(dalla nostra corrispondente ad Atene) – Crisi, dal greco krisis, scelta, da krino, verbo che vuol dire distinguere, dividere. E la crisi qui in Grecia è qualcosa che lacera, che manda in pezzi persone, realtà, situazioni un tempo unite. Secondo i dati riportati da Eurostat, ormai in Grecia quasi 4 milioni di persone sono a rischio di povertà, su una popolazione complessiva di meno di 11 milioni di abitanti. In questi ultimi anni a causa dei tagli imposti alla Sanità dalla forbice della crisi, il tasso di mortalità infantile è aumentato del 43%, mentre secondo dati Unicef le famiglie greche, per via della crisi economica, hanno perso in media 14 anni di sviluppo.
Tuttavia la crisi, come ci racconta la sua etimologia è una scelta che, volenti o nolenti, si è chiamati a fare; al volgere negativo degli eventi ci si può chiudere a riccio, difendendosi. Oppure si possono aprire mani e cuore, rispondendo ai fendenti della crisi con la sua nemesi per eccellenza, la solidarietà.
Sempre più ad Atene la solidarietà si fa abbraccio e non ha paura a spalancare le sue porte, come la Neos Kosmos Social House della Chiesa cattolica greca, nell’omonimo quartiere di Neos Kosmos, a due fermate di metro dall’acropoli. La struttura istituita dalle suore bizantine della Pammakaristos nel 1944, al tempo della II guerra mondiale, aveva l’obiettivo di offrire, in collaborazione con la Croce rossa internazionale, generi di prima necessità, medicine e riparo a migliaia di persone in difficoltà per via del conflitto, soprattutto madri, bambini e anziani. Ora la Neos Kosmos Social House ha cambiato nuovamente la sua funzione e veste abiti nuovi per affrontare la crisi, e andare incontro alle tante persone che vivono situazioni sempre più difficili.

Grazie al programma di Gemellaggi solidali che dal 2014 ha coinvolto la Chiesa italiana e la Chiesa cattolica greca, è nato infatti il progetto Neos Kosmos che unisce in sé due distinte realtà: quella della “Neos Kosmos Social House” e quella della Casa Famiglia “Divina Provvidenza” aperta dalla Comunità papa Giovanni XXIII in uno degli edifici della grande struttura delle suore bizantine. Un programma, quello dei gemellaggi solidali, avente lo scopo di realizzare gemellaggi contro la crisi, che non siano solo a carattere culturale, ma che si occupino dell’animazione pastorale delle comunità e siano in grado di generare solidarietà, attraverso la creazione di attività e di posti di lavoro.
Per quanto riguarda la Neos Kosmos Social House il primo obiettivo di questo centro è di risollevare le tante famiglie greche dalla disperazione e dal senso di impotenza rispetto alla crisi e di renderle partecipi di un progetto, di un cammino comune, al fine di non subire la crisi in maniera passiva, educandole all’unione e alla collaborazione.
La casa di Neos Kosmos ospita infatti, al suo interno, un centro pastorale per le famiglie, un consultorio familiare gestito da volontari, una foresteria in cui alloggiare turisti di passaggio e persone bisognose e due appartamenti destinati ad attività di social housing per dare ospitalità di medio-lungo termine a famiglie in difficoltà che con la crisi sono drasticamente aumentate. Neos Kosmos, rappresenta un punto di incontro per le famiglie greche, un luogo in cui si organizzano momenti di formazione, pranzi e cene comunitarie, preghiere. Un luogo in cui le famiglie possono condividere le loro storie, che il più delle volte si intrecciano con il filo nero della crisi, una casa in cui possono confrontarsi e stare insieme.
La struttura è gestita da una giovane famiglia italo greca, Elena e Panos, che vivono a Neos Kosmos insieme a loro figlio Petros, di pochi mesi. “Tante sono le persone che abbiamo accolto durante quest’anno; persone in fuga dalla guerra, come siriani e iracheni, ma anche greci che a causa della crisi non avevano la possibilità di pagare l’affitto e rischiavano di finire a vivere per strada” racconta a b-hop Elena, l’italiana della coppia. “Le persone ospitate contribuiscono al mantenimento della struttura, aiutandoci con le pulizie o con piccoli lavori pratici, come ripitturare una stanza o aggiustare un tubo che perde. Ed è bello perché come famiglia, io e Panos, mio marito, non ci sentiamo come i ‘salvatori’ che aiutano le persone in difficoltà. Ma sono queste ultime che ogni volta ci lasciano il dono della loro vita, della loro esperienza” continua la giovane mamma. “Il progetto Neos Kosmos è un bel modo di reagire alla crisi; non ci si chiude nella difficoltà, ma ci si apre agli altri. I soldi non sono l’unica alternativa; noi stessi siamo il tesoro, moneta umana di scambio e di arricchimento reciproco”, conclude Elena.

Nell’altra ala della struttura la casa famiglia della comunità papa Giovanni XXIII ha iniziato la sua attività lo scorso agosto, con l’arrivo di una famiglia toscana di sei persone; casa famiglia che è la traduzione nei fatti, nella vita concreta, dell’idea di don Benzi, che lui stesso sintetizzava con lo slogan “dare una famiglia a chi non ce l’ha”. Si tratta di una comunità educativa residenziale che richiama in tutto e per tutto una famiglia naturale, e ha come fondamento i due genitori, madre e padre, che scelgono di condividere la propria vita in modo stabile, continuativo, definitivo, con le persone provenienti dalle situazioni di disagio più diverse. “Normodotati, disabili, giovani, anziani, italiani, stranieri, noi accogliamo chiunque abbia bisogno” spiegano Filippo e Fabiola, i genitori della casa famiglia. “Le persone accolte vengono a vivere con noi, entrano nella nostra casa, nella nostra vita, andiamo in vacanza insieme … condividiamo in semplicità quello che vuol dire essere famiglia”. Mentre Filippo e Fabiola raccontano la loro esperienza, Pietro, Katia e Francesco giocano a rincorrersi nel giardino dell’edificio, pieno di giochi sparsi sull’erba. Sono i loro figli di 7, 11 e 15 anni, manca solo Matteo, il più piccolo, che si trova ancora a scuola. Due di loro da ormai cinque anni, sono entrati a far parte della famiglia.
Guardandoli giocare è difficile cogliere la differenza fra figlio “naturale” e figlio “affidato”; forse perché i ragazzi accolti non si sentono più assistiti, ma scelti. E la scelta ha il bello di non essere una via residuale; porta con sé l’immagine di un singolo fiore scelto, preso da un mazzo, sfilandolo delicatamente con due dita.
Un edificio, quello di Neos Kosmos, che a poco a poco si rianima sotto il segno evidente di una solidarietà possibile e reale sullo scenario di un’Europa in affanno. Una “manovra economica” che riparte da un’antica storia di accoglienza, rivisitandola e riadattandola secondo il nuovo presente. Troppi i palazzi abbandonati nel centro di Atene, di Salonicco e di altre città al tempo della crisi. Basterebbe un piano Marshall minore per il recupero di palazzi abbandonati che, riattivando l’edilizia, possa dare un respiro reale all’economia del Paese, lasciando in eredità spazi aggregativi, di crescita sociale e comunitaria, insieme a preziosi spazi verdi in luoghi mangiati dalla cementificazione selvaggia.
Che sia forse una nuova ricetta per combattere la crisi?