(di Filippo Bocci) – Entropia: potrebbe essere la parola giusta per proporre al lettore una prospettiva sul film Genitori quasi perfetti, per la regia di Laura Chiossone, nelle sale cinematografiche in questi giorni.
La vicenda corre infatti inesorabile verso il caos che risucchia indistintamente tutti i personaggi.
Prima gli adulti, scaraventati verso il disordine e il panico da una originaria posizione di pseudo-controllo fatta di illusorie certezze apparentemente granitiche; e, a seguire, i bambini, vittime naturali dell’isteria e del fanatismo dei loro genitori.
Sarà una banale festa di compleanno che Simona ha organizzato per il figlio Filippo, a scoperchiare la pentola delle ipocrisie e del perbenismo tra frustrazioni, fallimenti e drammi psicologici personali.
In buona sostanza, i fatti, ciò che accade, le energie della vita superano le convinzioni, i (pre)giudizi, le prese di posizione, le definizioni, prima fra tutte quella sull’orientamento sessuale.
Il tema della “diversità” è fondamentale nel film,
un fil rouge che l’ottima sceneggiatura di Gabriele Scotti e Renata Ciaravino dipana con intelligenza, prendendo posizione ma senza calcare la mano, scivolando con disinvoltura e ironia.
La vita si fa beffe dei partiti presi, dei “si fa così”;
i bambini sono naturalmente migliori dei genitori, istintivi, senza sovrastrutture, in grado di “ballare” nel caos,
anche se oppressi dalle logiche e dai punti di vista, spesso ristretti e auto-referenziali, degli adulti.
Pure, sono sempre pronti a mettersi in gioco, a credere nella fantasia – è magicamente atemporale, e per un momento in grado di arrestare la babele della festa, lo spettacolino allestito per loro dall’animatrice Luisa – e a lasciarsi andare.
Perseverare porterà invece gli adulti a scontrarsi fra loro,
e ognuno con sé stesso, lacerati dagli eventi, fino a un catartico sommergimento finale.
Tutto questo, scritto con bravura e leggerezza in un impianto solidamente teatrale, prossimo alle atmosfere di Yasmina Reza.
A suo agio, nella parte della mamma inquieta ma consapevole, una convincente e trascinante Anna Foglietta, mentre una magistrale Lucia Mascino incarna l’intransigenza, solo in apparenza cordiale, di una donna che si fa forza ma è di fatto schiava delle regole che nell’estremo, parossistico finale, saranno le prime a dissolversi.
Bravi anche tutti gli altri, in particolare la talentuosa Marina Occhionero e Paolo Calabresi, che si ritaglia con mestiere un personaggio simpaticamente loffio e cialtrone.
Il film funziona, è divertente ma anche disturbante, perché dopo l’entropia non sarà più ipotizzabile tornare all’ordine precedente: occorrerà necessariamente fare i conti con la diversità.