(di Agnese Malatesta) – Essere ricoverato in reparto infettivo e sentirsi un malato “itinerante”. Già perché Aniello, 55/enne bergamasco, nella sua esperienza di paziente affetto da Covid-19, durante la sua permanenza in ospedale, ha incontrato – come fosse in un viaggio – tanti dialetti e tante lingue.
Erano i dialetti e le lingue di quei medici e quegli infermieri giunti da tutta Italia, perfino dalla Russia, a supportare gli operatori nazionali ormai logorati dal drammatico superlavoro.
“Ad ogni cambio di turno avevo personale sanitario di diverse regioni e mi sembrava di essere itinerante”, spiega a B-hop.
Di questi professionisti, di queste persone, Aniello parla come fossero dotati di virtù eccezionali: non solo competenze medico-sanitarie ma anche umane.
Per lui, i sintomi della malattia sono arrivati a metà marzo, con essi la difficoltà di respirare; il ricovero in ospedale, la decisione dei medici di ricorrere al C-Cap; poi con il miglioramento delle sue condizioni, è stato trasferito all’ospedale costruito a Bergamo dagli alpini e lì è avvenuto l’incontro con i tanti dialetti.
L’incontro con il conforto che ha ricevuto.
“In terapia intensiva mi sentivo un astronauta, il casco mi ha salvato la vita”.
“In quei giorni mi sono buttato giù: ho avuto paura di morire, addirittura non volevo addormentarmi la sera. Ho pianto tanto e ho iniziato a pregare il mio papà, venuto a mancare nel 2005. Sono sicuro che se oggi sono qui è anche per merito suo”.
Ora Aniello, dimesso dall’ospedale, è ospite dell’Hotel Bes di Mozzo (Bergamo), la struttura alberghiera convertita per assistere, gratuitamente, per due settimane, persone guarite da Covid19 ma ancora positive.
Una struttura – che può accogliere 90 persone impossibilitate a rientrare in famiglia – frutto della collaborazione della Fondazione Insieme con Humanitas e l’ong CBM Italia Onlus.
“Anche qui – dice – ho trovato persone squisite. Tutti hanno messo davanti alla professionalità l’aspetto umano. Mi sono sentito capito nel mio disagio. Cercano di aiutarmi e di rendere il periodo meno brutto possibile. Li definisco angeli sulla terra senza ali”.
Tra qualche giorno, dopo i controlli di routine in corso per verificare la negatività al virus, Aniello tornerà a casa dove ad attenderlo ci sono la moglie e la figlia, che ha potuto vedere finora il giorno di Pasqua nel parcheggio dell’Hotel dalla finestra.
“Dopo 33 anni che conosco mia moglie è la prima volta che siamo stati distanti un mese: è stato bruttissimo. Quando mi hanno detto che sarebbero venute a trovarmi entrambe mi sentivo come un quindicenne con le farfalle nello stomaco”.
“Non vedo l’ora di poterle riabbracciare. Sono sicuro che piangerò come un bambino ma stavolta piangerò di gioia”.
CBM Italia Onlus è un’organizzazione umanitaria che da oltre 110 anni è impegnata nella prevenzione e cura della cecità evitabile nei Paesi in via di Sviluppo.
In Italia, nell’emergenza coronavirus, sta collaborando al progetto per l’accoglienza all’Hotel Bes di Mozzo che prevede anche l’erogazione di alcuni servizi tra cui la sorveglianza sanitaria di medici ed infermieri, la fornitura dei pasti e lo svolgimento delle pulizie, il supporto psicologico a distanza.
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