Francesco Antonio Caratù, romano doc e un’unica grande passione: la fotografia. La sua è una coraggiosa sfida al digitale: il suo laboratorio stampa anche in analogico, cioè dai rullini fotografici. Formatosi giovanissimo come fotografo, rimane stregato dai grandi nomi contemporanei – Capa, Bresson, Erwitt – ed affina sempre più le sue tecniche plasmandole sul mondo circostante: la città eterna.
Contaminato dalla realtà che vive non può fermarsi allo scatto né alla seppur magica “camera oscura”. Va avanti e si getta a capofitto in un progetto di emancipazione/formazione delle nuove generazioni, quelle dal “click” facile che scattano con compatte, cellulari ed ipad ma che di fotografia sanno ben poco. Fonda Antropomorpha, un movimento che dà il nome al suo studio/galleria in cui ha realizzato mostre dalle collaborazioni illustri, corsi di formazione e “posa”. Oggi il progetto si è snellito e Francesco ha ampliato il suo raggio d’azione diventando un punto di riferimento anche per i “nostalgici”, orfani dell’analogico che riescono grazie a lui a portare avanti la loro passione.

Cos’è Antropomorpha e come si è evoluto il servizio che offri?
“Il nome Antropomorpha é una mia idea; ‘Figura umana’ perché la fotografia ha la stessa forma dell’uomo per me, il nome viene da lí. E’ un’associazione culturale che si occupa di fotografia. Facciamo didattica, esposizioni fotografiche, presentazioni di libri inerenti alla fotografia e laboratorio di camera oscura sviluppo e stampa b/n artigianale e sviluppo colore. L’organizzazione é molto leggera. Un presidente – io, un tesoriere Roberta Turri (la mia ex compagna) e Valeria Leuti per la comunicazione. La sede al momento non ce l’abbiamo piú, ne stiamo cercando una più idonea. Comunque il servizio va avanti”.
Come riesci a garantire un servizio organizzato ma destrutturato? Dove tieni i corsi, la camera oscura e dove reperisci i materiali?
“Per la camera oscura si trova tutto, facilmente reperibile on-line. Al momento i materiali sono stipati in un box e vengono adoperati sul momento anche a domicilio. Per le lezioni private mi contattano on-line; parlo con l’interessato, capisco cosa vuole e cerco di approfondire con lei/lui l’aspetto desiderato. Per la stampa e lo sviluppo capisco che tipo di lavorazioni vuole il cliente e faccio io il lavoro. In genere mi portano i rulli già scattati. Durante i corsi di ripresa si possono fare delle uscite fotografiche ma in genere si scatta in digitale. L’utilizzo della pellicola é limitato. Sono corsi separati. Chi sceglie il corso di ripresa vuole capire come usare la macchina fotografica e studiare la ripresa, l’illuminazione, l’inquadratura ed in quel caso si può lavorare anche in digitale. Chi sceglie camera oscura viene con i rulli già scattati ed é interessato ai processi di laboratorio. Al momento sto facendo corsi di ripresa appoggiandomi a realtà già esistenti: altre associazioni, studi privati, piccoli comuni”.
In un mercato già di nicchia esistono dei competitori o siete i soli a Roma?
“La pellicola resiste. Piú i corsi che altro a dire il vero. I fotoamatori tendono ad organizzarsi da sè. A livello professionale ci sono 5 posti che fanno ancora bianco e nero artigianale di qualità a Roma e riusciamo a convivere pacificamente. Vivere in una città come questa dove si respira arte e sperimentazione è fondamentale per la sopravvivenza nel nostro ambiente”.
Antropomorpha nasce nel 2013 ma già da tempo ti occupavi di fotografia. Raccontaci il tuo percorso formativo.
“Ho studiato fotografia alla scuola Ettore Rolli, subito dopo la laurea, poi tanto da autodidatta, letture, esercizio e ore ed ore passate al buio. Ho seguito la mia passione facendo scelte scomode a volte ma collezionando anche dei successi importanti. L’evento più significativo, Il workshop dedicato alla tecnica del collodio umido che fu molto carino. Collaborammo con un collettivo di Barcellona che si chiama ‘Le chicas de Talbot’”.
Progetti futuri?
“Ho una collaborazione con una bella realtà delle Marche che si chiama Ikonemi. Si occupano di fotografia contemporanea e paesaggio inteso in accezione molto ampia. Vorrei anche ripristinare la camera oscura ma ci vorrà del tempo per conciliarla con gli impegni emergenti perché, coinvolgendo piú persone possibili, vorrei portare avanti i miei progetti fotografici come autore. Non avere un posto fisico dà piú libertà e leggerezza. Ho un progetto in corso da ultimare che riguarda i luoghi di vacanza e di svago abbandonati. Attualmente stiamo reperendo fondi necessari per finanziarlo”.
Persone come lui aiutano l’arte a sopravvivere.
