(di Maria Ilaria De Bonis) – In Algeria il popolo è ormai un fiume in piena. Non si accontenta più solo di aver respinto l’ex presidente Abdelaziz Bouteflika e che questi abbia gettato la spugna. Gli algerini – vecchi, giovani, donne, mamme, studenti, contadini, commercianti – vogliono altro.
C’è sempre un punto di non ritorno nella storia di ogni Paese oppresso da un potere liberticida. Una impalpabile intuizione: l’onda perfetta da cavalcare al momento giusto. Pena la vanificazione di ogni sforzo iniziale.
E adesso loro sono lì: sul punto più alto di una parabola disegnata a poco a poco nello spazio collettivo.
dice ad Al Jazeera Yassine, che ha 23 anni. I ventenni sono centinaia di migliaia in questo Paese del Maghreb giovanissimo.
Ecco la regola non scritta di ogni rivoluzione: non farsi sfuggire il “momentum”, superato il quale se non si ottiene tutto l’ottenibile, si torna inesorabilmente indietro.
E’ successo in Siria, con la tragedia successiva alla rivoluzione che ben sappiamo; è successo in Yemen (che pure aveva dato il via alle Primavere). Ed è accaduto in Egitto.
Quel vantaggio si è come tradotto nel suo opposto. Ma l’Algeria di oggi, e anche il Sudan dei giovani insorti con coraggio, stanno tentando di guadagnare ogni millimetro di spazio utile nel varco aperto dalle proteste.
Gli algerini scendono in strada in massa ogni venerdì, e anzi lo stanno facendo praticamente ogni giorno da quando il vecchio presidente si è ritirato. Cosa chiedono?
Non si sentono garantiti dall’attuale regime, con o senza Bouteflika. Non si fidano delle promesse e neanche della Costituzione. Non si fidano dei militari, perché sanno bene cosa è successo ai fratelli egiziani, caduti nella trappola dei generali.
Percepiscono il pericolo di una restaurazione veloce. La gente dice che i 90 giorni di interim affidati ad Abdelkader Bensalah, capo del Consiglio della Nazione e presidente del Senato, sono un tempo troppo lungo. Il vecchio potere potrebbe ribaltare le cose. Aver fissato la nuova data delle elezioni al 4 luglio, anziché al 12 aprile, come deciso in un primo momento, è un rischio grosso.
Sui social i giovani fanno appello alle dimostrazioni del venerdì dicendo: «devono andarsene via tutti», bisogna rompere col passato.
Il sistema non funziona, dice il popolo, non si tratta solo di far fuori il vecchio Bouteflika mummificato.
Loro vogliono impedire agli alleati di Bouteflika di guadagnare terreno. Via tutti e subito, dunque. Carta bianca e al voto.
L’incognita rimane tirare fuori un candidato nuovo, giovane e credibile che al momento non c’è.
L’ultima novità è la candidatura di un vecchio generale dell’esercito che spunta fuori dal passato. Sono gli spettri che ritornano.
E l’Algeria, invece, ha bisogno di guardare avanti.