(testi e foto di Patrizia Caiffa) – L’isola di Linosa è un colpo di fulmine che si trasforma immediatamente in amore. E‘ un incantevole luogo dell’anima.
Nella più piccola delle isole Pelagie la bellezza e la potenza degli elementi naturali – aria, acqua, terra e fuoco – si esprimono in tutta la loro magnificenza.
L’aria perché sempre scossa dai venti che spirano nelle quattro direzioni: maestrale, scirocco, tramontana, libeccio.
L’acqua più spettacolare del Mediterraneo, la terra coltivata a capperi, fichi d’india e lenticchie, il fuoco del vulcano spento che forma l’isola.
Linosa è ancora un luogo preservato e protetto:
è più difficile da raggiungere rispetto a Lampedusa. Per questo non è stata ancora invasa dalle rotte del turismo selvaggio alimentato dalle low cost.
Gli isolani amano e curano la loro terra perciò fanno in modo che non ci siano rifiuti. E i turisti, visto il buon esempio, si adeguano.
Chi ha l’ardire e la fortuna di riuscire a visitarla resterà incantato dalle sue meraviglie.
Ci si arriva in traghetto con un viaggio di 6/7 ore da Porto Empedocle (la Vigata di Camilleri) o in tre ore in aliscafo nei mesi estivi. Da Lampedusa in un’ora di aliscafo.
L’isola è più vicina alla Tunisia che alla Sicilia ma il suo territorio è completamente diverso da quello lampedusano, che è invece piatto e arido come il resto della faglia africana a cui apparteneva.
Linosa è la punta emergente di un vulcano sottomarino di 800 metri: per questo i colori mozzafiato che accolgono il turista allo sbarco a Cava Pozzolana di Ponente sono il nero, il marrone, il rosso, il giallo, il grigio, ossia i materiali lavici che costituiscono appunto la pozzolana.
L’omonimo abitato di case curate e colorate tra alberi di ibiscus, bouganville e distese di gigli di mare che spiccano sul nero della pozzolana conta appena 430 persone, che raddoppiano in agosto, l’unico periodo da tutto esaurito.
I lunghi mesi invernali sono un po’ sofferti dalla popolazione,
che si sente trascurata rispetto alla più grande e più servita Lampedusa (è lo stesso Comune ma in questo periodo a Linosa non hanno nemmeno il delegato del sindaco).
Gli isolani si sentono abbandonati a causa dell’assenza di trasporti e servizi sanitari e scuole. La vita non è facile, nonostante l’immensità della natura sembrerebbe compensare tutto.
La scuola è pluriclasse fino alle medie, c’è solo una guardia medica, le famiglie devono separarsi per lavorare o spostarsi in Sicilia per permettere ai figli di studiare.
I giovani vanno fuori per un periodo ma tutti tornano. Le radici sono forti, non si riesce a stare troppo lontani da questa terra magica.
Se ci sono emergenze sanitarie interviene l’elisoccorso. Ma per analisi e cure mediche bisogna andare a Palermo, Agrigento o Catania. E con il mare grosso non sempre i traghetti partono.
Per il turista invece, è un vero paradiso.
Il mare è un acquario.
Da qualche tempo, visto l’innalzamento delle temperature, ospita perfino pesci tropicali. I delfini e le tartarughe caretta caretta sono di casa.
La principale attrazione dell’isola è però la Berta maggiore:
qui vengono infatti a nidificare circa 10.000 esemplari di questa specie protetta simile agli albatros, della famiglia Procellariidae.
Sono uccelli monogami, con un comportamento veramente originale. Arrivano a maggio a Linosa per deporre le uova, uno per ciascuna coppia, nella zona nord-orientale dell’isola.
Quando si schiudono per la nascita dei piccoli gli stormi di berte percorrono il Mediterraneo fino alle coste della Libia a caccia di pesce.
Una parte lo conservano nel gozzo per portarlo al piccolo, che sarà nutrito durante la notte, al rientro dalla scorribanda diurna. Poi quando i figli diventano indipendenti si riparte tutti insieme verso altri lidi. Da grandi chi è nato a Linosa tornerà lì a nidificare.
Vedere le Berte sul mare al tramonto dalla barca è uno spettacolo indescrivibile, come stare in un documentario del National Geographic.
Di notte, dormendo sull’isola, si sente il loro grido, per alcuni simili al pianto di un bimbo. A me è sembrato una dolce ninna nanna.
A Linosa si possono fare gite in barca circumnavigando l’isola in quattro ore e tuffandosi dentro grotte magiche e fondali cristallini.
Oppure affittare biciclette o scooter per scoprire il profumo unico delle piantagioni di capperi, poi quelle di fichi d’india dell’interno, tra flora e fauna endemica che non vedrete da nessun’altra parte e muretti a secco in pietra lavica oramai dichiarati patrimonio dell’umanità dall’Unesco.
Si possono percorrere a piedi i sentieri verso il Monte Nero (dov’è la bocca spenta del vulcano), il Monte rosso e le altre zone collinari o costiere che portano a scogli impervi su cui provare a stendersi “modello fachiro” per prendere il sole.
La sera, dopo giornate incantate, è d’obbligo l’aperitivo al Black planet in attesa di tramonti infuocati. E ottime cene di pesce nei ristoranti locali. Consigliatissime la rosticceria che si trova nella strada del municipio (poco più avanti sulla destra) e la pizzeria Serena.
Anche se, paradossalmente, le prelibatezze locali sono la zuppa di lenticchie e il pollo al sugo. Gli isolani erano infatti in origine contadini e allevatori di mucche.
Poi, con l’arrivo del turismo e della modernità, tutto è cambiato.
L’acqua non manca perché arriva da un efficiente dissalatore e l’immondizia viene portata via dalle navi. I linosani ci tengono a tenere l’isola pulitissima e i turisti se ne accorgono e si adeguano.
I cellulari funzionano senza problemi ma fino agli anni ’70 non c’era l’energia elettrica.
Nelle strade esterne al paese non c’è l’illuminazione pubblica, e questo aggiunge magia alla magia.
Ragion per cui si finisce felicemente la giornata con il naso in su a guardare le stelle, ascoltando il rumore del mare.
Consigliata, in aggiunta, la visione del bellissimo film di Emanuele Crialese Terraferma ambientato a Linosa: parla dell’incontro tra le difficoltà vissute dagli isolani e il dramma dei migranti.
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