di Agnese Malatesta – Di fronte alla pandemia “ognuno di noi e tutti noi dobbiamo mettere a punto ‘la cassetta degli attrezzi’ con la quale porci di fronte a questa realtà in modo consapevole e attivo in grado di gestire situazioni inedite che colpiscono nella salute, negli affetti, nell’economia, in una parola nella vita quotidiana sia pubblica che privata”. L’arrivo del Covid-19, con gli obblighi, le incertezze e le ansie che si porta dietro, impone un nuovo modo di vita: vanno quindi cercati nuovi ‘attrezzi’ di vita.
L’antropologa Gioia Di Cristofaro Longo dà il suo contributo alla lettura di quanto sta avvenendo ed invita a resettare gli atteggiamenti e comportamenti avendo come bussola i diritti umani. “La cassetta degli attrezzi” è una simbolica immagine su cui riflettere.
Ne parla in un suo libro uscito di recente (“Covid-19. Una sfida aperta”, Ed. Aracne, 2021), una raccolta di riflessioni di vari professionisti fra i quali medici e docenti.
Gioia Di Cristofaro Longo è presidente della Lunid (Libera Università dei Diritti Umani), già ordinaria di Antropologia culturale all’Università La Sapienza di Roma.
La premessa è che il virus ha cambiato gli stili di vita generali con obblighi e divieti; a partire dal lockdown e dall’utilizzo della mascherina, dal ricorso diffuso allo smart working e ai webinar anche per parlare con gli amici, dalla didattica a distanza al ridotto uso dei mezzi pubblici.
Modalità nuove per il tempo libero e la vita in famiglia, al bar e al ristorante, nei musei, al cinema. I consumi sono cambiati. Il virus invisibile ha creato immaginari inaspettati, dominati dall’insicurezza; “tutto – scrive l’esperta – infrange la nostra illusione di conoscere e poter dominare tutto in nome della scienza (…)”,
questo “comporta la rivisitazione di concetti come fiducia, speranza, paura, coraggio, impegno, essenzialità, bisogno, affetti, solitudine”.
La risposta della comunità nella prima fase della pandemia, rivolta al bene comune, che si è tradotta in canti al balcone e nel popolare “andrà tutto bene”, è stata una “lezione che non dobbiamo dimenticare ma che è andata via via sfumando”,
una lezione dalla quale invece “trarre ispirazione e forza per intraprendere un cammino alternativo alla sfiducia e al pessimismo dilagante”.

Per Di Cristofaro Longo, l’opportunità virus crea nuove speranze: “è una realtà drammatica che va affrontata con urgenza e determinazione a livello di pensiero e di esperienza” che può riassumersi nella definizione di “Arte della Vita”, intesa come
“capacità e abilità di costruzione di relazioni tra persone ispirate ai valori e ai diritti del nostro patrimonio culturale superando la discrasia attualmente operante tra parole e fatti”.
Il riferimento è ai diritti umani e alla Costituzione italiana.
La pandemia dimostra poi che le relazioni tra persone sono “ineliminabili”; ma bisogna fare i conti sul contagio.
Ecco che c’è bisogno di “una rilettura del nostro modo di vivere, che può tradursi in una preziosa opportunità di selezione di ciò che veramente vale rispetto a ciò che, invece, è deviante e superfluo”, ossia “scegliere l’essenziale”.
Con la pandemia – conclude l’esperta – si è capito che tutti appartengono “alla famiglia umana la cui ‘felice’ gestione rende necessaria e dirimente la promozione, da una parte di una cultura fondata sui diritti, dall’altra un impegno per combattere le disuguaglianze sociali ed economiche con la conseguente necessità di ridisegnare significativamente il rapporto io/altro, io/altri”.
Spicca quindi un “imperativo etico” che sostenga l’elaborazione di “un vasto campo nel quale sperimentare libertà, creatività e impegno nella prospettiva di un riuscita i cui assi principali sono la solidarietà, la cultura della cura e l’orientamento a promuovere il bene comune”.
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