(di Maralis) – I ragazzi del Cinema America, che protestavano contro la demolizione della sala romana, ce l’hanno fatta: dal 31 ottobre prossimo, costituiti in associazione, gestiranno finalmente la storica Sala Troisi a Trastevere. Ci sono voluti 653 giorni di trafile burocratiche, sopralluoghi, autorizzazioni, corsi sulla sicurezza, incontri con le sovrintendenze, formazione dai Vigili del fuoco ecc… Quasi due anni fa hanno vinto un bando pubblico di Roma Capitale, ma solo tra qualche mese diventeranno i responsabili della sala che negli anni Cinquanta prese il nome di Induno e che aveva chiuso i battenti nel 2013.
«Siamo stati quasi in ogni ufficio di questa città, abbiamo portato a termine la prima regolarizzazione urbanistica e catastale di un immobile del Comune, abbiamo effettuato indagini statiche sull’intera struttura e sanato abusi fatti da altri», scrivono.

Valerio Carocci, 26 anni, leader del gruppo fin dai tempi dell’occupazione del Cinema America, e ora presidente dell’associazione Piccolo Cinema America, nata dopo lo sgombero, racconta in anteprima a b-hop come sia stato possibile tutto questo. Quali ostacoli hanno incontrato e che ‘visione’ c’è dietro l’azione. E soprattutto quanto pragmatismo serve.
«La volontà di riaprire il Cinema Troisi – spiega – nasce dalla voglia di salvare il Cinema America e dalla consapevolezza che non si può semplicemente dire ‘blocchiamo la demolizione di un edificio’, se non si dimostra che si è in possesso di un progetto valido e funzionante, che dietro c’è un modello economicamente sostenibile».
Una sala «per non essere demolita, insomma, deve avere un futuro economico», afferma Valerio. «Non si può mantenere un cinema abbandonato per altri 40 anni se non c’è un progetto redditizio dietro».
La Sala Troisi, quindi, come terreno di prova per il recupero di quell’altro storico cinema, da loro occupato inizialmente: l’America.
La ‘visione’ del gruppo di San Cosimato (22 ragazzi con età media inferiore ai 25 anni) è tutt’altro che naif, questo è chiaro, sebbene non manchi affatto un’idea ‘alta’: «il nostro obiettivo è riprogettare il cinema inteso come un operatore culturale vivente”, spiega Carocci. Un servizio per la collettività intera.
Il gruppo ha capito da subito come trasformare il sogno in una cosa concreta. Così ha messo in moto la macchina e ottenuto tra l’altro i fondi del Ministero dei beni culturali per la riattivazione delle sale storiche dismesse.
«Ci siamo ritrovati sommersi da protocolli, PEC, marche da bollo e depositi cauzionali», dice il presidente. «Noi siamo capillari in qualsiasi cosa facciamo: la legalità deve essere totale e così è stato con l’arena di piazza San Cosimato: non c’è nessun nostro evento o progetto che non rispetti le regole, i permessi, la legalità: abbiamo usato l’illegalità solo per occupare il cinema America perché lì c’era un’altra forma di illegalità che andava contrastata».
Il recupero della sala Troisi è una matrice, quindi, un esempio replicabile, che potrà valere anche per altri immobili destinati ad un uso ‘collettivo’: si tratta di un esperimento virtuoso che i ragazzi pensano di ripetere.
«L’iniziale sfida è stata: un bene privato a destinazione socio-culturale come un cinema, è un servizio? Sì. A che titolo allora, la proprietà ne chiede la riconversione in appartamenti che non rappresentano più un servizio?», spiega Valerio.
«Noi abbiamo tentato di ristabilire un freno al processo degenerativo che aveva portato, ad esempio, l’Etoile di piazza San Lorenzo in Lucina a diventare la boutique di Vuitton e speriamo di esserci riusciti».

La passione intellettuale per il cinema arriva successivamente, prima c’è stata la voglia di riappropriarsi degli spazi pubblici.
Come racconta Valerio: «solo dopo si è agganciata la cinefilia. Bertolucci dice sempre ‘la cosa divertente è che questi ragazzi stanno scoprendo il cinema proiettandolo direttamente loro. Ed è vero che noi abbiamo scoperto il cinema così! Avevamo un cinema e dovevamo proiettare qualcosa su uno schermo».
Nato e cresciuto a Colli Aniene, nella periferia romana, Valerio aveva frequentato, come gli altri ragazzi del cinema America, un liceo del centro storico, ed è lì che hanno scoperto «l’esigenza di restituire uno spazio di condivisione pomeridiana alla nostra città. Quello spazio del tutto casualmente è stato identificato in una sala cinematografica».
Alle amministrazioni pubbliche, al di là del colore politico,questi ragazzi chiedono una cosa sola:
«Lasciateci lavorare. Noi facciamo il nostro progetto, se escono dei bandi a cui poter partecipare aderiamo, ma non modelliamo la nostra proposta in base alla politica che ruota attorno a noi».
Per quanto riguarda l’arena estiva in piazza San Cosimato, che organizzeranno anche quest’anno, previe autorizzazioni dell’amministrazione comunale, Valerio ribadisce: «è un diritto, non una concessione, e vogliamo sia rispettato».