di Gaia Piras* – “Quando ti ho registrata all’anagrafe, l’impiegato di turno mi ha chiesto bonariamente se ero in vacanza a Londra. Ho risposto brevemente con un sorriso velato da un senso d’irrequietezza che era stato un parto precipitoso e non avevo fatto in tempo ad arrivare in ospedale. Infatti tu, Chloe, sei nata nella doccia di un albergo”.
“Ora hai quasi 9 mesi. Sei nata il 28 febbraio 2020, alle 4 di mattina in una camera d’albergo dell’Hotel Euston di Londra. Città dove vivo da anni insieme al tuo papà e al tuo fratellino. Chloe, sei nata proprio un giorno prima della data prevista per il parto. Tu sei stata piuttosto puntuale. Non si può dire lo stesso dell’ostetrica che in ospedale mi ha visitato quella notte e che ha stabilito che mancavano almeno 5 ore all’evento e che sarei dovuta tornare a casa. A nulla sono valse le mie richieste di voler restare, capivo che stavi arrivando. Lei mi ha mandato via”.

“La nostra casa dista 50 minuti di auto dall’ospedale e quella notte faceva tanto freddo. Quello che desideravo di più era stare al caldo e fare una doccia calda. Così io e il tuo papà siamo andati in un albergo. Avevo contrazioni non frequenti ma intense. Quando ho iniziato a rilassarmi per l’effetto benefico del getto d’acqua calda della doccia, mera consolazione per non aver potuto fare un parto in acqua come desiderato, ormai era troppo tardi per alzarmi e tornare in ospedale. Il tuo papà ha realizzato che stavi per arrivare e ha chiamato d’urgenza la ‘Midwife helpline’ per chiedere consiglio su come prestare assistenza ma ormai era troppo tardi per fare un corso accelerato al telefono. Gli è rimasto solo il tempo di lavarsi le mani e tirare dolcemente la tua testa che faceva capolino e urlare alla reception dell’hotel di chiamare il pronto soccorso”.
“Cosi’ piccola Chloe sei nata tu, nella doccia di un hotel invece che in ospedale”.
“I tuoi genitori se la sono cavata piuttosto bene a fare tutto da soli: tua madre ha spinto quanto è bastato a farti uscire, tuo padre ti ha dato il benvenuto facendoti atterrare tra le sue mani, calde e premurose, invece che sul pavimento freddo e bagnato di una doccia”.
“Ma poi sono seguiti i secondi più lunghi della nostra vita: eri immobile, come pietrificata, non emettevi alcun suono. Presagio di sventura mai pervenuta per fortuna”.
“Dopo 5 minuti dal parto è arrivata d’urgenza l’ambulanza. Dopo un primo controllo su me e su di te, gli infermieri hanno tagliato il cordone ombelicale e mi hanno fatto finalmente sedere”.

“L’ultima occhiata alla camera d’albergo è stata un’immagine sanguinolenta, da CSI -Scena del Crimine, che mi ha fatto dormire sonni agitati a lungo a cui si è poi unito il tormento di non essermi sentita rispettata come donna fino in fondo e abbandonata a me stessa proprio nel momento del bisogno”.
“Per reagire alla stortura subita, ho cercato giustizia, e perché no anche un risarcimento monetario per i danni morali subiti e ho inviato una lettera di lamentele all’ospedale. Poi ho contattato degli avvocati ma nessuno ha voluto farsi carico di una causa di negligenza ospedaliera con la motivazione che non essendoci stati gravi danni fisici o psicologici riscontrabili nella paziente e nel nascituro, le percentuali di vincere un’ipotetica causa sarebbero state inferiori al 50%. Non ne valeva la pena”.
“L’unica vittoria è stata la risposta del dipartimento di gestione delle lamentale dell’ospedale: ‘Ci scusiamo per la situazione che si è trovata ad affrontare e i potenziali rischi connessi. Cambieremo la policy ospedaliera in favore delle partorienti che al secondo parto non potranno essere rimandate a casa ma dovranno essere monitorate in ospedale’”.
“E poi ovviamente ci sei TU: nessuna parola basta a descriverti, Chloe. Mi basta guardare I tuoi occhi vispi e annusarti un po’ per dimenticarmi delle storture del mondo. Non posso dire di certo che averti messo al mondo sia stata un’esperienza piacevole ma averti come figlia è una delle gioie più intense che la vita mi abbia regalato. La tua mamma”.
*Gaia Piras, romana 37 anni, vive a Londra da una decina di anni; ha lavorato come organizzatrice di viaggi; ora è in maternità.
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