Primavera. E’ tempo di feste, sagre, festival. Nel Lazio, a Viterbo, la “città dei Papi”, è tempo di fiori. Nel quartiere medievale di San Pellegrino, piazze, sagrati, facciate di palazzi si ornano di piante e fiori. Come ogni anno, dal 30 aprile al 3 maggio, c’è un fermento parossistico di florovivaisti votati a rendere questo angolo di città ancora più bello ed incantevole.
Perché questa è la griffe, la matrice preziosa di una manifestazione nata ormai quasi trenta anni fa. A differenza di tante altre feste qui non è affatto preponderante l’anima commerciale; non prevale, ad esempio, quella terrificante aria inquinata da carrozzoni che invade le sagre per vendere cibarie di dubbia qualità. C’è piuttosto l’aria pura di una città che non si limita a preservare le proprie radici e tradizioni ma cerca anche di rinnovarle ed esaltarle, nella ricerca della bellezza.
Questo dedalo di viuzze, che il trascorrere del tempo e della modernità non hanno minimamente modificato, riesce ancora a suggestionare il visitatore al punto di trasferirlo in un’epoca diversa. E’ facile immaginare l’irrompere di un cavaliere e del suo destriero, di scorgere dame a lavorare l’arcolaio, artigiani a battere il ferro o vedere botteghe d’arte accerchiate da sciami di giovani allievi.
In questa dimensione di sospensione del tempo è affascinante fantasticare sul Palazzo dei Papi ornato di piante, la piazza antistante trasformata in un verde prato. Colori ovunque, piazza San Pellegrino che ospita a sorpresa un lago di fiori, il sagrato della chiesa che diventa un tappeto erboso. In una via adiacente, una tavolozza gigantesca con vasi di gerani, ciclamini ed altro ancora. La facciata trecentesca di un austero palazzo, appartenuto ad una antica casata viterbese, è una ribollente cascata di rose bianche e rosse. Alberi di arance, di limone attendono pazientemente il forestiero seduti in anfratti, vicoli, scalinate, portoni.
All’interno del dedalo di vicoli c’è’ una donna inginocchiata, decisamente affaticata, intenta a piantare freneticamente peonie in una duna di terra. “Ma c’è un premio per chi crea il migliore addobbo?” La donna interrompe per un attimo il proprio impellente lavoro, alza lo sguardo incredulo e con grande candore risponde: “Non è una gara, nessuno vince niente. Lo faccio solo perché mi piace pensare che contribuirò a regalare, anche solo per qualche giorno, un gran fascino alla mia città”.
foto di copertina: Mario Topi