(da Yangon, Patrizia Caiffa) – Il monaco Ashin Pyin Nyaw Bha Tha, 52 anni, capo del monastero buddista theravada di Pann Pyo Let, in Myanmar (ex Birmania) è indaffaratissimo. E’ un grande leader carismatico ma si esprime con semplicità e dolcezza.
Entra ed esce dal suo ufficio, gira tra i tavoli della mensa, risponde allo smartphone, parla con i suoi operatori. “Scusate il ritardo, oggi è la giornata della donazione del sangue, devo farla anch’io”. Torna dopo una mezz’ora con un cerotto sul braccio e occhi buoni disponibili all’accoglienza.

Qui bambini e giovani di tutte le religioni (buddisti, cristiani, musulmani, indù) ed etnie – 135 in tutto il Paese, con molte tensioni e conflitti – imparano la convivenza e il rispetto reciproco.
Hanno la possibilità di avere una educazione di qualità, fondata su valori millenari come il rispetto dei diritti umani, l’uguaglianza, lo sviluppo sostenibile, la tutela dell’ambiente.
Ogni mattina, prima di entrare in aula, praticano 15 minuti di meditazione centrata sul respiro, per concentrarsi meglio nello studio. Nella biblioteca del monastero gli studenti trovano i testi sacri delle maggiori religioni: dalla Bibbia ai testi hindu e baha’i. Ci sono anche servizi sanitari e un’ambulanza per le emergenze.
Il progetto nasce da una intuizione del precedente capo del monastero nel 2004 per dare alle famiglie del posto, povere e contadine, la possibilità di educare i loro figli. Oggi è frequentata da 400 studenti delle classi primarie e secondarie. Vengono accolti anche bambini e orfani provenienti dalle aree di conflitto, in particolare dagli Stati Kachin e Shan.
Nelle aule di legno senza pareti gli studenti aspettano la prossima lezione dando sfogo a tutta la loro vitale energia ed esuberanza. Le ragazze con la tradizionale tanakha sul viso (una poltiglia con acqua e farina di un legno pregiato che usano come make up e per proteggersi dal viso) improvvisano balletti e canti.
Qualcuno studia, altri giocano. Tutti i sorrisi sono felici, i volti gentili, l’atmosfera è di gioia e serenità.
Il monastero è una specie di oasi aperta, all’avanguardia e innovativa, in un Paese che è uscito solo a fine 2015 da 54 anni di regime militare e ora sta percorrendo una faticosa transizione democratica sotto la guida della leader de facto e premio Nobel per la pace Aung Saan Suu Kyi.
Alle prese con una drammatica crisi umanitaria nello Stato interno del Rakhine, dove almeno 620.000 musulmani Rohingya sono stati costretti a fuggire in Bangladesh per le persecuzioni dell’esercito governativo dopo gli attacchi terroristici del 25 agosto. Mentre nel Paese vi sono altri 400.000 sfollati interni di altre minoranze etniche.
“La formazione al dialogo è fondamentale per il futuro del nostro Paese – spiega il monaco -. I conflitti in atto in Birmania sono fomentati da persone che usano la religione come pretesto per innescare la violenza ma la religione è una via per la pace”.
Nel monastero di Pann Pyo Let si svolgono Forum per la pace promossi dall’organizzazione internazionale “Youth co-action for peace” e corsi di training di dialogo interreligioso.
“Il mondo è come un giardino dove ci sono tanti fiori. Ogni fiore ha un colore diverso, ma in ogni sua diversità e sfumatura è contenuta una bellezza infinita. Per vivere la pace, dobbiamo imparare a guardare il dono di bellezza insito in ogni religione”.
In Myanmar il buddismo theravada, il più ortodosso e severo con le sue 227 regole da rispettare (tra cui il celibato, il divieto di fumare, di bere alcolici, di mangiare dopo il tramonto), è praticato dall’85% degli oltre 52 milioni di abitanti.
I monaci con loro tonache color zafferano e le monache vestite di rosa (tutti rasati) sono ovunque. Lo spettacolo più suggestivo è la mattina all’alba, quando sfilano tra le case con le loro ciotole per le donazioni di cibo (tutto ciò che dovrebbero possedere insieme all’abito).
In questo bellissimo Paese del sud-est asiatico sono circa mezzo milione, con 75mila monache. Ma anche tutti i ragazzi buddisti del Myanmar devono trascorrere un periodo della loro vita facendo l’esperienza dei monaci: due settimane, sei mesi, uno o due anni. Non c’è una regola fissa: è un momento da celebrare con una festa ed un onore da tutti rispettato.

E’ quindi normale incontrare, tra la folla indaffarata di Yangon o nei villaggi più sperduti, piccoli monaci che ridono e si divertono come tutti gli altri bambini. Come pure giovani monaci che cedono alla tentazione di smartphone e tablet oramai a prezzi accessibili a tutti, anche se l’80% della popolazione è dignitosamente povera.
Mentre le élite militari continuano ad arricchirsi grazie ai proventi delle enormi risorse naturali di cui è ricco il Paese: pietre preziose, petrolio, gas, acqua, legname.
Nel monastero di Pan Pyo Lett si cerca di costruire un futuro diverso:
“Noi crediamo che i bambini sono il nostro futuro. E se i bambini oggi hanno davanti a loro un futuro più bello, anche il nostro Paese sarà bello”.
Il monaco Ashin Pyin Nyaw Bha Tha si avvia verso il tramonto della sua giornata mostrandoci le nuove guest house in costruzione. Sono tutte in legno pregiato e dotate di ogni comfort, con vista su un placido laghetto tropicale.
Gli ospiti potranno alloggiare gratis. E chi vuole potrà fare donazioni al monastero: la modalità di sostegno privilegiata, un gesto diffuso di solidarietà, anche per conquistare meriti per le vite future.
Qui i contatti: +95-9-49450611; apnbt65@gmail.com
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