di Patrizia Caiffa – Ci sono località belle e poetiche da visitare a passo lento, lontano dalla “pazza folla” dei giorni estivi. In primavera o, ancora meglio, al debutto dell’autunno. Una di queste è l’isola di Favignana, la più grande delle Egadi, in Sicilia. Insieme alle altre isole abitate, Marettimo e Levanzo, può rappresentare un luogo dell’anima, dove convivono scenari naturali spettacolari, mare stupendo e tradizioni antiche.

Viaggiare in autunno – per chi può e anche per pochi giorni – consente di assaporare le atmosfere dei posti più belli d’Italia senza la calca del turismo affannato d’agosto e, ovviamente, di risparmiare moltissimo sui prezzi degli alloggi.
A Favignana si arriva facilmente, per i non siciliani, con un volo low cost su Trapani e una mezz’ora di aliscafo non troppo costoso (circa 20 euro a persona A/R).
In questo periodo, anche tramite i portali più famosi, si trova facilmente una sistemazione con un giusto rapporto qualità/prezzo. L’isola è piena di villaggi bellissimi ricavati nelle cave dismesse, di hotel, residence, b&b e affittacamere.
I turisti si riconoscono perché girano quasi tutti in bicicletta o in motorino, alla ricerca della caletta più spettacolare dove tuffarsi dalle rocce o della spiaggia attrezzata e più comoda con i pochi bar a disposizione. D’obbligo, nelle escursioni lungo strade e sentieri battuti dei 19 km dell’isola, è la bottiglia d’acqua, da portare sempre al seguito. E una torcia da usare la notte.
Le giornate scorrono lente, al ritmo delle due ruote, inebriate dal profumo dei semi di finocchio che, dopo un’estate di fuoco, sono essiccati al punto giusto sugli steli aridi.

Si cercano le calette più belle, le migliori sono quelle rocciose, come Cala Rossa e Bue Marino, Cala San Nicola.

Qui il giallo delle cave abbandonate di tufo e le grotte sulle pareti rendono il paesaggio misterioso e magico, sembra una Cartagine abbandonata dai cartaginesi.

Armatevi di scarpette antiroccia e partite: le acque a fine stagione sono ancora tiepide, e lo snorkeling tra banchi di pesci di diversi colori nulla ha da invidiare ai mari tropicali.
Altri lidi hanno piccole spiagge, come Cala Azzurra, Punta Burrone, Marasolo. Chi si vorrà inoltrare nel lato occidentale dell’isola, il più selvaggio e meno sfruttato, scoprirà altri posti suggestivi, come Ciacca e Cala Trapanese, Punta Sottile e Pozzo Ponente, Cala Rotonda.
Con un tour organizzato in barca (costo intorno ai 40 euro pranzo compreso) si può stare fuori tutto il giorno e tuffarsi per attirare migliaia di pesci con molliche di pane nei pressi di Isola Preveto e Isola Galeotta.
L’attrazione culturale imperdibile, da destinare ai giorni di pioggia, è la visita allo Stabilimento Florio, vicino al porto di Favignana (biglietto 6 euro).

In due ore di visita guidata molto interessante e ben fatta, i turisti vengono condotti nel mondo della “tonnara“ e dei suoi protagonisti. Si tratta di una tradizione antichissima, con basi religiose e culturali, per la pesca dei pregiati tonni rossi, che migravano d’estate verso le coste dell’isola. Molti chiedono di inserire le tonnare fisse nella lista mondiale dei patrimoni immateriali dell’umanità, stilata dall’Unesco.

Si scopre così l’ascesa e la caduta dell’amatissima (dalla popolazione) famiglia Florio nel XIX e XX secolo, che ha venduto tutto pur di non fallire; il difficile e duro lavoro dei “tonnaroti“, con a capo il Raìs, che accoglievano con preghiere e canti tipici (alcuni a sfondo erotico) i poveri tonni da uccidere nella “camera della morte”; l’articolata e complessa struttura delle reti che la compongono.

Gli anziani, in una suggestiva mostra con video allestita in una grande sala dello Stabilimento Florio, raccontano con colore, vivacità e nostalgia i tempi della tonnara. Gli uomini facevano il lavoro più faticoso, le donne cuocevano o inscatolavano.
Di fatto l’ultima mattanza in Sicilia si è svolta nel 2017. Nonostante ci sia molta documentazione e studi in materia, oggi queste conoscenze rischiano di sparire, perdendo le competenze necessarie via via che muoiono gli anziani. Si vocifera, però, che un’altra tonnara potrebbe essere presto realizzata.
Una pratica, questa della mattanza, molto contestata dagli ambientalisti e animalisti, perché il mare si tingeva di sangue ed era ritenuta una modalità cruenta. Anche se i favignanesi controbattono che altre pratiche utilizzate oggi (le tonnare volanti o i cecchini che sparano ai tonni) sono molto peggiori. Per loro la cattura dei tonni era fonte vitale per l’economia locale e per tutte le famiglie. Perché del tonno non si spreca niente, si utilizza tutto, anche le ossa per fare fertilizzanti. Come succedeva per i nativi americani con la caccia al bisonte, che sacrificava la sua vita per essere dono per tutti.

Anche perché, per le leggi che regolano il complesso mondo della pesca e il delicato equilibrio della fauna marittima (con i fermi biologici) e della catena alimentare, più tonni non pescati nei mari equivale, ad esempio, a meno pesce azzurro per i pescatori (perché mangiati dai tonni), che si lamentano perché non riescono più a vivere di piccola pesca.

Consigli per dormire: colazioni abbondanti, servizio eccellente, giardino tropicale, aperitivi, cene e poesie in una antica cava all’Oasi Villaggio Albergo.
Per mangiare: una delusione alcuni ristoranti con approccio esclusivamente turistico: prezzi esosi e cibo non sempre di qualità. Meglio risparmiare e mangiare ottime pizze, arancini, street food e dolci locali in panifici e take away in centro.