di Massimo Lavena – Con la cerimonia inaugurale, allo stadio Olimpico di Pechino, hanno preso il via ieri i XIII Giochi Paralimpici invernali.
Iniziano in una situazione di grande incertezza a causa della guerra in Ucraina, con la esplicita violazione della “tregua olimpica” da parte dell’esercito russo, con il flusso dei profughi, i morti tra i soldati degli eserciti belligeranti e i civili nelle città.
La festa dell’inaugurazione è andata avanti con un velo di tristezza, e la presenza degli atleti paralimpici ucraini ha colpito tutto il pubblico allo stadio e attraverso gli schermi televisivi nel momento della loro sfilata. Mancavano gli atleti russi e bielorussi.

Davanti alla guerra d’invasione (chiamiamola come vogliamo, stante così le cose questo è) ed alla formale violazione della “tregua olimpica”, il Comitato Internazionale Paralimpico (IPC), dopo un primo momento in cui aveva concesso la partecipazione degli atleti paralimpici russi e bielorussi senza insegne e bandiera, con uno stato di partecipazione “neutrale” alle competizioni sotto la bandiera del paralimpismo, le tre gocce rossa, blu e verde, ha invece alla fine deciso per il rifiuto dell’iscrizione. Anche per non nascoste pressioni da parte del Comitato Internazionale Olimpico, che ha voluto una unica decisione comune.
In un comunicato il presidente dell’IPC, il brasiliano Andrew Parsons, ha spiegato che “Siamo fermamente convinti che sport e politica non debbano mescolarsi. Tuttavia la guerra è ora arrivata sin dentro questi Giochi e molti governi, dietro le quinte, hanno condizionato lo svolgimento del nostro amato evento sportivo”.
Parsons, rivolgendosi agli atleti russi e bielorussi ha detto esplicitamente che “siamo molto dispiaciuti che siate stati colpiti dalle decisioni che i vostri governi hanno preso la scorsa settimana violando la tregua olimpica. Siete vittime delle azioni dei vostri governi”. Nel suo discorso durante la cerimonia inaugurale, Parsons ha espresso duramente il concetto che ha portato all’esclusione degli atleti russi e bielorussi:
““Stanotte vogliamo lanciare un messaggio di pace – ha esordito – in qualità di guida di un movimento che ha l’inclusione al centro della sua mission e in cui la diversità viene celebrata e le differenze accolte, sono inorridito da quello che sta accadendo in questo momento nel mondo. Il ventunesimo secolo dovrebbe essere un secolo di dialogo e di diplomazia, non certo di odio e di guerra”.
Parsons ha ribadito che “l’IPC aspira a un mondo migliore, libero da discriminazioni e odio, libero da ignoranza e conflitti di ogni genere. Qui a Pechino, atleti paralimpici provenienti da 46 Paesi gareggeranno tra di loro, non uno contro l’altro. Attraverso lo sport vogliamo mettere in evidenza il meglio dell’umanità, nonché i valori che dovrebbero essere alla base di un mondo pacifico e inclusivo”.

Il Presidente del Comitato Italiano Paralimpico, Luca Pancalli ha parlato di una nuova avventura paralimpica “che inizia in un clima che non è quello che avrebbe meritato un contesto del genere: naturalmente, questo momento è fortemente influenzato da quello che sta accadendo in Ucraina, qualcosa di inimmaginabile, inaccettabile e intollerabile”.
Pancalli, purtroppo, constata come le prestazioni degli atleti saranno velate e anche oscurate dalle notizie provenienti dall’Ucraina: “Per questi atleti si tratta dell’inizio di un percorso di altissimo livello agonistico anche se su tutto pesano in maniera significativa i sentimenti che qualsiasi persona umana prova nei confronti del popolo ucraino”.
E la presenza degli atleti ucraini ha un valore notevole: “Assistere all’entrata della delegazione ucraina nello stadio, guardare l’amico Valerii Sushkevych, Presidente del Comitato Paralimpico Ucraino, sfilare con il pugno alzato in segno di lotta e unire queste immagini a quelle della guerra dà il senso di come possiamo vivere questo momento”.
Ma, spiega Pancalli “naturalmente, il mio auspicio è che nonostante tutto, gli atleti in gara, non solo quelli azzurri, possano vivere le loro competizioni nel miglior modo possibile, nella speranza che ciascuno possa coronare i propri sogni, recuperare quella spinta agonistica che li ha portati sin qui e quello spirito sportivo che, mi auguro, venga macchiato il meno possibile da questo clima”
Parlando delle competizioni che sono iniziate nella mattinata cinese odierna (la nostra notte profonda), sono 6 le discipline paralimpiche invernali presenti, con molteplicità di categorie a seconda della disabilità sci alpino, sci di fondo, biathlon, snowboard, para ice hockey e curling in carrozzina.
L’Italia presenta una squadra di 32 elementi, compresi 3 atleti guida per gli sciatori ciechi-ipovedenti. Gli italiani non parteciperanno a curling e biathlon. Saranno 2 le atlete, Chiara Mazzel e Martina Vozza, nello sci alpino: “chissà potrebbero anche tirare una bella zampata, però loro sono in crescita in prospettiva di Milano -Cortina 2026” dice Claudio Arrigoni, giornalista della Gazzetta dello Sport e del Corriere della Sera, commentatore esperto dello sport paralimpico per la Rai. Per Arrigoni è importante la presenza delle giovani Mazzel e Vozza: “Torniamo ad avere delle ragazze in squadra dopo che ai giochi di PyeongChang 2018, in Corea, non ce n’erano e non è stato bello”.

Per Claudio Arrigoni “sarà sicuramente qualche cosa di nuovo rispetto ai Giochi Olimpici invernali a Pechino 2022 e quelli estivi a Tokyo 2020, agli olimpici che si sono svolti nella situazione difficile del Covid. Già quello fa cambiare la prospettiva di questi Giochi paralimpici.
Le restrizioni sono più strette ancora di quelle di Tokyo. Però non è una cosa nuova che hanno vissuto le Paralimpiadi, perché già nel 2014 a Sochi, in Russia, era in atto la situazione difficile tra Ucraina e Russia, tant’è che si era paventato già allora che l’Ucraina non partecipasse ai Giochi. Teniamo presente che l’Ucraina negli sport invernali paralimpici è una delle nazioni più importanti, gli atleti ucraini sono tra quelli che vincono la maggior parte delle medaglie: è una nazione molto importante dal punto di vista paralimpico, per tanti motivi. A Sochi 2014 si superò questa situazione di tensione armata, che però non era così grave, non c’era una invasione.
Io spero che i Giochi possano, se non fermare la guerra, portare almeno tra gli atleti dei segnali distensivi, dei segnali di pace.
I giochi paralimpici sono sempre un segnale di festa totale: e in questo momento arriva la testimonianza sociale e umana degli atleti paralimpici: “in questo momento innanzitutto la grande resilienza che il movimento paralimpico mostra sempre – sottolinea Arrigoni – e penso che il messaggio sia il messaggio assoluto dello sport: un messaggio comunque di unione tra i popoli.
Poi è chiaro che il paralimpismo ha dei valori che, secondo me, superano i valori olimpici: nel senso di attenzione alle condizioni anche più deboli, di regolamenti che, anche da questo punto di vista sono vicini anche alle condizioni di chi ha disabilità anche grandi. Credo che i valori paralimpici, dal punto di vista sociale, siano più alti di quelli olimpici. Con questo non voglio sminuire lo sport olimpico, però credo che ci siano dei valori più meramente sociali. Credo che queste siano le indicazioni che possono venire dal movimento paralimpico. Che possono servire a lanciare dei messaggi, che se sono di pace ancora meglio: siamo nel periodo peggiore, non è come alle Olimpiadi”.

In una prospettiva eminentemente sportiva il movimento paralimpico degli sport invernali italiani ha una crescita costante: “Arriviamo dalla paralimpiade di PyeongChang, nel 2018 dopo quella di Sochi dove non prendemmo neanche una medaglia. In Corea abbiamo scoperto il talento di Giacomo Bertagnolli che è il migliore nello sci alpino. Aveva 18 anni e adesso può solo crescere. Ha cambiato la guida adesso, c’è Andrea Ravelli.
Giacomo può essere una sicurezza, non so se potrà vincere 4 medaglie come nel 2018 ma lui è sicuramente il nostro faro oltre a essere il nostro portabandiera. Poi io penso nello sci nordico ci sia un atleta cresciuto tantissimo in questi anni, Giuseppe Romele, che potrà fare bene. Detto delle due ragazze soprattutto in prospettiva Milano – Cortina 2026, abbiamo vari atleti che promettono bene nello snow board: nell’ultima coppa del mondo abbiamo piazzato 3 atleti nei primi tre posti, Jacopo Luchini, Riccardo Cardani e Mirko Moro. Questo non vuol dire che vinceremo oro, argento e bronzo, ma che abbiamo atleti di livello. Da Sochi facciamo passi avanti”.
Verso Milano-Cortina 2026 il panorama sportivo italiano invernale si sta diversificando: skeleton, curling, biathlon. Ci sono nuovi ragazzi che si stanno avvicinando agli sport invernali paralimpici ma, precisa Claudio Arrigoni, “il discorso degli sport invernali paralimpici è complesso: c’è il costo dell’attrezzatura, il fatto di doversi spostare in montagna, comunque devi avere dei maestri che ti seguono. Non è facile.
Il movimento sta crescendo in questo ultimo decennio, si era un po’ lasciato andare, nel decennio precedente dopo i Giochi Invernali di Torino 2006, dove abbiamo avuto anche dei grandissimi campioni, anche nel para hockey, e ancora oggi siamo uno dei movimenti di riferimento: e anche qui non è facile, perché devi avere l’attrezzatura, gli spazi ghiaccio. Credo che la Federazione Sport invernali paralimpici stia facendo un buon lavoro, così come la federazione sport del ghiaccio!.
Ora non resta che aspettare le gare, attendere che la fiamma dei Giochi illumini gli atleti, e che lo spirito di pace che deve nascere dallo sport aiuti a ritrovare la via della ragione.
Resta l’amaro in bocca, certo, per l’espulsione degli atleti russi e bielorussi. La scelta del Comitato internazionale Paralimpico andava per una strada di inclusione sportiva degli atleti che nessuna colpa hanno della guerra.
Ma il Comitato Internazionale Olimpico ha decretato l’ostracismo sportivo della Russia e dell’alleata Bielorussia: tutte le federazioni internazionali hanno ricevuto il diktat di cancellare gare, finali, competizioni mondiali ed eventi internazionali; gli atleti si stanno schierando nel mondo in maniera trasversale e molti atleti russi di varie discipline si stanno esponendo duramente contro la guerra putiniana.
Forte è la tristezza per ciò che è stato deciso. Il cuore dello sport è la stretta di mano tra vincitore e sconfitto. Ma, ci si deve chiedere, davanti alla morte, davanti alla guerra quale è l’atteggiamento giusto da seguire? Il passato dello sport potrebbe aiutarci a comprendere meglio.