(reportage di Patrizia Caiffa) – Rishikesh, nell’India del nord, è nota per essersi auto proclamata “la capitale mondiale dello yoga”.
Insieme alla più famosa Varanasi e la vicina Haridwar, è tra le città sante sulle rive del sacro fiume Gange, Mother Ganga: qui
i pellegrini indù vengono a bagnarsi nelle sue acque, incredibilmente pulite, e a celebrare riti e preghiere.
Una città veg e alcool free, paradiso per i vegetariani (e per le mucche sacre).
Adagiata in una valle tra le morbide colline pre-himalayane dello Stato dell’Uttarakand, al confine con Cina e Nepal, la vita a Rishikesh ruota attorno a due enormi e spettacolari ponti sospesi sul Gange – Lakshman Jhula e Ram Jhula – attraversati solo da pedoni, mucche e scimmie.

Tutt’intorno ci sono centinaia di piccoli e grandi ashram, centri di meditazione e ayurvedici, hotel, negozietti e ristorantini che si moltiplicano a dismisura per accogliere turisti occidentali e pellegrini indiani.
Molti si fermano a lungo per imparare o perfezionare
le varie discipline yoga, la meditazione, la medicina e i massaggi ayurvedici, la cucina indiana.
Assurta agli onori della cronaca negli anni ‘60 per aver accolto addirittura i Beatles – trascorsero un periodo nell’ahsram del guru Maharishi Manesh Yogi, che però li deluse perché cercava di sfruttare la loro fama – oggi Rishikesh è una cittadina tranquilla e fresca rispetto al resto dell’India, con una forte escursione termica tra notte e giorno e tanto verde intorno.
I momenti più suggestivi nella vita della città santa sono i riti al tramonto in omaggio al Gange.
Il più bello è quello al Trivheni Ghat (i ghat sono le scalinate che conducono al fiume), il Ganga Aarti, con 16 brahmini schierati di fronte al fiume sacro.
Una cerimonia coinvolgente di forte impatto, con torce di fuoco che i brahmini offrono alle direzioni con flessuosi movimenti rotatori in senso orario e antiorario, tra canti e offerte di fiori e lumi accesi – la cosiddetta puja – al Gange.
Al termine i fedeli si avvicinano alla riva e lasciano andare le proprie barchette di fiori, lumini e incensi al Gange, affidando le proprie preghiere, sogni e speranze al fiume, che è Madre.

Alcuni si tuffano, nonostante l’acqua sia fredda, altri bagnano solo i piedi, la testa, le mani.
Il fiume è la metafora dello scorrere della vita, che qui si avverte con più potenza che altrove.
Ovunque, nelle strade della cittadina, seduti in terra nelle piazze, vi sono centinaia di sadhu, uomini vestiti di arancione che hanno abbandonato la società (molti anche moglie e figli) per vivere in assoluta povertà e nell’ascesi, pregando ed elemosinando cibo e rupie.
Lo sguardo occidentale ne è affascinato ma fatica a capire e fare distinzioni. Anche se l’effettiva santità dei personaggi è a volte messa in dubbio dai locali, che li accusano di trascorrere le giornate a fumare marijuana e di avere alle spalle un passato inquieto.
Molti dormono all’addiaccio, altri sono accampati in misere tende di stracci e sacchi di plastica, con poveri altarini di pietre ai piedi degli alberi. Le vacche sacre, ruminando immondizia e passeggiando in maniera svagata ovunque, sembrano avere vita più dignitosa.
Ma c’è pure qualche sadhu che nasconde il telefonino tra le vesti prima di implorare qualche rupia per la foto.

E altri che vivono in linde casette sul bordo del fiume, accogliendo ogni tanto persone in cerca di senso e spiritualità.
Orientarsi tra le tante offerte di lezioni, corsi e ritiri proposti da una miriade di ashram e guru reali o fantomatici non è facile.
Il rischio di una speculazione commerciale di bassa qualità è sempre in agguato. Meglio rivolgersi a persone di fiducia del posto che possono garantire la presenza di yogi qualificati e professionali. E utilizzare l’intuizione per discernere.
Per gli amanti dello yoga che vivono questa disciplina alla ricerca di una profonda connessione tra il corpo, la mente e il cuore attraverso le varie posizioni (asana) e il respiro, e per i viaggiatori attratti dalle varie culture e religioni, Rishikesh rimane senz’altro una esperienza da sperimentare.
Rimangono negli occhi e nel cuore soprattutto i volti, i colori, la magia e l’originalità sempre sorprendente dell’India.
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