di Agnese Malatesta – Gino Strada è morto oggi, a 73 anni. E’ la sua sfida che oggi ricordiamo, quella di avversare in tutti modi la guerra e lavorare per garantire diritti per tutti attraverso il primo dei diritto, quello alla salute, senza compromessi ed espedienti. Una sanità che deve essere sempre pubblica perché accessibile a tutti.
Nel maggio 2007 Gino Strada era in Sudan, a Karthoum. A dare vita all’ultima eccellenza di Emergency: l’ospedale specializzato in cardiochirurgia chiamato ‘Salam’, ‘pace’ in arabo. Una struttura sanitaria che il chirurgo italiano – già noto per curare vittime di guerra in paesi che vivono in conflitti armati – aveva cocciutamente voluto, noncurante di chi gli diceva in Africa si muore di fame, perché utilizzare tante risorse per un ospedale così specializzato?
“Perché tutti – era l’idea di Gino – hanno diritto a cure adeguate quando stanno male”.
“Crediamo – disse in occasione di quella inaugurazione – che la scelta del centro di eccellenza sia la strategia giusta. E’ fondamentale perché genera a sua volta risorse umane, scientifiche e materiali. In una Regione che è tre volte l’Europa e dove c’è una popolazione come quella degli Stati Uniti, non pensiamo di coprire i bisogni ma di dare un segnale forte. L’altro giorno mentre fuori c’era una tempesta di sabbia che non si ricordava da anni, noi eravamo in sala operatoria per un intervento a cuore aperto. Questo centro servirà l’Africa”.
Ricordo che era felice ed orgoglioso Gino quel giorno. Come non esserlo, del resto, nel presentare ad autorità locali, operatori, volontari quel gioiellino che aveva richiesto uno “sforzo immane” ed ora era a disposizione di tanti malati africani. Gino non era sereno. Era reduce dalle impegnative trattative per la liberazione di Daniele Mastrogiacomo, il giornalista rapito in Afghanistan, ed i servizi segreti afghani avevano in mano ancora il suo collaboratore Rahamatullah Hanefi, liberato qualche settimana dopo. La tensione e l’impegno per questa liberazione erano palpabili.
Nonostante questo, il ‘Salam Center’ era il protagonista di quei giorni. In questa “sfida possibile”, come la definì lui stesso, c’è il pensiero di vita dell’uomo che nel 1994, insieme alla moglie Teresa Sarti ed alcuni amici, fondò Emergency, un pilastro dell’intervento umanitario. Milioni di cure prestate gratuitamente, strutture ed operatori eccellenti e qualificati in tanti paesi del mondo, spesso dimenticati. E da qualche anno anche in Italia.
Gino aveva uno sguardo profondo, carismatico. Si presentava con la sigaretta in mano, il passo cadenzato; pensieroso, forse preoccupato o ansioso per quella pace che non vedeva arrivare mai.
La sua vita è testimonianza di coerenza e generosità eccezionali; a volte burbero ed impulsivo nelle conversazioni – spesso con i giornalisti, dai quali non sempre si sentiva compreso- come lo sono le persone che si sentono forti di un’idea di giustizia che va rivendicata senza tanti aggiustamenti.
Perché sui danni di bombe e proiettili, sui feriti e sui morti, sui bambini colpiti e amputati che Gino ha visto a migliaia nelle camere operatorie – e di cui spesso parlava – non ci può essere mediazione, né giustificazione. Questo era Strada, un intransigente della pace, tout court.
Ora la sua opera passa alla storia. Un seme gettato che gira nel mondo.