(di Concetta Gelardi) – Ubriaca di colori, odori, sorrisi e gesti; laddove il vino è proibito e il capo femminile è coperto scopro il senso della gentilezza.
Quando decidi di partire per una meta non troppo battuta dal turismo classico, con la falsa idea di un vento di guerra che aleggia ed una convinzione comune di odio per il mondo occidentale, i consigli e le previsioni sono tutt’altro che positivi.
«L’Iran? Ma c’è la guerra, ti arrestano, ti prenderanno in ostaggio!», e l’ansia si amplifica quando specifichi che parti senza un tour operator e con un’amica: «Due donne? Sole?».
A queste affermazioni fanno seguito una serie di presunti divieti con annessi aneddoti.
«Non puoi uscire la sera, non puoi fotografare nessuno, non puoi far vedere i capelli, devi portare vestiti lunghi, non parlare di politica, ecc.».
I pregiudizi su un popolo vengono sfatati non appena entri in contatto reale con le persone. La prima idea che mi viene in mente pensando al mio viaggio è un’immagine di dignità.
Dignità di un popolo impoverito, controllato, minacciato, sofferente che riesce a vedere l’altro non come un bersaglio da colpire, un nemico da combattere o semplicemente un turista da ingannare derubandolo, ma un mondo da scoprire e con cui condividere delle meraviglie che millenni di invasioni e guerre non sono ancora state capaci di distruggere.
Il popolo iraniano è incuriosito dallo straniero: per il modo goffo di portare il velo (Hijab), per lo sguardo preoccupato, e soprattutto per il fatto che parla una lingua (l’inglese) che in pochi conoscono visto che la maggior parte delle persone parla solo il farsi.
Malgrado ciò, tutti gli iraniani, e le donne in particolare, riescono a dare un sostegno grande con sguardi caldi, di protezione come se ti dicessero sempre «Benvenuta, stai tranquilla non ti succederà niente di brutto» .
In poco tempo assimili una calma e una tranquillità che quasi ti sembra di stare in quella nazione da anni.
Giri per le città o per i paesi con case fatte di paglia e fango come se ci fossi già stato, ti perdi, visto che non ci sono indicazioni in inglese ma la gente è pronta ad accompagnarti, ad indicarti in tutti i modi possibili la strada.
Non hai mai la sensazione del pericolo eppure i presupposti ci sono tutti: guidano in maniera disordinata e le strade sono sempre trafficate, i bazar sono affollatissimi e i motorini girano tra la gente indisturbati ma non si assiste né ad incidenti né a scippi o molestie di alcun tipo; perfino i negozianti non ti forzano all’acquisto come capita nei grandi mercati.
Non hai le carte di credito, perché i circuiti sono diversi, e internet non funziona, se non compri una scheda iraniana, l’inflazione è galoppante quindi con pochi euro riesci a muoverti, dormire e mangiare.
Senza pensieri hai gli occhi sempre verso l’alto, incantati da minareti, cupole di moschee colorate, maioliche che confondono in una simmetria perfetta, vetri colorati che giocano con la luce, pietre che restituiscono anni di storia, costruzioni millenarie ancora funzionali e con un’ architettura stupefacente.
I sensi si perdono tra specchi, decori di ogni tipo dai tappeti al lampadario, colori vivaci e odori di gelsomini, orchidee, fiori di ogni qualità, cocomeri, arance, melograno, zafferano, pane caldo e dolci.
L’aria sa di deserto, è lì a pochi kilometri ma è come se lo respirassi ovunque, forse per le temperature che si fanno elevate o per quella polvere che senti sempre addosso: un gigante silenzioso che impone la sua presenza.
Un gigante che ha protetto dalle intemperie la tomba di Ciro il grande e antiche città come Persepolis, un gigante che ha permesso ad una grande nazione quasi di isolarsi dal mondo, di crescere e arricchirsi tanto da essere autosufficiente a se stessa. Un gigante che l’Iran rispetta e sfida come i gradi elevati.
Come? Provate a perdervi tra i bazar, spesso conducono da una parte all’altra della città e non soffrite il caldo, provate a girare per Yazd una città al confine con il deserto scoprirete le torri del vento: un sistema antico per rinfrescare case e moschee. Ma quello che resta nel cuore del viaggiatore sono le persone.
L’Iran lo scopri negli occhi della gente che incontri per strada, nei loro sorrisi, abbracci gratuiti, nella loro cordialità, nel rispetto e attenzione per il prossimo.
Non vi stupite se si fermano a parlare con voi, se vi invitano a casa, se vi offrono il the con una spontaneità che non nasconde nessun interesse.
Potete parlare di tutto, hanno una capacità di racconto che è quasi poesia.
Non a caso l’Iran è una nazione che ha visto gli albori della civiltà, che ha studiato medicina, architettura, fisica e poesia quando il resto del mondo era semianalfabeta.
La grande Persia, capace di sfidare i greci, i romani, i mongoli, capace di arte come nessun paese.
Ci sarebbe molto da imparare da questo popolo e dalla loro cultura piuttosto che giudicarla e impoverirla.
photocredits: C.Gelardi