Le donne dell’etnìa Momo che vivono nel sud della Cina non si sposano e fanno figli con chi vogliono. Alla sussistenza e all’istruzione dei pargoli non provvedono i padri ma gli zii materni. Un modo per considerarli figli di tutti. E quando diventano anziane e sagge vengono considerate la massima autorità della comunità, senza per questo creare uno squilibrio tra i generi. Uomini e donne si relazionano alla pari. Viene solo dato un sacro rispetto a colei che crea la vita. Qualcosa di simile accade in Messico, in Indonesia. E accadeva anche in alcune antiche società europee, le cui tradizioni sono state estirpate con la violenza.
E’ una delle esperienze raccontate nel documentario “Matriarchè”, finanziato con una piccola cifra tramite il crowdfunding su internet (Produzioni dal basso). Il progetto di ricerca, disponibile su Youtube, è confluito poi in un libro più approfondito, e viene fatto conoscere durante incontri in diverse città italiane, per far riflettere e proporre stimoli alternativi, fondati sulla decrescita, all’attuale modello economico-sociale.
Il titolo riprende le parole della filosofa tedesca Heide Göttner-Abendroth che definisce il termine “matriarcato” non come dominio, sopraffazione del femminile sul maschile, ma come “matri/arché” cioè “origine dalle madri” teorizzando una società fondata sulla collaborazione e l’equilibrio tra i generi, in cui le decisioni siano prese utilizzando il metodo del consenso e vivendo nel rispetto della natura e delle risorse limitate che ci mette a disposizione.
“Ci sentiamo a disagio in una società fondata sul patriarcato e sul capitalismo – spiega una delle ricercatrici, Francesca Colombini -. Da noi il lavoro di cura delle donne viene messo in secondo piano e non valorizzato. Lo studio di società completamente diverse può insegnarci qualcosa, darci suggerimenti, offrire spunti di riflessione”.
“Non viviamo solo una crisi economica – aggiunge l’altra curatrice, Monica Di Bernardo -. E’ in crisi il modello di sviluppo, gli stili di vita, la qualità delle relazioni tra i generi e tra le generazioni. E’ ora di mettersi in discussione nel profondo”.
Dalla partecipazione nel 2009 ad un seminario alla Casa internazionale delle donne di Roma e poi ad un convegno a Torino sulle culture indigene di pace, è nata l’idea di realizzare un documentario sul matriarcato. Tre anni di interviste a studiose ed esperti, per capire quali sono i valori fondanti delle società matriarcali.
“Non c’è il dominio della donna ma la centralità della madre – precisa Colombini – . Non esiste la proprietà privata ma la condivisione dei beni, e questo facilita buone relazioni. C’è un profondo rispetto per i bambini, trattati come figli di tutta la comunità. C’è un legame profondo, spirituale, con la natura, la Madre Terra, e un forte senso del limite nell’uso delle risorse”. “Sono sistemi economici che non hanno come fine l’arricchimento di pochi e l’impoverimento di molti – aggiunge Di Bernardo -. In queste società, anche se la donna è considerata più saggia, le decisioni vengono prese insieme, con il metodo del consenso”.
Nel documentario ci sono interviste a studiose e attiviste, tra cui Vandana Shiva e Bruna Bianchi, e a esperti come il sociologo Marco De Riu, di “Maschile plurale”, l’associazione che propone nuovi modelli di relazione tra i generi. “Vogliamo un rapporto più paritario tra uomo e donna – spiega il regista Aldo Silvestri – per creare un equilibrio nella diversità”.
Scopo dei due prodotti – libro e documentario – è anche quello di stimolare buone pratiche, esperienze, da proporre alla nostra società in cerca di sane alternative e di senso. Il cammino è appena cominciato. La sfida è aperta.