprire le librerie. Librerie aperte sì o no, i librai divisi da Nord a Sud, in una lotta mediatica che ha coinvolto tutto il Paese.
Il decreto del governo parlava chiaro: ”Le librerie riapriranno il 14 aprile” ma poi la data è slittata al 20.

Da poco più di una settimana, indipendenti o no, tutte le librerie e cartolibrerie hanno avuto via libera alla riapertura.
Bisognerà osservare delle norme di sicurezza:
- sanificare gli ambienti due volte al giorno;
- garantire le distanze di sicurezza;
- non far accedere più di due persone alla volta;
- utilizzare scudi, guanti e mascherine da fornire in dotazione anche ai clienti.
Ma in molte librerie per motivi ambientali questo è praticamente impossibile.
Riaprire è una possibilità e infatti alcune hanno mantenuto la saracinesca abbassata.
“Ho fermato l’attività agli inizi di marzo, un giorno prima dell’obbligo di chiusura per decreto, perché il rischio non era assolutamente ripagato dall’incasso” racconta Gina Truglio a B-hop magazine.

L’elegante libraia titolare della Ubik di Lucca, nella centralissima Fillungo, ha le idee molto chiare sulla posizione da tenere.
Per lei riaprire è un errore economico e di sicurezza: ”Le norme sono difficilmente applicabili e il c’è il rischio di lavorare in un mercato senza clienti. Sono delle premesse assurde per riaprire!”
“Sono curiosa di sapere quanti andranno in libreria dopo che avremo riaperto, visto che di clienti ne vedevamo pochi anche prima del Covid”, afferma ironica.
“Una decina di anni fa la mossa commerciale di lanciare le vendite on line con sconti del 15-25 % ci ha messi in ginocchio e da allora
quelli di noi che non hanno chiuso stanno lavorando per pagare i debiti.
Mi sento consegnata alle banche perché senza un prestito sarà impossibile rimanere in piedi in un Paese spaventato, dove le persone a stento si recano a far la spesa. La ripresa sarà lentissima”.
La libreria di Gina è rimasta chiusa ma la sua pagina Facebook è più attiva che mai.
“Continuiamo ad essere a disposizione dei lettori come consulenti per non perdere il rapporto, ma non è una soluzione!”
Sono in molti a pensarla come lei ma altrettanti ad aver riaperto i battenti.

Davide Vender, titolare della libreria Odradek, a Roma, è stato ben lieto di tornare al lavoro il 20 aprile.
“Riaprire vuol dire tornare a vivere, riappropriarsi di un barlume di normalità e gioire del saluto di un cliente, anche se da lontano”, sono queste le parole con le quali esordisce.
“Sento grande la responsabilità civile e culturale di non restare nell’ombra. Far riaprire le librerie, alla stregua di farmacie, banche e supermercati, eleva il libro a ‘bene essenziale’ e come tale va trattato. Non possiamo privare le persone del nostro servizio!”
Certo la sua libreria, abituata ad eventi e presentazioni, porto sicuro per appassionati e curiosi, dovrà riprendere con una routine molto diversa dalla precedente.
Ma sarà pur sempre un inizio. Quanto coraggio e quanta passione in queste affermazioni.
Ma dov’è la verità? Forse nel libero arbitrio di aprire oppure no, dopo che il Governo ha sdoganato il diktat di chiusura.
Nessuna delle posizioni può essere encomiabile né denigrabile poiché in entrambi i casi il percorso non sarà semplice e richiederà tutta la grinta di cui saranno capaci.
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