di Massimo Lavena – C’è un luogo, quasi alla fine del mondo, dopo c’è il Finisterre ed il Grande Mare coi suoi mostri marini. Quel luogo, ammantato di spiritualità, magnetismo e mistero è Santiago de Compostela, cittadina galiziana che accoglie le spoglie dell’apostolo Giacomo e per questo, da oltre un millennio, è meta costante di pellegrinaggi da tutto il mondo.
Il ruolo sociale e culturale del Cammino di Santiago si è nei secoli sempre ritrovato ad intrecciare la storia dell’Europa con la fede, le guerre, le tempeste, le malattie: eppure, mai si è interrotto il flusso dei pellegrini: sia che partissero dalla Francia, dal Portogallo, dall’Italia, dalla Germania, sempre son giunti alla grande cattedrale.
Fossero voti da sciogliere, motivi di espiazione, necessità di solitudine, ricerca di senso della vita o – come avviene oggi – contatto con la natura e prestazione sportiva, sempre il pellegrino, con tutte le temperature, in tutte le stagioni, si è messo in cammino verso quest’angolo terminale del mondo.

Ma il 2020, che sarà tristemente ricordato come un anno orribile a priori, è stato anche l’anno in cui,
per la prima volta, anche i pellegrinaggi verso la tomba di Santiago si sono fermati:
non una guerra, non un cataclisma bensì un virus ha fermato i passi scanditi e lenti di donne e uomini di ogni età, razza, fede e salute.
Fermati a marzo e poi ripartiti a giugno e di nuovo fermati in questi giorni autunnali che preludono ad un inverno che dovrebbe essere di preparazione festiva all’anno giubilare di San Giacomo (Anno santo Jacobeo): che si festeggia ogni qual volta la festa del 25 luglio (San Giacomo Apostolo) cade di domenica, come appunto nel 2021.
C’è angoscia e timore che tanti rinunceranno per paura del microbico nemico covidico, sì pernicioso e aggressivo.
Il flusso dei pellegrini, dopo esser ripartito lentamente e contingentato con l’arrivo dell’estate, oggi è nuovamente fermo lungo il cosiddetto “Cammino francese” che per giungere a Compostela attraversa la Spagna del nord, dopo aver superato i Pirenei.

Ma cosa è Compostela, perché questo luogo chiama le genti più differenti a muovere, come verso Gerusalemme o Roma, lungo sentieri di montagna, paeselli, boschi, montagne? Cosa vuol dire giungere a Compostela?
“Il Cammino di Santiago, dichiarato patrimonio dell’Umanità dall’Unesco nel 1985, è il più famoso dei percorsi di pellegrinaggio praticato nel mondo cristiano – ci racconta Valentino Pisegna, Commendatore per l’Italia dell’Orden del Camino de Santiago -. Era finalmente ripartito e l’emergenza sembrava passata, almeno nella fase acuta”.
“Ma gli effetti della pandemia – precisa – hanno avuto un impatto molto negativo in tutti gli aspetti della vita sociale ed economica dei Paesi, ripercuotendosi, ovviamente anche sul Cammino composteliano. Tanti pellegrini hanno dovuto attendere mesi prima di poter percorrere le lunghe autostrade verdi che portano a Compostela“.

Oggi, prosegue Valentino, molte cose sono cambiate anche alla luce delle nuove restrizioni “a partire
dalla lista delle cose da mettere nello zaino che devono includere mascherine e guanti,
e poi gli ostelli, gli alberghi e tutte le strutture ricettive che si trovano nelle varie tappe del percorso per riaprire ai pellegrini hanno dovuto mettere in pratica misure speciali di prevenzione per limitare al massimo contatti ed interazioni tra i singoli pellegrini”.
Quello che si vive attualmente è un fatto storico senza precedenti, da quando il re delle Asturie Alfonso “il Casto” istituì il pellegrinaggio alla tomba di Santiago, dopo la sua riscoperta: la storia ci racconta che “pur avendo vissuto momenti difficili a causa di pestilenze, guerre ed eventi storici difficili il pellegrinaggio non si era mai veramente interrotto,
e il dato più negativo che si ricordi è quello di soli 40 pellegrini a Compostela nel lontano 25 luglio 1867“, ricorda il Commendatore dell’Ordine di Santiago: “Eppure le migliaia di persone che si mettono in viaggio ogni anno hanno molto in comune con il distanziamento sociale e sanitario di questi momenti difficili: nel Cammino ci si incontra e si fa esperienza dell’aiuto e della solidarietà reciproci”.

Il Cammino di Santiago è una di quelle esperienze, di quei viaggi, “in cui non è importante la compagnia iniziale,in quanto si creano facilmente gruppi improvvisati e si condividono lunghi tratti con persone provenienti da altre parti del mondo – racconta Valentino -: per fare un buon lavoro bisognerebbe partire da soli perché il vero Cammino, più che quello indicato dalle famose frecce gialle o dalle piastrelle in ceramica con fondo blu, o la conchiglia detta di San Giacomo sui cartelli stradali, è quello che facciamo dentro di noi“.
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