Oggi ancora una volta il nostro mare – Mare nostrum – è nero. Ha inghiottito le speranze e i sogni di altre 700 vite. Una nuova tragedia nel Mediterraneo, la peggiore degli ultimi tempi, dopo il naufragio del 3 ottobre a Lampedusa con 366 vittime. Ma da allora ad oggi ne sono annegate altre migliaia nel più grande cimitero a cielo aperto del mondo. Dal 1988 ad oggi sono morte lungo le frontiere dell’Europa 22 mila persone. Noi di b-hop, nel nostro piccolo, anche se preferiamo parlare di bellezza e fiducia e crediamo in un giornalismo costruttivo, stavolta non possiamo restare in silenzio. Siamo a lutto.
Vogliamo dedicare un pensiero commosso a queste 700 persone, che sono volti, che sono storie di gente disperata che ha avuto solo la sfortuna di nascere in un Paese sbagliato e ha solo la fuga come alternativa alla morte o al dolore estremo. Dalla Siria, dall’Eritrea, dalla Somalia, dal Sudan e Sud Sudan, da tutti quei luoghi dove in corso conflitti, violazioni dei diritti umani, violenze, torture, stupri.
Ma non basta il rammarico, la tristezza, le commemorazioni. Le emozioni devono lasciare il posto alla concretezza delle proposte, ad una volontà politica, italiana ed europea, che smetta di usare l’immigrazione come un cavallo di battaglia per spostare voti. E’ ora di guardare in faccia questi volti, queste storie, di mettersi nei loro panni e recuperare quel briciolo di umanità ancora nascosto in fondo ai nostri cuori per porre fine a questa assurda ecatombe della storia moderna.
Perché gli sbarchi non finiranno finché i Paesi saranno in guerra o avranno tensioni interne. Allora bisogna trovare delle contromisure e risolvere il problema, una volta per sempre. Le proposte, soprattutto dalle organizzazioni umanitarie e dalla società civile, ci sono, e sono tante: se l’operazione Triton nel Mediterraneo non funziona, allora perchè non ristabilire l’operazione “Mare nostrum”, appositamente finanziata per salvare vite umane? Ma soprattutto, servirebbe un canale umanitario per dare ai profughi la possibilità di fare richiesta d’asilo nei Paesi di transito, in Libia, ad esempio, per poter arrivare sani e salvi in Europa senza essere costretti ad attraversare il deserto e il mare sborsando 10/15 mila ai trafficanti di vite umane (anziché 500/1000 euro per un normale biglietto aereo come per noi fortunati occidentali).
Ogni Paese – non solo l’Italia, la Grecia e la Spagna, che da soli ospitano la maggior parte dei 435 mila richiedenti asilo in Europa – dovrebbe rendersi disponibile ad accogliere, per strutturare in maniera seria ed equilibrata la presenza di quelli che saranno poi – volenti o nolenti – i nuovi cittadini europei, forze giovani e vitali che possono trasformarsi in grande opportunità, a livello demografico, previdenziale ed economico. La scusa europea delle risorse economiche che non ci sono non è sufficiente. E’ una questione di volontà politica.
Dire basta alle tragedie del mare si può. Non si può più dire di no alla storia.