di Massimo Lavena – Mentre le strade d’Italia si colorano ancora per pochi giorni di rosa, in attesa di incoronare il trionfatore dell’edizione 2021 del Giro d’Italia, le vicende raccontate dalle strade si intrecciano, sempre più spesso con la vita reale del Paese.
Tra i pedali dei ciclisti intenti a combattere salite, discese e pianure sfiancanti si è stagliata prepotente la figura scolpita nelle rocce andine della Colombia di un campione sorridente e sfrontato come solo i grandi dominatori del pedale sanno essere: il suo nome è Egan Arley Bernal Gómez, per tutti Egan Bernal.
Non è uno sconosciuto per gli appassionati: nel 2019 ha trionfato al Tour de France ed aveva giurato che anche il Giro d’Italia e la Vuelta d’España sarebbero stati suoi.

Ci entrerà, il buon Bernal, nel ristretto consesso dei trionfatori nelle tre più importanti corse a tappe al mondo, così differenti tra loro e ciascuna con il proprio fascino: il Tour, una ricca, colorata, espressione della grandeur tipica francese, dove i soldi girano, e negli anni si son coperti tanti scandali, che può permettersi una prima settimana noiosa e fatta solo per i velocisti in attesa o delle Alpi o dei Pirenei; il Giro, con i suoi mille borghi nascosti, con le salite d’altri tempi come il Mortirolo o il Giau, capace di proporre tappe tra gli ulivi e poi di ritrovarsi (dannato clima pazzerello maggiolino) in mezzo ad una tormenta di neve, con strade bianche e scollinamenti dal monte al mare; la Vuelta, che un tempo godeva del fresco settembrino e dei venti dell’Atlantico mentre oggi suda copiosa sul finire d’agosto, tra aspre salite pirenaiche e desertici trasferimenti andalusi.

Il condor Bernal si pone alla caccia dei grandi campioni che hanno dato lustro al ciclismo: nomi che sono divinità universali assurte alla gloria, tra le curve dello Stelvio e il sole accecante del Mont Ventoux, tra le rotatorie del Pays de Loire e le aspre coste Galiziane.
Sono solo sette, e molti grandi campioni, vincitori seriali di classiche come la Milano-Sanremo o plurivincitori del Tour, non ci sono riusciti, respinti a volte da una crisi di freddo sul Passo Gavia o da una foratura nei grandi campi coltivati della Valle del Rodano.
Egan Bernal, con la quasi certa vittoria dell’edizione n° 104 della Corsa Rosa sfida Jacques Anquetil, Eddy Merckx, Felice Gimondi, Bernard Hinault, Alberto Contador, Vincenzo Nibali Chris Froome. Solo loro, solo loro sette hanno saputo dominare le tre grandi corse a tappe: due francesi, due italiani, uno spagnolo, un belga e un keniano naturalizzato britannico ai quali, presto, si unirà Bernal.
Lo dicono le strade, lo dicono i tifosi che sia in Francia sia in Italia si sono innamorati del piccolo corridore colombiano capace di scatti furibondi in salita e di un grande gamba da passista in pianura.

Il Giro d’Italia è popolare, è della gente dei paeselli attraversati che organizzano traguardi volanti spesso pagati in natura, che vanno a rimpinguare i bottini delle squadre.
Il Giro d’Italia è fatto dal corridore che scatta chiedendo il permesso al gruppo per salutare la mamma, la zia o la moglie incinta che lo attendono commossi qualche chilometro più avanti.
Il Giro d’Italia è dentro la vita quotidiana del nostro Paese, e si chiude nel dolore per le tragedie che lo colpiscono: e allora, davanti al disastro della funivia del Mottarone, gli organizzatori hanno deciso di non far passare il Giro lungo l’ascesa verso quella montagna, per rispetto del dolore delle vittime e di una intera comunità sconvolta.
Il Giro d’Italia è fatto dai nomi dei classificati nelle varie tappe, testimoni di una babele di lingue e paesi ma che sono una bellissima cantilena: come quella che faceva il compianto telecronista Adriano De Zan, che conosceva tutti i nomi di tutti i girini e li riconosceva a centinaia di metri di distanza per come pedalavano o per come tenevano il cappellino o per come bevevano dalla borraccia. Quanto ci manca Adriano De Zan, con le sue telecronache eleganti e mai strillate: siamo sicuri che dal cielo starà applaudendo le gesta del piccolo grande corridore colombiano e lo spingerà, con il suo appoggio spirituale, verso il trionfo di Milano, davanti al Duomo, domenica 29 maggio.
Evviva il Giro! Evviva Bernal!