(di Andrea Tavella) – A Bruxelles non ci sono solo birre trappiste e mâitre chocolatier. Un angolo nascosto di città, tutto da scoprire, è La Bellone, uno spazio artistico originale dove il connubio tra tecniche antiche e moderne, spettacoli teatrali e cultura, offre un’alternativa alle classiche amenità turistiche.
La capitale belga non è solo un importante crocevia di mobilità internazionale, dimostrato dall’essere la seconda città al mondo per numero di residenti non autoctoni dopo Dubai. E non è solo la grigia patria della macchina istituzionale europea. Le sedi istituzionali si concentrano infatti in un quartiere “bolla”, maestoso nei suoi moderni palazzi di vetro ma quasi realtà a sé stante nella logica cittadina. Una città nella città che si sveglia la mattina con il via vai di funzionari e tirocinanti incravattati, ma che inesorabilmente si addormenta al termine del classico aperitivo dopo lavoro. Vivere Bruxelles vuol dire, però, tanto altro, grazie anche al variegato mix di culture ed esperienze.
Così, passeggiando fra le vie del centralissimo quartiere Sainte Catherine, si scopre qualcosa di inaspettato: improvvisamente una strana rientranza attira l’attenzione del passante in Rue de Flandre 46. Fra i bar che offrono le birre più famose del mondo spesso accompagnate (ahimè) dal formaggio Gouda, tipico in realtà della vicina Olanda, si trova infatti La Bellone.

Anche conosciuta come “casa di dietro“, si tratta della Facciata del monastero Notre Dame de la Rose de Jéricho risalente al XVII secolo. L’opera attribuita allo scultore e architetto Jean Cosyn, impreziosisce l’edificio che oggi ospita la Maison du Spectacle e una Biblioteca.
Entrando bisogna percorrere un modesto corridoio al quale sono appese locandine e brochure delle attività promosse dall’associazione culturale che gestisce lo spazio.
Ma improvvisamente lo scenario cambia e, in una spaziosa sala vuota (o quasi), si erge La Bellone rompendo il più moderno equilibrio architettonico al quale si erano abituati gli occhi.
Incastonata tra nude mura di mattoncini rossi e un soffitto vetrato a fare da luminosa cornice, si staglia la Facciata dell’ex monastero al centro della quale è stata scolpita la statua di Bellona, dea della guerra.
Forse basterebbe questo per dedicare qualche minuto della propria giornata ad una sosta in questa silenziosa oasi dal retrogusto rinascimentale. Ma, in realtà, l’ampio androne ospita talvolta mostre di artisti locali ed internazionali ai quali viene chiesto di reinterpretare La Bellone.

A gennaio è toccato a Simon Siegmann esporre nell’ambito della mostra Face B Side. L’artista francese ha scelto di farlo utilizzando una moderna tecnica di scultura con stampanti 3D dando vita ad un’opera interessante almeno per tre motivi.
La riproduzione dei dettagli della facciata è perfetta grazie alla tecnologia utilizzata. È il progresso che si presta a nobili ragioni. È il connubio di scienza e arte che presuppone un’inevitabile avanzamento di tecniche e senso artistico.
La reinterpretazione dell’artista rompe, però, con l’esattezza tecnica permessa dalla stampa in 3 dimensioni. Ecco allora che un largo palco centrale, percorribile lungo tutti i suoi lati, si adorna di piccole riproduzioni bianche e perfette de La Bellone, ma anche di cocci di bottiglie, di fil di ferro, di tessuti, e così via. Sono i 24 modi in cui Simon Siegmann ha immaginato La Bellone.

Ma si parlava di tre ragioni che rendevano l’opera, quantomeno, interessante. Ebbene trovarsi di fronte la ben più grande facciata de La Bellone che osserva così da vicino le piccole riproduzioni, così simili ma non uguali, risultato di moderne tecnologie che valorizzano la sua storia secolare, fa un certo effetto. Sembra quasi che voglia prenderle per mano e accompagnare al contempo lo spettatore ad immergersi in un percorso fra passato e presente strizzando l’occhio al futuro.
Ah, come se non bastasse, l’ingresso è gratuito!