di Massimo Lavena – La kermesse calcistica europea del 2020 giocata nel 2021 è finita. Facciamo festa. L’Italia è campione d’Europa. Siamo i campioni. Dopo i rigori e grazie a un monumentale portiere, Gigio Donnarumma.

Davanti al presidente Mattarella festante, abbiamo sconfitto a casa loro i perfidi albionici, gli inglesi che si vantano di aver inventato il calcio ma che in tutta la storia delle competizioni per nazioni hanno vinto solo il mondiale del 1966, guarda caso a casa loro.
In quello stesso stadio di Wembley (ovvero nel vecchio storico stadio di Wembley, oggi trasformato in un modernissimo impianto, sicuro e avveniristico) oggi i Leoni d’Inghilterra si sono arresi alla testarda tradizione italiana.
Dopo una tonitruante cerimonia di chiusura, tra fuochi d’artificio, effetti digitali, ballerini di hip-hop tutti con la mascherina anti-Covid in uno stadio pieno di tifosi tutti senza mascherina, assiepati, assudati, assatanati, allupati con totale spregio del pericolo pandemico, con l’inno d’Italia fischiato dagli sportivissimi tifosi delle brughiere cupe, tristi, ubriache di birre calde e pudding stoppacciosi e insapori, di grassi montoni stufati e torte spaziali alle creme più speziate, eredi di quei pirati che hanno saccheggiato tutti i mari e rubato a tutti i popoli sotto la benedizione del regnante di turno…beh questi eredi di Sir Drake le hanno dovute raccogliere dalla loro rete le palle scagliate da Bonucci e dai rigoristi.
Ma sì. Lasciamoci prendere da un sano fuoco patriottico. Un pochino.

Metro dopo metro, goccia di sudore su goccia di sudore, contrasto su contrasto, la vittoria italiana ha messo il punto su una edizione dei Campionati europei di calcio che per noi è storica per la vittoria dopo i rigori,
dimostrando tecnica, tenuta fisica e una sana voglia di stupire con una squadra giovane e scanzonata:
ma questa edizione 2020/2021 dei campionati europei ha una serie di incongruenze e errori organizzativi che ne hanno reso difficile la gestione e la stessa prosecuzione.
Pensare che nel 1968 l’Italia vinse in finale contro la Jugoslavija con la ripetizione del primo incontro, dopo aver sbaragliato in semifinale l’Unione Sovietica con la monetina. Furono gli europei delle fiaccole allo Stadio Olimpico, delle reti di Riva e Anastasi.
La scelta dell’UEFA, la federazione calcistica europea, di organizzare il campionato diviso in 11 sedi di gioco in 11 federazioni affiliate ha causato differenze di stanchezza, disparità di tempi di allenamento e riposo, difficile adattabilità a climi e situazioni atmosferiche variabili, con cambi numerosi di letto e difficoltà nel riposo per i giocatori: Roma – Italia, Baku – Azerbaijan, Siviglia – Spagna, Bucarest – Romania, Budapest Ungheria, San Pietroburgo – Russia, Monaco di Baviera – Germania, Amsterdam – Olanda, Copenaghen.
Danimarca, Londra – Inghilterra, Glasgow – Scozia, se da un lato hanno permesso di organizzare un campionato con più squadre e costi di gestione suddivisi, dall’altro ha sicuramente penalizzato chi, come per esempio la Svizzera, si è dovuta spostare tra Roma, Baku, Bucarest e San Pietroburgo. 11 città, molti spostamenti in aereo per alcune squadre, mentre altre (come proprio le due finaliste) si son spostate pochissimo.

L’effetto pandemia da Covid-19 è stata un’altra variabile impazzita che ha portato ad assistere a partite con poche migliaia di spettatori per le strettissime regole sanitarie ancora presenti in alcuni Paesi – come l’Italia e la Spagna, con la conseguente poca affluenza di spettatori a Roma e Siviglia – ed altri incontri con gli stadi quasi colmi se non strapieni, come nei casi delle partite giocate a Budapest, Bucarest e San Pietroburgo.
Anche questo, stante l’influenza morale sui giocatori che rivestono i tifosi, ha sicuramente beneficiato alcune squadre e maleficato altre.
Ma la pandemia ha avuto in mano carte sempre pesanti, in un fantomatico poker con i Paesi organizzatori, i tifosi viaggiatori e le regole sanitarie.
Nessuno, ebbro per i risultati delle vaccinazioni a livello continentale, si sarebbe aspettato di dover nuovamente combattere per limitare gli spostamenti sul territorio europeo per causa della cosiddetta “Variante Delta“: e se le preoccupazioni sono reali, anche considerato l’abbassamento delle linee di guardia in vista delle vacanze che stanno caratterizzando più o meno l’approccio medico della maggioranza dei Paesi europei, in verità è stata proprio l’Inghilterra, con un atteggiamento ai più parso sconsiderato, ad aprire le porte dello stadio di Wembley per tutto esaurito: oltre sessantamila spettatori.

Si dovrà ripensare tutto alla luce del diritto dei cittadini alla salute ed alla libertà di circolazione negli Stati, così terribilmente messa a dura prova in questi venti mesi di pandemia. Ma è impensabile che i Campionati europei di calcio, che pur han dato lustro all’Italia fresca ed elegante del tecnico Mancini, siano stati anche causa di problemi con il rischio di contagi, e di nuovi focolai di Covid-19 variato.
La rete di Bonucci, l’ansia dei supplementari e i rigori, le enormi braccia e i riflessi di Donnarumma ci han fatto gridare e saltare, ci siamo abbracciati, chi in casa coi parenti e gli amici stretti, chi in strada, chi da solo per scaramanzia.

Ma sì, non scadiamo nel radicalismo chic e snobbistico, non facciamo finta che per qualche ora anche noi non ci siamo trasformati in ultras che l’arbitro ha la mamma maiala e il portiere Pickford era una pippetta.
Ciò che ricorderemo sarà l’urlo di gioia, l’emozione dei goal e dell’ultimo rigore parato da Donnarumma: poi tutto riprenderà normale.

Normale? Eh, no, mica tanto, che tra 12 giorni iniziano i XXXII Giochi Olimpici di Tokyo 2020. Anche loro rinviati per causa pandemica. Ma la situazione non è tanto salutare in Giappone.
E così saranno i primi Giochi Olimpici praticamente senza pubblico. Saranno occasione di riflessione su dove va lo sport nel mondo, se il gigantismo dei Giochi ha un senso, se ha un senso lo skateboard ai Giochi, se ha un senso però privare una generazione di atleti nel pieno delle loro forze dei Giochi stessi. Discorsi complessi.
Per ora, diciamo solo e soltanto Grazie Azzurri!
